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Full text of "Delle osservazioni in Chirurgia trattato di Vincenzo Malacarne Saluzzese. Parte II : esempi"

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DELLE 

ossjEMirjL zzojsrj 

IN CHIRURGIA 


DI VINCENZO MALACARNE 

SALUZZESE 


CERUSICO MAGG. DEL PRESIDIO DELLA CITTA’ 
e Cittadella di Torino, Cer. Colleg. , 

PROFESSORE PENSIONARIO DI S. M,, 

Membro della Soc. Ital. di Verona 




TORINO MDCCLXXXIV. 


PRESSO GIAMMICHELE BRIOLO 








TRATTATO 

DELLE OSSERVAZIONI IN CHIRURGIA 

PARTE SECONDA 


E S E M P J 


CAPITO LO PRIMO 

STORIA DE’ MALI , CHE PATI’ UN FANCIULLO 
DICIASSETT’ANNI PER UN MOSTRUOSO 
IDROCEFALO, DEL QUALE SI DA* 

S LA DESCRIZIONE. 

e mai si vedono abbattute le ipotesi, sulle quali 
varj Fisiologi di chiaro nome vollero fondare si¬ 
stemi relativi all’ azione degli organi, ai movi¬ 
menti , ed ai sensi, ciò succede allorquando una 
grave infermità attacca , e vizia le parti, dalle 
quali essi gli fanno dipendere , e le vizia a se¬ 
gno d’irreparabilmente distruggerne la struttura, ep¬ 
pure gli organi giuocano , i sensi conservano la 
loro energia, ed i movimenti continuano. 

Di questa verità potremmo assicurarcene ri¬ 
flettendo ad una parte delle osservazioni da in¬ 
numerabili autori pubblicate, se dall’ instituto mio 
non fossi invitato io stesso a darne in questa 
operetta alcuni saggi, e 1’ ordine, che mi sono 
prefisso non mi obbligasse di presentarlo a’ cor¬ 
tesi Lettori in questa prima osservazione , dalla 
lettura della quale verranno persuasi, che se il 
Ch. Allero unitamente a’ Signori De-La-Pey- 
RONie , Zinn, e Senac, i quali esaminarono la 
famosa ipotesi del WiLLiS intorno alla sede del 
Paru IL a 



2 , CAPITOLO PRIMO 

principio della portentosa forza vitale del cuore, 
non ne avessero dimostrata la falsità, dopo d’ ave¬ 
re osservato molte fiate, che a morbi gravissi¬ 
mi del cervelletto ( donde quel celebre Notomi¬ 
sta la facea derivare ) a morbi, che avrebbero 
dovuto rendere questa tenera parte per lo meno 
incapace d* eseguire le funzioni essenziali, che 
le si attribuiscono , o strozzare sul campo gli am¬ 
malati, pure alcuni sopfàvvisSéró, ed altri la du¬ 
rarono in sanità per anni ed anni ; nissuno d’ 
ora in avanti avrebbe mai più osato di dubitarne 
vedendo, che visse diciassett* anni con laudevo- 
le circolazione, e non sempre sregolato movi¬ 
mento del cuore il Fanciullo Idrocefalo, del qua¬ 
le in quésto luògo si favèlla, noti ostante i gravi 
disordini, che vi si trovarono nel cervello > e 
non Ostante la pressióne, 1 * esiccamento, e la 
diminuzione di massa , che alterarono il cervel¬ 
letto tanto di quésto, quanto di tre altri sog¬ 
getti, e fra questi ultimi del Fólle di Morsasco 
g.à più volte stato da me citato, e di cui fa¬ 
velleremo, come degli altri due, a luogo più op¬ 
portuno . 

Ecco intanto la storia deir Idrocefalo dà me 
stato continuamente veduto in Saluzzo mentre 
visse, e notomizzato quando la buona mia vena¬ 
tura me ne presentò il cadàVero . 

I. Nato di madre sanissima Giuseppe Novel... 
e di padre, che apparentemente godeva buona 
salute 1’ anno 1752., cominciò verso gli ultimi 
giorni di giugno del *753. a diventare un po 
poco stupido, e ad aver male. Gli s* intumidiva 
il capo mentre, che gli dimagravano insensibil¬ 
mente il petto, e le estremità inferiori. Ebbe 



1D ROC EF A LO J 

diarree, e svogliatezze fino al principio d’ ago¬ 
sto, poscia ripigliò un poco di brio, e tornò a 
poppare con avidità, ma senza, che la magrez¬ 
za diminuisse, nè il capo cessasse di crescere 
alla fronte, ed ai lati, nè le suture si assodassero, 
nè il rimanente del corpo si allungasse a pro¬ 
porzione, eccetto i capelli, che dalla madre so¬ 
vente gli vernano tagliati. 

II. Continuò la stupidezza, e tutte le membra 
divennero ognora piu fiacche, ed inerti, coper¬ 
te di pelle ricascante e pallida, sicché al quinto 
anno difficilmente alzava la testa, anzi stentato 
ne era il moverla ai Iati. Immobili pure si fe¬ 
cero la mano , ed il pie’ destri. Il moto degli 
occhi rendevasi sempre più irregolare, e stralu¬ 
nato ; la luce lo ricreava, e nella Oscurità si di¬ 
mostrava inquietissimo. Le sopracciglia poco 
inarcate lasciavano vedere gli occhi soverchio pro¬ 
minenti , sempre brillanti, azzurri, e bene aperti. 
Non ìagrimava mai benché per altro verso tal¬ 
volta si dovesse credere atrocemente tormentato. 
Avea le gote depresse, e tutta la faccia , nella 
sua mostruosità niente spiacevole, era smisurata 
alla fronte, ed acuta al mento. Non avea sal¬ 
vo due denti incisivi per mascella. 

III. Verso il fine di settembre del 7758. agi¬ 
tandosi sul letto ne cadde a terra, e rilevò da 
quella caduta una contusione sul destro lato del 
cranio , che con semplici corroboranti venne 
dissipata ; tuttavia da quel giorno cominciò a pa¬ 
tire vomiti di bile porrina, che lo tormentarono 
poscia ogni mese, e talvolta ogni quindici giorni. 
La fontanella all* incontro degli angoli anteriori 
superiori degli ossi parietali, e del coronale a 


4 CAPITOLO PRIMO 

poco a poco si assodò, ed allora gli nacquero 
successivamente gli altri dentici quali si conser¬ 
varono sodi, e bianchi in ottimo stato al nu¬ 
mero di vent’ otto, fino agli ultimi giorni di sua 
vita , legati da gingive coralline, sode, e co¬ 
perti da labbri d’ ottimo colore, e bene spesso 
ridenti . 

IV. Al decimo anno gli si cambiò in gra¬ 
ve , e maschile il tuono della voce; nacque¬ 
ro, e crebbero folti e neri i peli al labbro su¬ 
periore , alle ditella, al pettignone, e dintorno 
all* ano : il corpo ( non ostante il difetto di nu¬ 
trizione, che sappiamo avere tanta dependenza 
dal libero giuoco de’ nèrvi, e dall’ umore, che 
per essi trascorre ) acquistò lunghezza maggiore 
di quattro piedi parigini ; traspirava assai bene , 
sudava sovente, eziandio senz’ apparente cagione, 
anche 1* inverno, quantunque la cute ne fosse ai 
tatto molto densa, e particolarmente al dorso , 
ed al podice , che era incavato, e calloso. 

V. Essendo il fanciullo immobile, sempre co¬ 
ricato sul dorso, questo, e le spalle, glissi ap¬ 
piattirono; se ne curvò irregolarmente sui lati 
in due luoghi la spina , cioè fra la terza, e T 
ottava vertebra dorsale, e fra 1’ undecima, e 1* 
osso sacro. La convessità della curvatura supe¬ 
riore guardava a destra , e indentro . 

VI. Nel 1767. si dimostrò molto più inquie¬ 
to , e sopra tutto irregolare nel cibarsi. Talora 
ingojava voracemente ogni specie d’ alimento, e 
smaniava se del continuo non ne aveva onde sa¬ 
ziarsi ; altre volte serrava invincibilmente i denti, 
e per intieri giorni ricusava ogni sorte di vivan¬ 
da . Lo assalirono frequenti convulsioni, nel na- 


IDROCEFALO 5 

scere delle quali i polsi erano forti, precipitosi, 
disordinati, indi all’ improvviso diveniano mi¬ 
nutissimi, e rifiniti. Tali convulsioni lo tormen¬ 
tavano per dieci o dodici minuti , e le più osti¬ 
nate duravano fino a venti, dai primi insulti allo 
sgorgare di copioso sudore , e agli scarichi di ven¬ 
tre , onde tutto si rimetteva in calma. L’ irre¬ 
golarità di cotesti insulti era grande, perchè ora 
di due in tre settimane comparivano, ora dì 
mese in mese, ed avevano per forieri tre o quat¬ 
tro giorni d’ insaziabile voracità, poi due o tre 
d’ assoluta ripugnanza al cibo. Si annunziavano 
col divenirne scintillanti, e più tumidi gli occhi, 
velocissimi a muoversi in mille foggie irregolari. 
Col torcersi delle labbra , con lo stringersene le 
narici, con il trarre gemiti interrotti e stentati, 
col divincolarsene il braccio mobile, con. il sal¬ 
tellare dei tendini flessori delle dita del braccio 
immobile : rotolava il grave capo, tutto il cor¬ 
po tremava , palpitavano gli epigiugoli e i pre¬ 
cordi si inarcavano, e si contraevano alterna¬ 
tivamente , ma con istrasordinaria forza gl’ ipo¬ 
condri, e la respirazione era corta ed affannosa. 

VII. Vi si aggiunse T aggomitolarsi delle in¬ 
testina, che in su, ed in giù, ora a destra, ora 
a sinistra annodandosi, e gonfiando, alzavano i 
musculi, e gl’ integumenti con tumori saltellanti, 
duri, elastici, movibili in diverse parti, il che 
negli ultimi giorni fu accompagnato, o seguito 
da vomiti di materie fecali , e da scarichi d’ 
alvo intollerabilmente .fetenti,, ed acri a segno 
di scorticare la pelle dell’infermo, ad onta della 
pulizia veramente rara, che la madre tenera v’ 
impiegava d’attorno. Non fu mai possibile di 


6 CAPITOLO PRIMO. 

di fargli prendere medicamenti , nè minestre , che 
non fossero pastose e spesse ; sicché unicamen¬ 
te ci fu permesso di raccomandare alla suddetta, 
che non ne secondasse la voracità, che noi cre¬ 
devamo cagione di quasi tutte le descritte con¬ 
seguenze, quando forse dovevamo credere tale 
voracità essere conseguenza de’ disordini dalla 
già troppo grave malattia prodotti nel ventrico¬ 
lo , e nelle intestina. 

Vili. Lotto contro tanti mali fino al dì 6■ di 
aprile del rjyo ., nel quale in una jiera convul¬ 
sione mori. Ne ottenni il cada vero, e nel De¬ 
posito dello Spedale di Saluzzo, alla presenza del 
Sign. Viano Professore di Chirurgia, del S>gn. 
Revelli Dottore di Medicina , ora uno dei 
Medici del medesimo Spedale, e di molte altre 
nobili, ed intelligenti persone, ai sette ne feci 1’ 
apertura . 

IX. Sciolta la terza dalla quarta vertebra del 
collo, tolti gli integumenti, i musculi, e la ma¬ 
scella inferiore, il capo sulla bilancia oltrepassò 
il peso d’un rubbo , non contando la notabile 
quantità d’ acqua limpida, che zampillo a cana¬ 
le grosso come una penna da scrivere dal pro¬ 
lungamento preternaturale della estremità inferio¬ 
re del quarto ventricolo , del quale si era taglia¬ 
ta una parte nel disarticolare l’accennata verte¬ 
bra ; acqua che continuò a colare per vari mi¬ 
nuti prima, che il capo ne sia stato pesato . 

X. Per meglio vedere tutto il cervello , che 
c’ immaginavamo essere spappolato e macero, 
segammo il cranio verticalmente in guisa, che 
il taglio discese a sinistra della sutura sagittale 
dal foro incisivo al foro occipitale, per non of- 


1DROCE FALO y 

fendere il processo falciforme della dura-madre. 
Proccurai nel separarne le due amplissime pareti 
ossose di lasciarvi aderente 1* accennata meninge, 
e posimo a nudo il cerebro, che su tuttala su¬ 
perfìcie non aveva gli anfratti soliti ad osservar- 
visi , ma soltanto alcune superficialissime gobbe 
qua e là, appena distinguibili. 

XI. La membrana aracnoidéa bianca, ed assai 
robusta, in più luoghi era distante parecchie linee 
dalla pia-madre, perchè quello spazio era occu¬ 
pato da un umore glutinoso, che a guisa del 
grasso nella cellulosa , si era condensato fra i 
numerosi filamenti onde queste due meningi so¬ 
no insieme congiunte * i vasi della pia-madre era¬ 
no molto dilatati, e pieni di sangue oscuro, 
nè vi si poteano distinguere le arterie dalle vene, 
salvo per la continuità delle prime con quelle, 
che si diramano alla base del cerebrp . 

XII. Un solco obbliquo , lungo poli. 3. lin. 
8., alto cinque linee , trovammo scolpito sull* 
emisfero destro , nel quale solco si trovava im¬ 
mersa una doppiatura dell’ interna lamina della 
dura-madre lunga tre pollici, e sette linee, alr 
ta quasi cinque linee , poco distante dalla falce 
mostruosa con la quale però non aveva comune 
1’ orìgine , nè. il fine . 

XIII. Questa doppiatura preternaturale, che 
pende da una porzione della D. corrispon¬ 
dente alla concavità del coronale, e ad una por- 
zioncelia pure di quella del parietale destro , è 
obbliqua di maniera , che la punta anteriore in¬ 
feriore è distante 18. lin. dalla falce, la punta direta- 


* Vedi Encef. Parte /. Tratt. 111 . §. li S.png. 147. 



8 CAPITOLO PRIMO 

nalin. io. La parte di mezzo di questa doppiatura 
si trova confusa con 1* angolo esterno del seno 
longitudinale superiore per lo tratto di quindici 
linee circa ; d’ altezza non ha piu di quat¬ 
tro linee e mezzo. Parecchie vene della pia- 
madre si votavano lunghesso la base di questa 
doppiatura nel seno longitudinale mentovato, me¬ 
diante un angusto canale triangolare *i, che ne 
occupava pure il dorso. 

XIV. Non ci è stato possibile di cavare in¬ 
tiero da quella grande cassa il cervello, e tanto 
meno a sinistra , quantunque impiegassimo ogni 
diligenza; perchè ivi, quasi nel mezzo della par¬ 
te più elevata deli’ osso parietale, il cervello 
avea contratto invincibile aderenza con 1’ osso 
medesimo *2: il luogo di questa aderenza era 
largo due dita, e più , quasi ritondo, e corrispon¬ 
deva proprio al sito , dove il fanciullo aveva sof¬ 
ferto quella contusione, delia quale favellammo 
al §. III. Nel mostruoso coronale a sinistra del¬ 
la spina si scorge tuttora il vestigio lungo 
due pollici, largo undici linee e mezzo, quasi 
ovale, d’ altra somigliante aderenza. Erasi già 
molto depressa la maggiore convessità degli emis¬ 
feri perchè la vescica amplissima, che questi for¬ 
mavano, aveva perduta già una quantità dell’acqua, 
ond’ era stata ripiena, per lo taglio del prolun¬ 
gamento del quarto ventricolo accennato al IX. 
Ciò non ostante gli anfratti della superficie del ce- 
rebro non erano maggiormente distinti, e la por¬ 
zione sola del corpo calloso si rese più apparente. 

XV. Vidimo i due grossi tronchi dell’ arte- 


*1 Vedi Encefalotomia Parte 7, §, ^•pag. 36. 
*2 L, eie. §. 99, 



IDROCEFALO 9 

ria callosa diramarsi per le pareti del solco, nel 
quale era ricevuta la gran falce, e ne osser¬ 
vammo le anastomosi, che i rami posteriori di 
questa arterie formavano con alcuni rami depen¬ 
denti dalla basilare, i quali salivano dai lati del 
ponte rasente le braccia del cervelletto fino al 
margine della tenda , nel quale finiva il tagliente 
della falce difformata dalla enorme dilatazione 
del seno longitudinale superiore. 

XVI, Dilatammo 1 * apertura, che 1 * emisfero 
sinistro aveva, e vidimo tutta la sostanza cor¬ 
ticale, e la midollare , che fanno la massa prin¬ 
cipale del cervello , ridotte a tanta sottigliezza , 
che se in. alcuni siti uguagliava il mignolo altrove 
non arrivava alle due linee ; sicché tutto questo 
emisfero era una vescica, nel fondo anteriore della 
quale trovavasi ancora molt’ acqua torbida. Comu¬ 
nicava con un’ altra vescica somigliante fattasi nell’ 
emisfero destro, mediante un voto, o apertura, 
che si trovava tra il margine inferiore del setto¬ 
trasparente , e la midollare sottoposta ; apertu¬ 
ra, che avrebbe dato passaggio ad una noce. 

XVII- Avendo aperte amendue quelle vesciche 
notammo un intreccio di vasi ripieni di sangue, 
ì quali serpeggiavano simmetricamente sul pa- 
riete dei seni cosi mostruosamente dilatati. Due 
grossi tronchi della carotide interna salivano fra 
due colonnette midollari, che sembravano i ri¬ 
masugli del doppio pilastro anteriore di ciò, 
che viene impropriamente appellato la volta *, del¬ 
le quali vidimo la continuazione a guisa di fim¬ 
brie lacere, appesa alle pareti superiori dei seni, 

* V. Encef. Part, II. §. S4. e segg. , p. 48., e seg* 



IO CAPITOLO PRIMO 

verso le posteriori dei quali però più non le sape¬ 
vamo distinguere. Quei vasi portandosi obbliqui 
a ll* indietro , e diramandosi in vàrie direzioni , 
intrecciandosi, anastomosandosi, scherzavano sot¬ 
to uno spesso mucoso epitelio, che tutte le pa¬ 
reti medesime tappezzava . 

XVIII. Dai tronchi suddetti si spiccavano quat¬ 
tro rami, che per lo spazio di quattro dita sa-» 
li vano ben tesi, senza veruna aderenza ai pa- 
rieti , come quattro quarte da violino, su per lo 
voto dei sacchi, due per lato, e venivano a di¬ 
ramarsi lateralmente alla parte anteriore della 
volta d*amendue i mostruosi ventricoli. 

XIX. Due rami venosi finalmente, formati 
dall’ unione di molti ramuscelli turgidi, e piom¬ 
bini , che irrigavano le pareti dei ventricoli, si 
spiccavano dai lati anteriori delle due cavità, scor¬ 
revano verso il centro posteriore comune rice¬ 
vendo per nuove vene sempre nuovo sangue, 
finché sotto lo spiraglio posteriore * formavano 
con due tronchi assai considerabili la vena di 
Galeno . 

XX. I ventricoli laterali avrebbono agevol¬ 
mente capito amendue i pugni ; e in essi non si 
trovarono idatidi, nè altri segni di lacerazione, 
salvo al sitò, che doveva essere occupato dal 
setto-trasparente, e ai lembi frastagliati delle due 
lische midollari (XVII.): non era vi neppure ve¬ 
stigio di pia-meninge , se non ne erano uno le 
diramazioni descritte dei vasi, che forse saran¬ 
no stati spargimenti, o allontanamenti dei vasi 


* Vedi Encefalotomia Parte //, pagina 26. 
e seguenti . 


1 D ROCEF ALO II 

de’ plessi corioidei, le membrane de’ quali sa¬ 
ranno per avventura state dalle acque, contenu¬ 
te nei mostruosi ventricoli, macerate, e con¬ 
sunte . 

XXI. I rimasugli del setto-trasparente faceva¬ 
no conoscere , che se le acque non lo avessero 
distaccato dalla faccia superiore delle colonnette 
midollari (XVII.) esso avrebbe dovuto avere tre 
dita di altezza, e quattro circa di lunghezza. 
Dal lembo inferiore dei medesimi si conosceva 
pure, che è composto di due lamine di sostanza 
più fosca di quello , che si è la midollare vici¬ 
na , essendosi quelle lamine trovate ridotte a fog¬ 
gia di due pagine molli, libere in basso, per la 
lunghezza di cinque linee o sei, e per l’altezza 
di due o tre. Le colonnette poi erano distanti 
otto linee 1* una dall’ altra. 

XXII. Il terzo ventricolo era pur anch’ esso 
stranamente largo per lo scostamento dei talami 
de’ nervi ottici, cui mediante risultava un cati¬ 
no largo diciotto linee, pieno d’ acqua torbida, 
profondo quattordici , e lungo sedici, 1’ orlo an¬ 
teriore del quale era fatto dalla commessura an¬ 
teriore filamentosa , e sommamente assottigliata; 
i lati da quelle eminenze, che ho già mentova¬ 
te , e 1’ estremità diretana dalla commessura po¬ 
steriore , e dall’ ampliato acquidotto di Silvio, 

XXIII. I ventricoli laterali adunque, ed il ter¬ 
zo ventricolo formavano una sola bipartita cavi¬ 
tà amplissima per la dilatazione ( insensibilmente 
prodotta dalle acque ristagnanti ) delie pareti, che 
sogliono appoggiarsi sui margini esterni de’corpi 
striati, i quali erano qui d* un colore dilavato, 
tirante al giallastro, poco elevati, e dis tanti tr© 


li CAPITOLO PRIMO 
dita circa dalla parete più lontana dei rimasugli 
del setto. 

XXIV. Era pure ampliata quella cavità dall’ 
allungamento , e dalla dilatazione delle cavità àn- 
coroidée , e dalle fossette triangolari, che si veg¬ 
gono fra la midollare, e l’estremità gibbosa an¬ 
teriore dei corpi striati dal canto esterno; come 
altresì dalla macerazione , e dal distruggimento 
della rete mirabile , che trovandosi fra le lastre 
midollari ( XVII. ) la faccia inferiore del corpo 
calloso, e lo spiraglio, cuopre i talami de’ nervi 
ottici, e vi colliga le suddette lastre a segno , che 
nello stato naturale i tre ventricoli non hanno 
reciproca comunicazione . 

XXV. Le corna d’ aminone erano poco pro¬ 
fonde , ma capaci di tre dita ; e in esse le ap¬ 
pendici bombicine larghe due dita erano anche 
appiattite, come tutto il piè d’ ipocampo, che 
era sterminatamente largo, ed aveva distintissi¬ 
mi , quantunque piatti, i cinque artigli in amen- 
due i corni . 

XXVI. Neppure in queste appendici dei ven¬ 
tricoli laterali sì trovarono traccie dei plessi co- 
rioidéi ; nulla di continuo , nulla di granelloso y 
vi si trovò soltanto una rete di vasi grossi co¬ 
me la canterella d’ un violino , i quali furono 
da me giudicati venosi perchè tutti si venivano 
ad unire con que’ due grossi tronchi, che ho 
detto avere in questo encefalo dato origine alla 
vena di Galeno (XIX). L’ origine di questi 
rimasugli dei plessi era doppia in caduno ventri¬ 
colo , cioè due grossi tronchi arteriosi nasceva¬ 
no dalle arterie callose , prima che queste ar¬ 
rivassero sul corno calloso ( XI. ) j passa- 


IDROCEFALO / j 

vano al dissopra della commessura anteriore, fra 
le lamine del setto-trasparente, rasente le due 
colonnette ( XVII. ): di là uno per lato, pene¬ 
trando nella cavità superiore anteriore dei ven¬ 
tricoli laterali si diramavano sparsamente, in ve¬ 
ce , che nei cerebri sani formano un tessiuto mem¬ 
branoso tutto lembi , e specie di foglie frasta¬ 
gliate , frappate , e accartocciate, cui sembra, 
che i ramicelli arteriosi unitamente a molte ve- 
nuccie servano di picciuoli. La seconda^origine 
era in basso fra 1* artiglio maggiore ( eh’ è I* 
interiore ) dei pie’ d’ipocampo, e la colonpa 
midollare centrale del cerebro , che viene ad ap¬ 
poggiarsi contro il ponte di Varolig , ed a 
confondersi con esso, e il margine vicino di 
quella spéssa sostanza midollare obbliqua, che 
sostiene le appendici bombicine dell* Aranzio, 
e i pie* d’ ipocampo ( a tale sostanza midollare 
nella parte IL deli’encefalotomi'a ho dato il no¬ 
me di Erta , che i Francesi direbbono — La ram¬ 
pe — e x Latini — Clivus — ) : quindi si ele¬ 
vavano alcune arteriette, che per gli spazi vo¬ 
ti lasciati dalla natura fra 1’ erta ì e la colonna 
midollare centrale ( detti da me spiragli late¬ 
rali per distinguerli dal posteriore, per il qua¬ 
le passa la vena di Galeno ; ve n’ ha uno 
per corno d’aminone ) passavano nel corno me¬ 
desimo, dove nei cerebri naturali incontrano un 
prolungamento della membrana ora indicata , e 
disposta a foglie accartocciate, sulle quali i vasi 
fanno i medesimi scherzi, che le propagini del¬ 
le arterie callose vi fanno superiormente . 

XXVII. In questo soggetto ho veduto per la 
prima volta quelle due fettuccie di colore più 


,4 CAPITOLO PRIMO 

giallo , le quali sieguono la maggiore curvità del* 
la coda dei corpi striati, ed arrivate alla estre¬ 
mità anteriore dei ventricoli laterali si allargano 
a segno di congiungere insieme le colonnette , 
e queste con la vicina porzione della midollare, 
che, essendo la parte anteriore inferiore del cor¬ 
po calloso, fa (verso 1* intervallo delle vicine estre¬ 
mità dei due corpi striati ) un risalto perpendi¬ 
colare angolare verso la commessura anteriore, 
e le colonnette già descritte. Negli encefali na¬ 
turali la fettuccia destra ivi si allarga per con¬ 
fondersi con la sinistra a segno di combaciarsi, 
ed elevandosi perpendicolarmente formano unite 
il setto-trasparente, e sono avvalorate da un 
morbido pellucido epitelio. 

XXVIII. Abbiamo già detto quale grandezza 
avesse il fondo anteriore del terzo ventricolo , 
che corrispondeva all* imbuto , ci resta ora da 
accennare , che 1* estremità posteriore finiva nell* 
acquidoso di Silvio, i* apertura del quale nel 
terzo ventricolo era larga circa tre linee , con¬ 
cava in basso, coperta in alto dalla commessu- 
ra solida, e d* un solo, pezzo al davanti, lami¬ 
nosa allo indietro, vale a dire composta di sei 
lastre midollari traversali collocate una sopra 1* 
altra in maniera, che le piu alte, e superficiali, 
erano piu lunghe, e meno estese allo indietro, 
le piu profonde avendo il lembo libero una linea 
circa piu vicino al cervelletto 

XXIX. Cercammo indarno fra i numerosi, e 
grossi vasi, che al di sotto del corpo calloso 
liberi da ogni ligame membranosi erano dira¬ 
mati , la gianduia pineale , e sond tanto piu si¬ 
curo , che mancava realmente in questo idroce- 



I D RO C E F A LO 

falò, quanto ne andammo in traccia con ma§" 
giore curiosità, e diligenza, perchè io avev a . 
narrato agli Spettatori, e ai Professori, che m l 
assistevano , tale corpo non essersi potuto rin¬ 
venire in altri idrocefali stati da valorosi, ed 
esatti Anatomici esamihati. 

XXX. Distrutta la tenda vidimo il cervelletto 
di volume assai minore di quello , che tro¬ 
vasi ordinariamente nei giovani di 17. anni: la 
pia-madre, che lo vestiva, era molto vascula- 
re, densa, e i vasi ne erano turgidi, e di colore 
piombino; se ne separava pero con somma fa¬ 
cilità. 

XXXI. Cavammo questa porzione del cere- 
bro dalle fosse, nelle quali era contenuto, è 
con essa tutta la base del cervello, e la midolla 
allungata : tutto ci parve naturale dall’ imbuto 
alla midolla spinale, nel centro della quale os¬ 
servammo pure un buco capace d’una grossa 
penna da scrivere , ed aveva il parete posteriore 
fatto da un robusto epitelio, sul quale era in¬ 
collata la pia-madre guernita di vene gonfie, e 
varicose, facili a distinguersi dalle arterie per lo 
sito, per la direzione, per lo colore appena 
roseo, per li rami, che vi si piantavano, per 
li gozzi, e per le varici, ond’ erano difformate. 

XXXII. L* imbuto grosso puranco poco me¬ 
no d’ una penna d’oca era lungo quattro linee, 
esteriormente rosso, e guarnito di picciole , ma 
frequenti, e brillanti idatidi ; interiormente, e 
in alto era spumoso, e cinerizio. Era solido quasi 
scirroso per lo tratto di una linea dall’impian¬ 
tarsi nella gianduia pituitaria. 


lC CAPITOLO PRIMO 

XXXIII. Questa durezza insolita mi fece esa. 
minare con maggior attenzione la gianduia pi¬ 
tuitaria stessa , che trovasi grossa come il polli¬ 
ce, larga otto linee, lunga oltre alle dieci dai 
fori ottici alla muraglia ossosa, che univa le due 
spinose apofisi clinoidèe posteriori : avea la fac¬ 
cia superiore piana , quasi cartilaginosa nel sito, 
che ricevea V imbuto : il corpo ne era difforme 
per due appendici irregolari, per li fianchi della 
sella turchesca discendendo si allungavano fino 
nei seni cavernosi , e comprimevano a tergo 
amendue le arterie carotidi. Era la gianduia co¬ 
perta della pia-madre granellosa, e piena di tu- 
bercolettì simili alle glandule, che altrove nei 
crani pure talvolta s’ incontrano. Sotto la pia- 
madre facile a separarsene trovai la gianduia ve¬ 
stita d’un’ altra spezie di tunica fibrosa, quasi 
come le falci, rossigna, e molto robusta. 

XXXIV. La sostanza dei lobi laterali della 
gianduia pituitaria, che dovevano la loro diffor¬ 
me estensione alla pia-madre, era un non so 
che di parenchimatoso simile al fegato macera¬ 
to , ma bigio; il lobo di mezzo era cartilagino¬ 
so in alto , e simile alla sostanza dei corpi stria¬ 
ti, in basso,'e sotto le apofisi clinoidèe poste¬ 
riori ; erane pero alquanto piu resistente, e duro. 

XXXV. Il cervelletto era sodissimo, ed ho 
potuto farvi notare per la prima volta dagli 
spettatori i profondi, e numerosi solchi arcati, 
e paralleli, che ne dividono così distintamente 
in lobi, in Iobetti le faccie d’ amendue gli emi¬ 
sferi, e le lamine, che fregiano i Iobetti mede¬ 
simi : come altresì la valletta, le tonsille , 1’ ugo¬ 
la , i fiocchi laminosi , le vàlvule semilunari, ed 



1 D R OC EF A LO 17 

il tabercolo comune delle medesime , si comin¬ 
ciarono a presentare agli occhi miei. 

XXXVI. L’acquidotto di Silvio, capace de! 
mignolo d’ un bambino, era coperto dai tubercoli 
quadrigemelli tanto piatti, che appena si pote¬ 
vano distinguere .* si allargava discendendo nel 
iv. ventricolo, lo sfondo romboidèo del quale 
era invernicato d’una mucosità tenace, e finiva 
in un canale ritondo, chiuso posteriormente da 
tale mucosità, da un epitelio robusto , e dalla 
densa pia-madre : 1* accennato canale dava adito 
verso il canale della spina a quella sierosità, che 
aveane zampillato allo spiccarsene la testa dal 
busto. ( ix. ec. ) 

XXXVII. Era piò del solito dura la midol¬ 
lare del ponte , delle braccia del cervelletto, e 
della colonna midollare centrale ; dure pur era¬ 
no la midolla allungata , e la spinale, ma assai 
maggiore durezza osservammo in quella , che 
formava i noccioli del cervelletto ; scrosciava 
come la cartilagine sotto lo scalpello, e non 
si appiccicava punto alle dita. 

XXXVIII. Intorno alP origine, ed allo stato 
dei nervi in quell’encefalo mostruoso, non ho 
fatto veruna osservazione. 

XXXIX. Il teschio ossoso, avuto risguardo 
all’ età del soggetto , del quale trattiamo , è ve¬ 
ramente degno di considerazione per la spessez¬ 
za delle ossa , che lo formano, e per la strasor- 
dinaria ampiezza della cavità, che ne risulta. 
Un nastro , che dalla tuberosità occipitale, pas¬ 
sando sui parietali, venga con gli estremi ad 
unirsi nel mezzo del coronale, è lungo venti¬ 
cinque pollici. Un altro, che dalla fontanella 



l8 CAPITOLO PRIMO 

giu per le tempie venga con gli estremi ad unir¬ 
si all’ apofise basilare, è lungo pollici ventisei , 
e più . Un terzo nastro , che dal foro incisivo, 
passando per la fronte, per lo bregma , per 
1’ occipite , e per la base di quel teschio arrivi 
al medesimo foro , è pure lungo pollici venti- 
sei. Il solo coronale , che nelle calvarie dei vec¬ 
chi di bella statura , ma proporzionati, di raro 
oltrepassa i cinque pollici di altezza, e i sette e 
mezzo di larghezza, nell’idrocefalo nostro è alto 
poli. 741:1 , e largo 941:2. I parietali qui 
sono alti otto pollici, larghi sette, mentre, che 
in ogni altra calvaria oltrepassano poco i cinque 
d’altezza , ed i sei di larghezza. Le altre ossa 
dell’idrocefalo non sono molto più larghe delle 
ordinarie arrivate alla loro maggiore ampiezza. 

XL. Non sono d’uguale spessezza in tutto il 
cranio. Alla tuberosità dell’occipite, e nel mezzo 
del coronale , sono spesse otto linee ; in certe 
altre parti , come alla superiore dell’occipitale, 
e nell’ampio osso WORMIANO , che occupa il 
sito della fontanella , sono spesse poco meno di 
due linee. L’ossificazione è perfetta salvo alla 
parte destra mezzana superiore del coronale, 
dove si trova una lacuna otturata soltanto dal 
pericranio , e dalla dura madre, lunga più di 
quattro pollici, larga un pollice , irregolarmente 
ovale. Le tavole dì queste ossa sono tenui , e 
nascondono molto medituglio di cellule minutis¬ 
sime , il quale però manca affatto nell’ osso WoR- 
MIANO, che già additammo , e nella sommità 
dell’occipitale, come nella maggiore convessità 
dei parietali , e nella porzione squamosa dei tem¬ 
porali , dove tutto è solido , e compatto. 



IDROCEFALO 19 

XLI. I segnali delle suture coronale, sagittale, 
e squamose sono quasi cancellati, salvo sul bre¬ 
gma, dove l’osso WORMIANO ha dentature molto 
apparenti ; la commessura lambdoidea è tutta os- 
setti bislunghi irregolarissimi, incastrati fra il mar¬ 
gine diretano dei parietali, e i due superiori dell* 
occipitale : in vari siti questa sutura è larga dieci 
linee, e fino un pollice. 

XLII. L’osso WÓRMIANO della fontanella è 
di figura romboidèa , e si caccia molto appun¬ 
tato tra i parietali per lo spazio di due pollici : 
anteriormente s’incastra in una incavatura del 
coronale, e vi ha un angolo ottuso : è tutto so¬ 
lido , senza medituglio , largo un pollice , e spesso 
quasi due linee. 

XLIII. Le ossa della faccia sono proporzio¬ 
nate all’. età del soggetto, di lodevole consi¬ 
stenza , e contengono seni di competente capa¬ 
cità ; e per incominciare a descrivere i seni fron¬ 
tali , questi si vedono scolpiti molto oltre sulla volta 
ossosa delle orbite, che è molto depressa ; anzi 
tutte due queste volte hanno un tale pendìo nella 
cavità del cranio , una tale obbliquità , che uomo 
direbbe , nell’ osservare la cavità suddetta , le or¬ 
bite mancare affatto. 

XL 1 V. I seni frontali adunque sono visibil¬ 
mente comunicanti fra di loro mediante un’ aper¬ 
tura ovale lunga sei linee, larga due e mezzo : 
sono interiormente diformati da parecchi risalti , 
e da lamine della sostanza ossosa. Il destro, la 
maggior estenzione del quale è nella sostanza pro¬ 
pria della volta dell* orbita destra , ha venruna 
•linea di larghezza traversale, due pollici d’al¬ 
tezza dal vicino margine di quasi tutta l’esten- 



20 CAPITOLO PRIMO 

sìone traversa dell’ala d’iNGR ASSIAS , a dieci linee 
più alto della sommità dell’ apofise cristagalli. Lo 
scostamento maggiore delle lastre osso se, che 
fanno i pareti di questo seno , non arriva al 
mezzo pollice. Il parete interno descrive una 
concavità notabile verso il seno, mentre che 
1’ esteriore , orbitario , ossia anteriore, descrive 
una convessità, un arco notabile per seguire la 
curvità della volta dell’ orbita *. 


* V ALLOPPIA Exposit. in lib. Gal. db ossib. 
c. 13. pag. mihi 36. nota , che i seni frontali 
per lo più non si trovano in coloro , cui dalla 
commessura sagittale la fronte è in due parti di¬ 
visa. ALBINO però assicura d ’ avergli sempre tro¬ 
vati ( Annot. Accad. 1 . 1. c. XI. pag. 37.) come 
paw. (De ossib. p. 33.) RIOLANO (Comment. 
de oss. p. 468.), HIGMORO (Disquis. anat. 1 . 3. 
part. I. cap. 4.) palpino ( Beschryv. der beender. 
part. 2. c. 3 . ) Osserva inoltre , che la sutura sa¬ 
gittale siccome divide la fronte , così divide anche 
il trameno , onde sono separati que* seni in guisa , 
che non sì può dire propriamente, che vi sia in¬ 
terstizio : perciocché in ambe le parti del frontale 
v’ è un seno intiero , e 7 destro è separato dal 
sinistro mediante V unione di quella porzione delle 
pareti , onde si corrispondono, e mediante una 
larga , e dentata superficie si toccano , e si uni¬ 
scono t il che fa una spezie di tramezzo. ( Vedan- 
sene le tav. 4. delle ossa del corp. uman. fig. 1. /, 
efig. 2. "jf.) Nei crani de soggetti più giovani , prima 
che le due porzioni del frontale siano sodamente 
congiunte > ALBINO ha trovato da tutteddue i lati 




21 


IDROCÈFALO 
XLV. Il seno frontale sinistro è meno ampio, 
e meno celluloso ; è ovale ; ha un pollice d* esten¬ 
sione traversa , e dieciotto linee d’ altezza : ha 


il seno principiato , e dice , che si comincia, a 
manifestare la bocca , poi insensibilmente si dilata : 
indi a tenore , che si cancella la sutura , come si 
uniscono le due porzioni dell' osso , così unisconsi 
le parieti , onde cadun seno verso la sutura si 
corrisponde. Nella citata sposinone di f ALLOPPIA 
( Tar. V. fig. z.ly) diceste che non si trovano 
in coloro , che sono camusi , e che hanno la radice 
del naso y e le sopracciglia depresse : IGMOEtO il 
conferma nei molti camusi, RIOLANO però assi¬ 
cura anche nei rincagnati d' avergli ritrovati ; AL¬ 
BINO poi è di parere, che può Sembrare i seni 
mancare , benché, realmente non manchino , e nota , 
che segata alla foggia consueta circolarmente la 
calvario, per lo più. appariscono , ma non si dee 
questa segare oltre alla patte piu liscia , e più vi¬ 
cina alle sopracciglia ; e aggiunge di più , che 
anche in qud teschi , che ne pare ano affatto privi 9 
spettato V osso coronale costantemente ve gli trovò . 
Sono continuatone delle vicine dilatantisi caver- 
nette delV etmoide , ( v. la T. e fig. 2. i. ) dalle 
quali incominciando serpeggiano in alcuni meno , 
in altri più ampiamente , e più in alto. Nella Stessa 
guisa le cellulette dell * osso cotonale , che risguar- 
dano il naso , non si vedono nei più giovani , 
ma a misura che crescono le ossa , si rendono più 
apparenti t e si conoscono per vera continuatone 
delle prossime etmoidali. 




12 CAPITOLO PRIMO 

i pareti vicinissimi in basso, * distanti in alto 
circa nove linee. 

XLVI. Il commercio dei sebi frontali con le 
caverne etmoidali è liberissimo per un’apertura 
comune quasi rotonda , larga tre linee e mezzo. 

XLVII. Le caverne etmoidali non sono tanto 
confuse, e complicate quanto negli altri crani 
degli adulti, essendone più ampie, e quasi sim¬ 
metriche le cellule. Comunicano mediante parec¬ 
chie aperture irregolari con i seni mascellari, 
ampli, cellulosi, ossia gli antri di IGMORO, di 
figura irregolarissimi. Comunicano pure con i seni 
sfenoidali d’entrambi i lati per mezzo di due 
bocche apparentissime. 

XLVIII. I seni sfenoidali perfettamente divisi 
mediante una lastra ossosa quasi ovale molto 
spessa in aito, e sottile in basso, occupano uno 
spazio considerabile nel corpo dello sfenoide ; 
anzi in questo cranio gli ho trovati molto pro¬ 
fondamente , ed ampiamente estesi amendue nella 
radice delle apofisi pterigoidèe. Comunicano con 
le caverne etmoidali mediante un condotto ovale 
obbliquo assai elegante, lungo tre linee circa, 
largo verticalmente due linee, in traverso una 
linea e mezzo, distante una linea dal tramezzo, 
è situato ad uguale distanza dalla volta, e dal 
pavimento dei seni. Il destro è lungo un pol¬ 
lice, largo otto linee in traverso, alto quattro , 
è anteriormente per lo tratto di due linee diviso 
da una lamina ossosa arcata molto sottile. H si¬ 
nistro , largo aneli* esso sette linee e più, ha 
varie caverne, che ne rendono irregolare l’in¬ 
terno; è lungo dieci linee, alto cinque. Il tra¬ 
mezzo n’è ovale, lungo dieci linee , largo quattro. 



IDROCEFALO 2J 

XLIX. Le ossa palatine, il vomero , le con¬ 
che inferiori, e le superiori del naso , 1* etmoide, 
lo sfenoide, e le mascellari superiori con le un- 
ghiali sono così intimamente unite nelle qssa 
secche di questo cranio, che non si possono 
neppure adesso separare le une dalle altre. 

L. Alla base del cranio tanto internamente, 
quanto all’esterno, si osservano parecchi fori 
diversi da quelli, che ordinariamente si notano , 
e vi sono spine, irregolarità, e sinuosità sim¬ 
metriche , ma strasordinarie. Tra i fori, ante¬ 
riormente alla radice della cristagalli v’ è il cie¬ 
co , il quale si perde nella sostanza ossosa , nè 
comunica in modo veruno con i seni frontali, 
nè con gli etmoidali. 

LI. V’ ha cinque o sei fori per lato , dispersi 
sulla cribrosa lamina , che vengono ad aprirsi in 
un solco profondo ; risultante fra la perpendico¬ 
lare lamina dell’etmoide, ed il termine vicino 
delle cellule etmoidali d’amendue i lati : sicché 
l’accennata lamina perpendicolare non serve dì 
appoggio alle cellule, bensì a separare le destre 
dalle sinistre, dalla radice del naso al parete an¬ 
teriore dei seni sfenoidali. 

LII. Vi sono (poche linee posteriormente al 
lembo anteriore della cresta etmoidale , e verso 
ì seni frontali ) due fori, uno per lato, cui si 
arriva per una doccia obbliquamente diretta in¬ 
dietro , se guardasi nel cranio , ma se perle or¬ 
bite s’introduce uno stilo, o una setola per quel 
foro, che trovasi nell’unione del lembo supe¬ 
riore dell’ osso piano con la vicina porzione or¬ 
bitaria del coronale anteriormente, il tragitto 
n’è obbliquo in avanti j èd in su. Per questa 


1 4 CAPITOLO PRIMO 

coppia di fori passava quella branca del nervo 
ftalmico, cui si dà il nome di nervo nasale : 
penetrando nella cavità del cranio piegavasi verso 
la cristagalli , e giunta al secondo foro tra i più 
apparenti anteriori della faccia cribrosa, ivi dì 
nuovo cacciavasi per giungere alla membrana 
pituitaria , che tappezzava il solco già descritto, 
fra le cellule, e la lamina perpendicolare dell’ 
etmoide, dopo d’avere dato una branca ai seni 
frontali, e un’ altra più. grossa alle cellule vicine. 

LIII. Per lo medesimo foro dalle orbite s’in¬ 
troduceva nel cranio un ramo notabile delle ar¬ 
terie oftalmiche, il quale si diramava sulle parti 
anteriori inferiori della dura-madre. 

LIV. Dalle stesse caverne nasali penetravano 
nel cranio tre rami arteriosi, appunto nell’ unione 
della porzione diretana della volta delle orbite 
con il lembo anteriore dell’ale d* INGRASSIAS : 
il primo, eh’ è pure il più grande, è più vicino 
all’etmoide, il secondo tre linee , il terzo nove 
più verso la punta delle ale mentovate. 

LV. Sieguono i fori ottici, la direzione dei 
quali è molto obbliqua verso le tempie, e la 
apertura quasi triangolare, con P angolo interno 
( che resta pure anteriore , confinante con le la¬ 
mine piane dell* etmoide ) più ampio , ed inca¬ 
vato per dare passaggio all’arteria oftalmica, la 
quale pareva aneurismatica in quel sito, tanto 
era ivi grossa. Dava eziandio passaggio alla por¬ 
zione più grossa del seno , che per la sua situa¬ 
zione traversale fra le apofisi clinoidèe anteriori, 
io soglio nominare clinoidèo anteriore. Il destro 
di questi fori ( che qui si possono quasi consi¬ 
derare come canali ) è diviso verso 1’ orbita in 



IDROCEFALO 1? 

due mediante un cerchio ligamentoso, che rende 
affatto rotonda la porzione superiore del foro, 
per la quale passava veramente il nervo ottico ; 
e senza toccare le ossa da questo ligamento 
prendevano origine i cinque musculi lunghi del 
globo degli occhi : per l’inferiore penetravano 
nelle orbite i vasi, che poco fa ho nominati. 
Lo stesso era del foro ottico sinistro ; ma ho 
distrutto l’accennato ligamento per convincermi, 
se vi fosse qualche cosa d* ossoso come la spes¬ 
sezza del medesimo, e la sua resistenza allo 
scalpello , poteva di leggieri persuadermene. 

LVI. Le apofisi clinoidèe anteriori sono lun¬ 
ghe sette linee, sostenute da un istmo ossoso in¬ 
solito , che si eleva dai lati della sella turchesca, 
e vi costituisce un foro strasordinario , tondo , 
che ha due linee e mezzo di diametro. Per que¬ 
sti fori veniva a scaricarsi nelle fessure sfenoi- 
dali tutto il sangue, che scorreva per lo seno 
dittico, ossia circolare di ridleio , eperlocli- 
noidèo anteriore, che qui era largo linee quat¬ 
tro, e un terzo *. 

LVII. La sella turchesca è poco profonda, 
molto larga , depressa ai lati, e molto allungata 
allo ’ndietro , perchè le apofisi clinoidèe poste¬ 
riori sono piegate straordinariamente (insieme 
con la muraglia ossosa , che le unisce ) verso il 
foro occipitale: sono sottili, ed avevano due 
spine acutissime, assai lunghe, e fragili, alla 
loro estremità. 


Fedi Encefalotom, P, i. pag> iiz. 




l6 CAPITOLO PRIMO 

LVIII- Dietro all’accennata muraglia ossosa 
trovavasi un altro seno traversale , mondo, 
molto ampio , cui soglio dare il nome di clinoi- 
dèo posteriore. Non appartiene alì’apofise basi¬ 
lare, poiché questa porzione dell’osso occipitale 
si unisce allo sfenoide tre linee inferiormente alla 
superficiale doccia , che contenea quel seno. Co¬ 
municava con i petrosi posteriori degli antichi 
( ai quali io do il nome di obbliqui ) mediante 
un’ apertura rotonda , che aveva più d’ una linea 
di diametro. 

LIX. Tornando ai fori, il primo dietro alle 
fessure sfenoidali è il rotondo, cui guida una 
doccia notabile , obbliqua, diretta anteriormente : 
siegue l’ovale, o mascellare inferiore, tra il 
quale, e la vicina porzione della rupe si vede 
un gran foro irregolare , lungo quasi otto linee, 
largo due, diviso per una tenue lamina ossosa 
dall’ ingresso delle carotidi interne nel cranio. Era 
una coppia d* emissari dei seni cavernosi, e dei 
petrosi anteriori, che raccoglieva altresì il san¬ 
gue del quarto emissario di TABARRANi * . 

LX. Verso il centro della base del cranio, al 
fianco della sella turchesca v’è la foce delle ca¬ 
rotidi interne , diretta obbliquamente all’innanzi : 
nel mezzo di quello spazio ossoso , che v* è tra 
i fori rotondo, ovale, irregolare, e carotidèo, 
se ne scorge un altro , per lo quale salìa verso 
j.la sella un’arteriuccia , la quale si diramava nella 
dura-madre distesa sulla medesima sella senza es¬ 
servi aderente salvo nel centro, dov’era scol- 

* Observ anatom. pag. 41. e seq., che io no* 
mino strd interassei , favellandone più chiaramen¬ 
te nelV Encetalotomia Par. 1 . pag. 130. 131. 




IDROCEFALO iy 

plto un foro considerabile penetrante nei seni 
sfenoidali. 

LXI. Fra l’irregolare (LIX), e l’ovale, un 
po’ poco più lateralmente, ed in basso vi è il 
foro spinosò. Per le ramificazioni dell’ arteria, 
che vi passa , e ne riceve il nome , tutta là faccia 
interiore del crànio del nostro Idrocefalo ha le 
pareti profondamente solcate, e in certi luoghi 
in vece dei solchi vi ha canali lunghi parecchie 
linee. Gli accennati solchi sono larghi, e profondi, 
e indicano pur anco i siti , dove le arterie della 
dura-madre anteriori, e posteriori si anastomo- 
savano insieme , e con le mezzane. 

LXIl. Nella faccia anteriore delle rupi v* è 
impressa la doccia del seno petroso anteriore : 
quella del mezzano è Scolpita sugli angoli su¬ 
periori delle rupi medesime ; e vicino alla im¬ 
boccatura del mezzano nel seno laterale destro 
V è il foro, cui mediante nel medesimo seno si 
scaricavano parecchie vene delle tempie, e dell* 
occipite, le quali riunitesi in un tronco solo as¬ 
sai grosso , penetrando nell’ osso , un pollice su¬ 
periormente alla radice dell’ apofise mastoidèa , 
incontravano un canale obbliquo lungo nove li¬ 
nee , che sotto l’angolo della rupe , vicino alla 
radice di questa , rivòlto ali’ indietro , per l’ ac¬ 
cennata apertura finisce nel seno laterale destro. 
Lo stesso vedesi, ma non cosi distintamente a 
sinistra. 

LX 1 II. Per non allontanare ancora 1 * occhio no¬ 
stro dalle rupi, oltre al foro anonimo , ed all*' 
auditorio interno, che qui ha piu di quattro li¬ 
nee di diametro,. se ne vede un altro sulla fac¬ 
cia superiore, dal quale usciva nel cranio un’ar- 



z 8 CAPITOLO PRIMO 

teriuccia , che dalla radice d’ esse rupi dirama- 
vasi sulla dura-madre tappezzante la faccia inter¬ 
na della porzione squamosa, dove se ne vedo¬ 
no i solchi. 

LXIII. Vedesi un altro foro sulla metà della 
faccia diretana delle rupi, il quale gettava una 
parte del sangue venoso , che ritornava dalle parti 
inferiori dell’osso temporale , in un seno triango¬ 
lare, Comunicante con il seno laterale vicino, con 
il petroso, e con 1’ obbliquo di cadun lato ; a 
questo seno triangolare ho dato il nome di pe¬ 
troso posteriore. 

LXIV. Sotto T orlo posteriore della doccia dei 
seni laterali , scolpita nella parte inferiore degli 
angoli lambdoidèi, nove linee più in basso , e 
alquanto posteriormente ai fori già descritti nel 
§. LXII., s’incontra un altro foro bislungo , al 
quale si arriva per un canale tortuoso molto lun¬ 
go , che ha l’apertura esterna poche linee dietro 
delle apofisi mastoidèe. Portasi da questi fori il 
sangue d’ alcune parti circondanti l’orecchio ester¬ 
no nei seni laterali. 

LXV. La struttura delle apofisi mastoidèe nel 
teschio del nostro idrocefalo è singolare, perciò 
siami permesso di darne qui notizia. Ognuna di 
esse è larga un pollice alla radice, molto con¬ 
vessa verso gl’ integumenti, e non solamente 
concava verso il centro della base del cranio, 
ma quasi divisa in due per la sua lunghezza me¬ 
diante un solco profondo tre linee. La porzione 
che si trova più interiormente, cioè poco di¬ 
scosto dall’angolo lambdoidèo, è meno eleva¬ 
ta , mediocremente spessa , e stendendosi dai fori 
stilo-mastoidèi a quelli, che ho notato (LXIV.) 
dietro alle apofisi mastoidèe , ha per conseguenza 



IDROCEFALO ' 1 9 

un pollice e mezzo d’estensione longitudinale.* 
è separata dall’ angolo lambdoidèo, dal quale 
si allunga per una incavaturella profonda versta 
P apofise stiloidèa , ma superficialissima all’ in¬ 
dietro. L’altezza d’ambedue le apofisi mastoidee 
arriva alle quindici linee. 

LXVI. Le doccie dei seni laterali sono irre* 
golari , e difformi sono pur anco le aperture in¬ 
terne dei fori laceri, le quali meritano tutta l’at¬ 
tenzione degli osservatori fisiologi , come quel¬ 
le , che probabilmente più, che nuli’altro hanno 
contribuito a produrre questo mostruoso idroce¬ 
falo. La doccia del seno laterale destro ha nove 
linee d’ampiezza, e quattro di profondità men¬ 
tre , che il foro lacero ha appena due linee e 
mezzo d’ irregolarissima estensione. Quella del 
sinistro è larga cinque linee, e superficiale ; e il 
foro, cui tende, è appena largo una linea; anzi 
è angustiato maggiormente da due linguette os- 
sose, che si allungano da cadun orlo della doc¬ 
cia per farne quasi un canale. * 

LXVII. Le doccie mentovate hanno il fondo 
ineguale, principiano amendue dal solco longi¬ 
tudinale corrispondente a cadun lato del seno 
biventre, che nel dorso della falce della D. M. 
era contenuto * e siccome tra il lato destro , ed 
il sinistro del seno amplissimo , vi rimaneva lo 
spazio di nove linee circa , che dava attacco 
alla porzione diretana della tenda, così nello 
spazio suddetto si trova una cresta ossosa lon¬ 
gitudinale, che dividea perpendicolarmente all’ 

* Notisi , che. queste misure sono prese sulle ossa 
pulite , id affatto libere da tutto il membranoso. 




JO CAPITOLO PRIMO 

indietro il seno per l’altezza di quattro pollici, 
e nove linee. 

LXVIII. Alla distanza di ventidue linee dal 
centro dell’ osso incontrasi una fossa profonda, 
parte della quale è scolpita nell’angolo Iambdoi- 
dèo, e conteneva una grossa varice di quel se¬ 
no. La doccia del seno retto è stretta , ma mol¬ 
to profonda. 

LXIX. I fori laceri adunque sono difformi, 
il sinistro per quelle due linguette ossose (LXVI.), 
che abbiamo già notale, indi per quella grossa 
lingua piramidale, che si allunga ordinariamente 
dall’angolo posteriore della contigua rupe: il 
destro per quest’ultima sola, ma assai più grossa 
del solito, la quale ne distingue l’apertura in¬ 
terna in due , una anteriore per dare passaggio 
ai tronchi del paro vago, del glosso-faringèo , e del 
nervo accessorio del Willis , e perchè sbocchi nel 
golfo delle jugulari interne il seno obbliquo della 
T). M., l’altra posteriore , dove da amendue i lati 
mettono foce nel golfo suddetto i seni laterali. 

LXX. In questo teschio si è veduto chiara¬ 
mente la membrana , che allungandosi dal seno 
obbliquo , ne formava un canale per giungere 
al sacco della vena iugulare , il quale occupa 
tutto il golfo stato da me ampiamente descritto, 
insieme con le varietà, cui è soggetto, nella 
parte I. dell’ Enufalotomìa §. ióy. pag. 105. 
Sicché i nervi distintamente vi passavano av¬ 
volti nelle tuniche loro , senza che il sangue con¬ 
tenuto nei golfi, e che si trovava al di sopra 
dei nervi stessi, punto non li tingesse. Vi ab¬ 
biamo pur anche veduto due ramicelli arteriosi 




IDROCEFALO 31 

per parte » che venivano a diramarsi nella D. M. 
tappezzante le fosse inferiori dell* occipitale. 

LXXI. Le fosse delle iugulari interne scolpite 
quasi affatto nella faccia inferiore della rupe, 
sono in questo cranio assai differenti la destra 
dalla sinistra ; perciocché la destra è larga dieci 
lìnee, alta otto , irregolare ; la sinistra irregola¬ 
re anch’ essa , è larga sette linee, e alta cin¬ 
que , e vi si vedevano ad insinuare parecchi 
vasi, fra i quali i due più apparenti nelle ossa 
secche sono un foro venoso , che dall’ orecchio 
interno per 1 * acquidotto del FALLOPPIA sbocca 
nella parte posteriore esterna del golfo d’ am¬ 
bedue i lati ; indi un altro, che dal canale ca¬ 
rotidèo si apre nella parte anteriore dei mede¬ 
simi golfi. Vedesi nelle ossa il foro , ossia il 
canale , ma non si sa a che cosa abbia servito. 

LXXII. E’ da notarsi però, che la natura ha 
proccurato di supplire al difetto dei fori laceri 
troppo stretti con dare uno sfogo ( sebbene in¬ 
sufficiente per quello, che si è veduto ) al san¬ 
gue contenuto nei seni laterali per li fori del 
valsalva , i quali sono più ampli dei solito. 
Questa circostanza è già stata notata da me nell* 
Encefalotomia *, dove accennato fu pure, che 
nel teschio del Folle di Morsasco ( stato noto- 
mizzato da me in Aqui nei primi giorni di no¬ 
vembre del 1775. ) non si vedono i fori lace¬ 
ri , ma il sangue avea 1’ uscita libera dai seni la¬ 
terali per li fori del VALSALVA , che vi hanno 
quattro linee di diametro, e il destro si apre in 


Parte 1. §. 1 61, 




J2, CAPITOLO PRIMO 
una fossa poco profonda, ma alta sette linee, 
scolpita in gran parte sul margine esteriore dell’ 
osso occipitale * . Ho già incontrato la stessa 
difformità in due altri fatui, là calvaria d’ uno 
de’ quali è presso di me con quella del mento¬ 
vato Fatuo di Morsasco. 

LXXI 1 I. Per dimostrare la compressione , che 
il cervelletto in questo idrocefalo ha dovuto sof¬ 
frire, ho creduto opportuno di fare considerare 
l’enorme estensione dei sacchi superiori della 
D. M. relativamente a quello strettissimo, che 
conteneva il duro cervelletto. Una linea tratta 
dalla tuberosità occipitale, per la sezione verti¬ 
cale del cranio , fino al centro del coronale , è 
lunga otto pollici, e mezzo. Dal piano della 
tenda sulla rupe fino alla sommità dei parietali 
v’ è lo spazio di sei pollici, e nove linee . In 
risguardo poi al ^cerveliétto , una linea tirata dalla 
sommità della doccia del seno retto alle apofisi 
clinoidèe posteriori, è lunga tre pollici, e tre 
linee: tratta dall’una all’altra base delle rupi in 
traverso , è lunga pollici 4. ; è alta poi un pol¬ 
lice e mezzo quella, che si tira dall’angolo su¬ 
periore della rupe al grande foro occipitale. E’ 
da notarsi finalmente , che le cavità inferiori dell’ 
occipitale, in tutto il rimanente dell’estensione 
loro , sono pochissimo incavate , di maniera che 
il cervelletto qui non era nè più spesso verti¬ 
calmente , nè più lungo orizzontalmente d’un 
pollice , ed otto linee, perchè la tenda, che 
negli altri cranii è quasi orizzontale , ed in ca¬ 
pacità può equivalere ai sesto della cavità, che 


* Ivi §. 160. pag> io6 . 



idrocefalo 33 

contiene il cervello , qui era sommamente de¬ 
pressa, e facea la volta d’Una cavità, che non 
ne arrivava ai dodicesimo , ed aveva il foro 
di communicàzione (quello, per il quale discende 
la midólla allungata , limitato dal concavo del'e 
ale della tenda stessa, e dal tagliente della ra¬ 
dice della falce) due volte più largo del naturale. 

LXXIV. Restano da indicarsi i fori condiloi- 
dèi anteriori grandi, e lunghi ; indi il gran foro 
occipitale largo, e lungo poco meno di un pol¬ 
lice, i quali non hanno nulla di straordinario. 

LXXV. Se le Ossa del cranio di questa fan¬ 
ciullo erano soverchio nutrite; meno straordinaria 
non era la spessezza della dura-madre, e la ro¬ 
bustezza dalle lamine, che- vi ho agevolmente 
osservate mediante la semplice esiccazione. E* 
noto , che questa meninge è aderente a tutto 
1 * interiore del cranio, ma più che altrove alla 
base, e alle suture, dove persiste ad esserlo si¬ 
no all’ultima vecchiezza, benché a misura , che 
l’animale s’avvanzaàn età, si distacchi a poco 
a poco dalle fosse del coronale, dei parietali, 
e dell’occipitale: non è dunque maraviglia, se 
nel cranio del nostro idrocefalo tanto fòsse in 
ogni parte aderente *, che, dopo d’avere la¬ 
sciato quella cal varia segata per lunghissimo tem¬ 
po esposta al sole, quando volli separarne la 
meninge dalla parte sinistra, fui costretto di la¬ 
sciarvi aderenti molti lembi della lamina ester¬ 
na di notabile grandezza, anche nella fossa dei 
parietali ; tanto più poi ve ne rimase aderente 


* Encefalot. Parte I. §. 99. 

c 




34 CAPITOLO PRIMO 
all’angolo anteriore inferiore di queste ossa, do¬ 
ve si vedono tuttora i solchi delle arterie spino¬ 
se , ridotti da sovrabbondanza di sugo ossoso 
a veri canali lunghi parecchie linee, 

LXXVI. Nell’ Encefalotomia ho dato raggua¬ 
glio delle mie osservazioni sulla struttura di que¬ 
sta meninge *, e non ho dimenticato i seni ra¬ 
mosi , che così distintamente scorrono ai lati 
delle arterie della medesima *%\ ma non ho es¬ 
presso , che negli angoli dei difforme seno lon¬ 
gitudinale superiore , e dei laterali si vedeva una 
selva di strisele rossigne , le quali a guisa di rag¬ 
gi ( non procedendo da nissun vaso apparente) 
si portavano verso i seni, ai quali facevano co¬ 
rona . Io ho sempre dubitato , che ivi fossero 
state prodotte dall’ infiltramento fattosi del san*, 
gue nelle cellule degli angoli suddetti, e nelle 
■vicine, perchè non potendo esso in proporzio¬ 
nata quantità discendere verso i golfi delle iu¬ 
gulari per le divisate angustie dei fori laceri , do¬ 
veva per necessità ristagnare nei seni, avere pro¬ 
dotta l’enorme dilatazione già più volte men¬ 
zionata del longitudinale superiore , e filtrarsi nei 
vacui, verso i quali trovava minore resistenza. 
In fatti coteste strisele rossigne abbondavano molto 
più lunghesso i seni laterali, e principalmente a 
fianco del sinistro, appunto da quel lato, dove 
si vede nelle ossa più angusto il foro lacero. Le 
pareti dei seni poi ( forse per la distensione sta¬ 
tane prodotta dal sangue in essi arrestato ) era- 


* Parte I. Trattato IL 
*2 Ivi dalla pag. yy. -alla gì. 




idrocefalo 35 

no molto piu trasparenti, e sottili , che quelle 
del longitudinale, e vi si osservavano pochissime 
briglie. 

Chiuderò questo capitolo con lo squarcio di 
una lettera stata scritta sul proposito di questo 
idrocefalo all* Editore degli opusculi interessanti 
di Torino li io. agosto 1775 ., che è il seguente. 

.Persuaso , che come opusculo aggiun¬ 
to alla scelta, voi inserirete nella medesima la 
presente lettera, voglio darvi un saggio della 
maniera , onde si può fin d’ óra prevenire un 
errore, che potrebbe gettare profonde radici ne¬ 
gli animi dei posteri > e mi servo per ottenere 
■1* intento , dell* enorme calvaria di quel giovi¬ 
netto di diciassett’ anni, eh’ è stata moltissime 
volte esposta ai vostri sguardi. Sovvengavi della 
spessezza, e della solidità delle ossa , .die la for¬ 
mano , ed immaginatevi , che questa calvaria 
separata dallo scheletro , cada nelle mani d’un 
Naturalista , e vi parrà subito di vederlo a Cal¬ 
colare l’altezza di tutto il còrpo, la grossezza, 
e la lunghezza degli ossi principali del Gigante, 
al quale un teschio sì grande , e cosi nutrito avrà 
appartenuto. 

In fatti se si esaminano attentamente le pro¬ 
porzioni , che passano tra le- ossa d’uno sche¬ 
letro , e il suo teschio, sì per altezza, che per 
volume, tra il capo d* un uomo , e la compa¬ 
ge delle membra del medesimo , che si suppo¬ 
ne ben proporzionato, il Naturalista, cui sarà' 
dato il mezzo di cercare mediante il teschio del 
mio giovanetto la proporzione delle altre mem¬ 
bra , l’altezza di tutto il corpo, la larghezza de¬ 
gli omeri, ec. ec. del soggetto, dal busto del 




quale fu spiccato , non riputerà più favole tutte 
le descrizioni di cjue’ Giganti, dei quali si parla, 
non solamente nei romanzi di cavalleria, ma 
pur anco in certe storie , dove tralucono di tan¬ 
to in tanto alcune verità, che a tutto il mon¬ 
do sono note . 

Questa calvaria ha dai 25. ai 26. pollici di 
circonferenza : in molti luoghi è soda come T avo¬ 
rio ; negli altri , dov’ha alquanto più rara tessi¬ 
tura , è spessa otto, dieci linee , un pollice : ha 
tutte le ossa così bene commesse, che appena 
vi si scorgono quà e là segni leggerissimi delle 
suture ; e queste medesime nella cavità del cra¬ 
nio , appena a guisa d’una linea si possono di¬ 
stinguere : quando era coperta degl’integumenti, 
dei capegli, e dei musculi, avea più di ig. pol¬ 
lici di circonferenza. Supponiamo adesso, che 
il Naturalista lo esamini al fine, che abbiamo 
detto , e lo udiremo a discorrere così. 

“ Un’uomo di bella statura, che havent’un 
„ pollici di periferia al capo, è ordinariamente 
„ alto sessantacinque pollici ; ed un nastro, che 
„ gli giri sugli omeri d’intorno al torace suol es- 
„ sere lungo poli. 42., ora il teschio, che io 
,, considero, ha ventinove pollici di periferia : 
„ dunque l’uomo , del quale era parte, dove - 
„ va essere alto almeno pollici 95., e ; d ..avere 
,, le spalle (dalla sommità dell’omero destro a 
„ quella del sinistro) larghe pollici 29., il che 
,, fa cinquantotto, sessanta pollici di eircoufe- 
„ renza al torace. Conseguentemente un tal cor- 
,, po per essere proporzionato doveva superare 
„ un uomo di bella statura di circa trenta pollici. 



I D R O C E F A L O 


37 

Voi vedete di quale importanza sarebbe Io 
sbaglio, che nel caso nostro prenderebbe il Na¬ 
turalista , perchè sapete, che questo teschio, era 
d’un soggetto appena alto quarantaquattro pol¬ 
lici , e largo quindici dalla sommità dell’ una a 
quella dell’altra spalla. Ma egli è improbabile, 
che dal tempo , in cui la racchiùde ha incomin¬ 
ciato a fare progressi nei paesi Settentrionali 
dell’ Inghilterra, e si è propagata pur troppo a 
desolare le nostre famiglie con la strage dei po¬ 
veri bambini, dal *empo, in cui si danno idro¬ 
cefali mostruosi, non ve ne sia stato più di 
uno, le ossa del quale , dopo di essersi strana¬ 
mente allargate , si sieno al fine commesse, e 
nodrite esorbitantemente, onde simulare teschi 
di giganti? Se questo è probabile, non vi sem¬ 
bri fuori di proposito , che io abbia descritto il 
cranio del mio idrocefalo in maniera , che si 
conosca, siccome i crani di questa fatta sono 
viziosi, e furono appartenenti a soggetti racchi- 
tici, ó altrimenti mal conformati, e non a gi¬ 
ganti , come si potrebbe leggiermente da taluno 
supporre. 





ESEMPI 

DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE 
ALLA SPLANCNOTOMIA 

<£== TTTr, „, Tr; - - --- = ==8» 

CAPITOLO IL 

OSSERVAZIONI SULLA GL A NDULA. 

PITUITARIA 

Comunicate V anno 1779* al Chiarissimo Signor 
Dottore Allione Professore di Botanica , e 
di Storia naturale nella Regia Università , Te¬ 
soriere della Reale Accademia delle Sciente di 
Torino , e membro di molte altre Accademie , 

INI or» saprei in <jual guisa testimoniare più 
convenientemente a V. S. Ch , e la mia prcn 
fondissima venerazione, e la mia intima ric.Q-r 
noscenza per lo favore, che si è degnato di ac-* 
cordarmi pochi giorni fa , trasmettendomi in 
Acqui per mezzo del Sig. Professore Eandi , le 
osservazioni dell’ industrioso notomista Antonio 
Murray sull’ imbuto della Gianduia Pituitaria, 
come cosa relativa all’ operetta mia intorno all’ 
encefalo umano , che si sta in Torino rivedendo, 
e forse stampando ; non saprei, dico , in qual 
guisa meglio testimoniarle questi sentimenti del 
cuor mio , quanto con il parteciparle alcune co- 
serelle intorno al medesimo organo , e sulla 
gianduia stessa , già da me osservate tanto negli 
uomini, quanto nei bruti, dubitando , che al¬ 
quanto si allontanino dal confermarmi nella idea 
del chiarissimo sig. Murray , e desiderando di 
averne il di lei parere. 



GLAtìDÙLA PITUITARIA 

V. S. ìli* è ammirata da tutti , come dotata 
di vastissima erudizione, e di sodissima dottrina , 
massime in risguardo alla storia naturale, e alle 
due parti della medesima più aderenti alla Me¬ 
dicina, da Lei con giusto applauso, e felicità rara 
esercitata in cotésta Dominante , cioè alla Bota¬ 
nica , e alla Notomia ; egli è ben giusto perciò, 
che sotto degli occhi perspicacissimi suoi passi 
quel poco , che mi è accaduto di osservare in¬ 
torno a queste particelle dell* Encefalo umano 
per avventura troppo superficialmente considerate, 
finché dall’immortale allero non venne risve¬ 
gliato , -e dal proprio laborioso genio stimolato 
a considerarle il diligente Medico Stockolmese , 
che nell’anno iyyì. ne ha pubblicate le lodate 
dissertazioni. 

Gli uomini grandi con l’esempio, e con il 
consiglio proccurano alla Rep. Letteraria, e alla 
Medica successori degni di loro, ed io mi ripu¬ 
terò felicissimo, se potrò essere un giorno all* 
esempio, ed a’ consigli della S. V. chiarissima, 
quale veggo essere il sig. MURRAY ad ÀLLERO. 

Dacché ho addestrata la mano, ed avvezzato 
Pocchio alla notomia , ed all’esame delle parti 
più minute della testa umana, mi sono avve¬ 
duto , che la Gianduia pituitaria era costrutta in 
modo non ancora stato da veruno anatomico 
indicato; ma nell’imbuto ravvisai quasi sempre 
una struttura poco diversa da quella del canale 
deferente. 

Ho quasi sempre trovato questo organo gros¬ 
so come una penna sugosa di tenero piccione, 
talvolta rosso-, talvolta colorito, come la stessa 
penna di procione suoi essere, quando ha il 


4 P capitolo SÉCONDO 
ceppo pieno di sangue. La membrana aracnoi- 
dèa , e. la. pia madre piu densa qui, che altrove, 
ne tacevano la tunica esterna molto elastica, e 
robusta, appunto come dal sig. MURRAY ci 
viene-descritta alle pag.. 2 , e 3. 

Non ho potuto assicurarmi con, le iniezioni - v 
che il cplor rosso sudicelo ; dell’ imbuto dipenda 
sempre dai vasi sanguigni, come è riescito ali* 
ingegnoso .sig* MURRAY, mà , sovente ne vidi la 
superficie per ogni verso ghermita di minute ida* 
tidi, : senza obbligo di ricorrere, j al' microscopio 
affine di ben distinguerle : e questo corredo di 
idatidi è stato particolarmente veduto da me in 
alcuni soggetti morti con ristagni al petto, e 
in due affogati nelle acque : furono altresì piu 
facili a dimostrarsi nell’inverno. 

La cavità, dell’ imbuto 4 sebbene probabile nei 
bruti,, fu affatto equivoca negli; encefali umani 
stati da, me esaminati , poiché una morbida là- 
nuggine cinerizia la riempie, siccome tappezza 
molte; delle cavità del cervello. 

Il fiato spintovi con tubolini proporzionati 
non gonfia nè l’imbuto , nè la gianduia , e seb¬ 
bene la punta del nefrotomo , 0 le forbicine 
vi penetrino ^facilmente , e recidendone vertical¬ 
mente- : la parete supporta , sembri ravvisarvi^ un 
non, so che. di con cavo nel centro , o nell’asse, 
ciò non ostante si capisce, chele tuniche spesse, 
e robuste d’ un cilindretto spugnoso possono 
simulare qualche cavità , eziandio là dove non 
. era vi un canale. Lo stesso dicasi d’ una recisione 
traversale. 

Questa recisione traversale però negli uomini 
lascia una apparenza di vena, piuttosto che di 



GLANBULA PITUITARIA 41 

arteria : anzi la coneidenza delle supposte pareti 
ne spreme sempre un non so che di celluloso:, 
che si allunga convesso, come vediamo alle 
estremità d’un grosso nervo reciso, piuttosto 
che un voto, sgombro, come alle estremità di 
una arteria recisa. E tale si è dei canali defe¬ 
renti, quando vengono tagliati in traverso. 

Che nei cervelli agghiacciati si possa dimo¬ 
strare benissimo la cavità dell’ imbuto ( come 
assidura il sig. MURRAY alla pag. 5. perchè = 
„a ventriculis lateralibus ad tertium , perque in- 
„ fundibulum ad glandulam usque pituitariam, una 
,, continua gleba-glacialis fuerit porrecta =) può 
essère ; ; ma pare , che l’industrioso Autore avrebbe 
dovuto spiegare , se quella gleba glaciale sia stata 
fatta dalle sierosità naturalmente esistenti nei ven¬ 
tricoli laterali, nel terzo ventricolo , e nell’ im¬ 
buto , o da acque statevi incettate.; oppure se 
risultata sia dall’ agghiacciamento delle sostanze , 
che rinchiudono in se tali cavità, ed hanno 
imito l’imbuto. 

Se la massa di ghiaccio mentovata fosse ri¬ 
sultata dalle sierosità naturali, o dall’acqua in¬ 
iettata , il sig. MURRAY avrebbe dovuto indi¬ 
carci le vie, per le quali sì fatti liquori hanno 
potuto passare dai ventricoli laterali nel terzo 
ventricolo , e nell’ imbuto per farvela , com’ egli 
dice, ' continua. , 

Se poi risultò dall’agghiacciamento delle so¬ 
stanze, e se ne ruppe Cosi felicemente T imbuto 
nel.cerebro.uma.no, che resa evidentissima se 
ne sia la cavità , non vi è replica. 

Ma sono pure un grande imbroglio quei fila¬ 
menti cellulosi, che otturavano l’imbuto nella 


41 CAPITOLO SECONDO 
vecchia morta d’anasarca, stata esaminata dal 
medesimo nostro Autore] ( pag. 4.) Sono pure 
d’un gran peso le osservazioni dei chiarissimi 
SÌg. TARIN , RIDLEY , BRUNNER , LIETAUD , 
PETIT , WIEUSSENS , e sopra tutte le altre quelle 
di ALLERO. 

Ha ragione il chiarissimo MURRAY quando di¬ 
ce , che C imbuto ampio fra i nervi ottici , e le 
papille midollari , si assottiglia per dilatarsi nuo¬ 
vamente a misura , che si avvicina alla gianduia . 

E’ vero altresì, che incerti crani umani l’im¬ 
buto si curva notabilmente in avanti sull* istmo 
ossoso , che unisce le cornute apofisi clinoidèe 
posteriori; ma questo non è costante, e ben 
sovente 1’ imbuto discende dritto, e perpendico¬ 
larmente sulla gianduia pituitaria : nè mancano 
crani, dov* è obliquamente diretto indietro , 
discendendo a piantarsi nella medesima. 

Dubito inoltre di qualche scherzo ( per una 
bizzarra combinazione di singolarità costante ) 
nei cadaveri umani, che il sig. MURRAY ha 
notomizzati per osservarvi l’imbuto , ond’ egli 
abbia veramente veduto quest* organo, pene¬ 
trando nella gianduia, diviso in due rami, e 
potuto dimostrare, come cadun ramo si insi¬ 
nuasse nel lobo della gianduia pituitaria, che 
gli era destinato, e come il ramo posteriore 
fosse più piccolo dell’anteriore. Le quali cose 
equivagliono a dire , che la gianduia pitui¬ 
taria è divisa in due lobi , uno de' quali è ante¬ 
riore , e /’ altro posteriore , e che tanto l’uno, 
quanto l’ altro lobo della gianduia pituitaria è il 
termine d’ uno dei due rami deli’imbuto. 



GLANDVLA PITUITARIA 4$ 

10 mando a V. S. chiarissima qui unita la 
gianduia pituitaria umana , che ho sotto gli oc¬ 
chi , mentre le comunico i miei dubbi circa le 
osservazioni del sig. MURRAY, acciocché torni 
a vedere, come è costrutta. 

La vede divisa in tre parti distinte , e cir¬ 
condata dalle lettere A. B. C. D. E. F. G. 

La situazione, che ha su questa carta è pre¬ 
cisamente quella , che aveva nella sella turche- 
sca ; soltanto ne ho a bella posta discostata la 
parte posteriore E. acciocché si discerna meglio 
il tutto. 

A. Indica l’imbuto . 

B. C. I due lobi della gianduia, che uniti na¬ 
turalmente insieme, non rappresentano male il 
cuore delle carte da giuoco. Questi sono situati 
anteriormente. 

F. Dimostra la punta del cuore, ossia la parte 
superiore della gianduia , comune ai due lobi an¬ 
teriori , nella quale si pianta l’imbuto , ed è ri¬ 
volta al davanti, ed in alto. 

D. Indica la base, ossia la parte inferiore dei 
due lobi anteriori Uniti , incavata allo indietro, 
e in basso per dare luogo alla faccia anteriore 
del lobo posteriore. 

Se ogni cosa sarà ancora nella situazione , che 
io le do trasmettendole questa mia. Ella vedrà 
in fondo alla incavatura 

D. G. Un orlo semilunare appartenente alla base 
d’ amendue i lobi anteriori , il quale si assotti¬ 
glia allo indietro, e fassi tagliente. Su quest’or¬ 
lo stava lassamente appoggiato 

11 lobo posteriore E. » per separare il quale 
dalla incavatura posteriore comune ai due altri 



44 capitolo secondo 
lobi, mi è bastato scostarlo dalla incavatura me¬ 
desima , e rompere un filo, che, partendo dal 
centro dell’incavatura in basso, si piantava nel 
corpo dei lobo E. 

L’imbuto A. si consuma tutto nella estremità 
acuta dei due lobi anteriori B. C., e non vi si 
ravvisa nulla di cavo , anzi tutto è parenchima 
reticolato mucoso , e lanuginoso. 

La faccia inferiore del corpo A. B. C. D. era 
di un colore rosso più sbiavito , e non aveva' 
considerabile aderenza con la dura-madre. Vi 
era bensì molto aderente per la sua base il lo¬ 
bo E., corrispondentemente al centro della qua¬ 
le aderenza ho veduto un grosso fascio di finis¬ 
simi vasi bianchi nodosi. 

Lo stesso lobo posteriore E. fu da me in al¬ 
tre occasioni rotto, tagliato, premuto fra le 
dita, onde posso assicurare V. S. Ch., che è 
costrutto, come sogliono essere le glandule pi¬ 
neali ; la picciolezza , ed il colore piu rosso alla 
superficie soli ne fanno la principale differenza. 

Tanto nella gianduia pituitaria, che ha sotto 
gli occhi, quanto in molte altre , che ho esa¬ 
minato, vi si vedeva T un tronco sanguigno, che 
saliva dalla base per la faccia incassata nella in¬ 
cavatura D., e vi si diramava sensibilmente con 
qualche simmetria. 

Ripeto, che questa porzione E. della gianduia 
pituitaria non ha punto che fare con l’ imbuto , 
mentre che gli altri due lobi ne sono ( direi 
quasi ) due espansioni ripiene di parenchima 
bigio, o cinerizio-sanguinolento. 

Ardisco accennarle, che nei bruti la dura¬ 
madre al dissotto della gianduia pituitaria è assai 



GLANDULA PITUITARIA 45 

distante dall’ osso, benché abbiano insieme ade¬ 
renza al centro della sella turchesca, per uno, 
.0 più vasi sanguigni, che ne stabiliscono co- 
.stante il commercio. 

In risguardo all’ uso dell’ imbuto , e della gian¬ 
duia pituitaria, non ho neppure io nulla di certo 
da pronunciare, sicché mi contenterò di crede¬ 
re al WILLIS * che trovandosi questi, organi ge¬ 
neralmente in tutti gli individui di tutte le classi 
cognite degli animali, ed avendo nei quadrupe¬ 
di , e negli uccelli un volume più considerabile 
( relativamente, al cervello ) di quello , eh’ essi 
hanno nei crani umani, debbono pur servire a 
qualche uffizio per 1’ economia animale indis¬ 
pensabile , e molto importante. 

Inoltre il numero delle fiate, eh’ io vidi ben 
corredato l’imbuto , e tutta la gianduia di vasi 
linfatici nodosi, serpeggianti su tutta la loro su¬ 
perficie , e F osservare , che questa gianduia è 
tanto vicina a’ vasi grossi (come sono le arterie 
carotidi ) e ad emissari venosi, mi ha dato mo¬ 
tivo di conghietturare , che ella può collocarsi 
nella classe delle glandule depuratici della linfa, 
prima che questa ritorni al torrente della circo¬ 
lazione.* e caso, che fosse destinata ad un tal uso, 
non avria bisogno, d’altri condotti escretori, per¬ 
chè i vasi linfatici minori di numero , e mag¬ 
giori di diametro, che ne uscirebbono ( come 
si osserva nelle glandule del mesenterio in ris¬ 
guardo ai vasi chiliferi ) quindi trasmetterebbe» 
no la linfa purificata al suo destino. 


* Cerebri Anat . cap. XII. 



a 6 CAPITOLO secondo 
Un tale uffizio non è finora altro, che urta 
conghiettura ma sono altresì verità incontrasta¬ 
bili i. che io ho trovato l’imbuto bene spesso at¬ 
torniato di vasi linfatici, e che più frequente¬ 
mente ne ho trovata circondata la gianduia. 
a. che questa gianduia è di tessitura membranoso- 
vasculare all’ esterno , cellulosa-reticolata al di 
dentro : 3. che le cellule di questa interna sua 
sostanza sono piene d’ un umore fluidetto, ci- 
nereo-rossigno , coagulabile al fuoco : 4. che è 
situata fra i vasi maggiori dell’ encefalo in vi¬ 
cinanza di due grandi aperture , che guidano fuori 
di questa cavità , quali sono i canali delle carotidi. 

Mi resta per ultimo da accennarle , che se non 
la troverà per avventura in tutti i crani umani 
cosi distintamente divisa in tre parti, come è 
questa, che ho 1’ onore di presentarle , ciò di¬ 
pende dalla difficoltà, che s’incontra di spogliarla 
de’ suoi involucri membranosi , e vasculari, e 
che le riescirà poscia meno malagevole quando 
voglia avvezzatisi con 1’ occhio , e con la ma¬ 
no , in quella stessa guisa y che va riescendo al 

Suo Umiliss. mo Devota edObb. m ° ServS 
e scuoiare Vino* Malacarne, 





47 

ESEMPJ 


DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE 
ALLA SPLANCNOTOMIA. 



CAPITOLO 111, 

DILUCIDAZIONE D* ALCUNI PASSI DELL* OPERA 
DI AELERO CONCERNENTI LA STRUTTURA 
DEL CERVELLETTO UMANO. 

INfella edizione Bernese del 1778. dell’opera 
d’ Allero superiore ad ogni elogio intitolata— 
De partium corporis fiumani praecìpuarum fabri - 
ca et usu -U indefesso Fisiologo cita più e più 
volte la mia— Nuova esposizione della vera strut¬ 
tura del cervelletto umano^nel volume v 111., e 
particolarmente alle pagg. 39, 113, 115, 118, 
1 ic ), iai, 124, e 125, dove accenna la diffi¬ 
coltà , eh’ egli ebbe a capire la mia descrizione 
delie valvule semilunari del Ch. Tarin per ca¬ 
gione dei nomi novelli, che sono stato costret¬ 
to d’impiegarvi, giacché vi ho descritto mol¬ 
te cose novelle; indi alle pag. 126, 127, e 
alla 128, dóve confonde i miei fiocchi lamino • 
si con il plesso corìoid'eo del quarto ventricolo ; 
inoltre alle pagg. 130, 133, 134, alla 334, 
e alla 362, dove torna a confondere le parti 
suddette. 

Affine di togliere adunque ogni equivoco , 
che altri meno versato nella notomia potesse 
prendere leggendo le due opere mentovate , 
io trascriverò il Testo d’ Allero , e met¬ 
terò a piè d’ ogni particella del Testo mede- 



4 8 CAPITOLO TERZO 

simo l’esposizione di quanto viene inteso da me, 
e di quanto ha dato luogo alla difficoltà sud¬ 
detta. 

I. Lib. X. Sect. I. §. XI. Fabrica Cerebri. 

pag. jg. Nuper denique Cl. Vincentius Mala¬ 
carne in cerebello exemptis portionibus piàe-matris 
itìtimis vidit innumerabilia granula globosa versus 
superficìem laminarum dìsposita , ut medullae se 
immergerent d*. 

d* pag. 124. 

ARTICOLO 1. 

Dilucidazione della particella del Testo 
ALLERIANO sulla fabbrica 
del cerebro . 

V*g' A/!. , 

J24.XYJLÌ è riescito divedervi distinti innumera¬ 
bili corpicciuoli incassati gli uni fra gli altri, ap¬ 
punto come si osservano i granellini nelle me¬ 
lagrane : globosi verso la superficie dei foglietti, 
e delle lamine, si profondavano verso le lische 
midollari con certe code finissime , che sempre 
più bianche parevano quanto più alle lische si 
avvicinavano , e nella stessa midollare parallele 
s’immergevano. 

Nella nota delle pagg. 123, e 124 reco 
altri esempj di tale conformazione della sostanza 
del cerebro. 




CERVELLETTO UMANO 


49 


. 

II. Lib. X. Sect. II. Cerebellum. 

Pag. 113 CI. Malacarne in quadraginta cerebel- 
lis tredecies reperii nihil dijferre , in viginù et 
tribus cerebellum mollius esse , decem demum , ubi 
duriuSy et tria poiissimum duriora , quorum unum 
pene cartilagineum esset. z* 
z* Malacarne pag. 118. 119. 

ARTICOLO 11 . 

Della, durerà del cervelletto ragguagliata 
N. Es. a quella del cervello. 

pag * F 

118. JT ra 40. e più cervelletti da me curio¬ 
samente esaminati, i quaderni miei me ne pre¬ 
sentano tredici forse ugualmente duri che i cer¬ 
velli , de’ quali erano parte, e se ne toccava la 
cinerizia , o corticale sostanza; che se tocca- 
vasene la midollare, quella dei cervelletti era, 
assai più seguace , più resistente , e meno elasti¬ 
ca : * ventitré cervelletti erano assai più molli, 

che i loro cervelli .dieci cervelletti più duri, 

e più maneggiabili, che i loro cervelli, e cinque 
fra questi veramente singolari per la durezza, e 
per la elasticità della corticale, che però non 
uguagliavasi a quella della loro midollare. 

*z Fra tanti cervelletti , che ho notomiz- 


* Ivi pag. 1 1$. 
§. 130. 


d 




50 CAPITOLO TERZO 

feti, la durezza di tre mi parve stupenda, uno 
dei quali fu estratto dal mostruoso cranio dell* 
idrocefalo Saluzzese i V. cap. praec. §. XXXV. 
e LXXIII. ; il secondo da quello d’un sessagenario 
morto per li disordini fatti mentre era attaccato 
da una ostinatissima quartana, e sparato da me 
li 4. marzo 1775,; il terzo era di una puerpera, 
della quale ho già data in quest* operetta notizia. 

In risguardo al cervelletto d,el suddetto sessage¬ 
nario , che avea per nomp Giulio io scrissi una 
lunghissima lettera al Ch. sig. Brugnone allora 
Direttore della scuola veterinaria, data li 18. 
marzo 1775., e fra le altre cose le seguenti. 

“ Dopo d* averlo maneggiato per quindici 
v giorni continui, egli è ancora un cervelletto 
„ sodo , ed intiero , come se pur ora si fosse 
„ cavato da) cranio, non avendo perduto se 
,, non se alquanto di volume, e di colore u 



III. Ibidem 


Pag. 125. Dictum est , in animale nuper nato 
cqrticeam naturam cerebelli a medullari vix di¬ 
stingui. Verum sollicite inquirens CI. Malacarne 
I 3 ** utique edam ea aetate utramque naturarti di - 
stinctissimam reperii. 
p** p, ili. 



CERVELLETTO UMANO 


5 * 


ARTICOLO 111 . 

La corticale , e la midollare si distinguono 
anche nel cervelletto dei Feti. 

N. Es. 

Pag- D, 

m. X iù d*una fiata ho fatto vedere (nei bam¬ 
bini di fresco nati) non solo il cervello, ma 
anche il cervelletto , dove in questi o morti nel 
parto, o pochi giorni dopo , o morti nell’ ute¬ 
ro, si distinguevano agevolissimamente i due 
colori, ancorché il tutto fosse fluido , come la 
crema . In quelli però , che morti nel parto, 
erano stati lungo tempo fra le angustie del collo 
dell’ utero , la corticale era più rossigna , ben¬ 
ché assai bianca si conservasse la midollare. 



IV. Ibid. §. II. Cerebelli lobi. Vermis. 


Pag; n 8. Inferior n ( vermis ) inferiorem , et 
latìorem finem ventriculi quarti claudit o . 

n TARIN inferior in icone EUSTACHII L c. G. , 
ALBINI et VESALII f. XI. d. 

o Uvula Cl. Malacarne pag. 58 , 59 , e 60. 




CAPITOLO TERZO 


ARTICOLO IV . 

Z* wgo/<z cervelletto umano . 

ugola è composta di dodici foglietti lami¬ 
nosi , ed è sostenuta dai due larghi nastri, che 
abbiamo notato {78) spiccarsi dalle tonsille. Può 
avere sei linee d’estensione longitudinale, e 
quattro di traversa : £ piatta allo innanzi, ed 
all’indietro , dove ha molte lamine traversali 
parallele * 


* Ved. la nota alla pag. cit. della N. esp. 



V. Ibidem 


Eum inter , et nascentem medullam spinalem 
exit plexus chorioideus quarti vtntriculi , et in 
eranìi caveam propullulat , qui floccus est Vin- 
centii Malacarne. .... 

Nuper Vincentius Malacarne r * fusissime de - 
scripsit lobos 9 lobulos , lamìnas parallelas , fo- 
liola. 

Lobos dixit , superiorem anteriorem , superio- 
rem posteriorem , ihferiorem posteriorem , subtilem 9 
liventem (forse volea scrivere biventrem) cen~ 
tralem . 

Eorum loborum , et loborum ( e qui forse vo¬ 
lea scrivere lobulorum ) ipsas laminas nupierat » 



GERVELLETTO UMANO 53 

Distingua porro pyramidem laminosam , quae 
inverso cerebello , elevata meditila oblongata de- 
mum adparet. Involutarum laminarum estfiasciculus, 

r* de cerebello. 

Pag. li 9. Tunc Tonsiflas et ìpsis laminis com- 
posìtas unam utrinque adsidentem uvulae. 

Et uvulam longam conicamque , quae vulgo 
vermis audii inferìor , et valvulas semilunares 
duas quarti ventriculi TARINO dictas : et ex eo~ 
rum limbo eductum pediculum sustinentem floceos 
laminoso* inter plìcas piae membranae , et gra¬ 
nula plexus chorioidei positos 9 crispos, liberos , 
in cavum cranium propullulantes , suos habentes 
nucleo*. 

Demum nucleos medullares tectos substantìa 
corticali pene undique , numero decem , quorum 
princeps sit vermis G ALENI. 

ARTICOLO V. 

Le differente , che passano tra i fiocchi laminosi 
del cervelletto , e il plesso corioidèo 
del IV. ventricolo . 

X fiocchi ( scriss* io nella Nuova esposizione 
del cervelletto umano, alla pag. 6 5. ) stanno 
fra le confuse pieghe della vascularissima pia- 
madre , sotto la membrana aracnoidèa, e tra i 
fogliuzzi granellosi del plesso corioidèo del IV. 
ventricolo, dal quale sembra, che germogli. 
Sono composti di sei larghe foglie semicorticali, 
crespe, e frastagliate ai lembi liberi, o diciamo 
agli orli. Queste foglie sono sostenute da un 
cordoncino midollare, che quanto più si allon- 



54 CAPITOLO TERZO 

tana dal quarto ventricolo, acquista grossezza 
tanto maggiore, e finisce in un viluppo di fo- 
gliuzze accartocciate, granellose , confuse, le 
quali vi stanno appese mediante un numero pro¬ 
porzionato di picciuoli bianchi midollari. Tale vi¬ 
luppo è libero, curvasi verso la parte anteriore 
delle tonsille ; è convesso, e liscio verso del 
ponte. Molte volte il viluppo , che forma l’estre¬ 
mità libera del fioèco , è tutto foglie assai lar¬ 
ghe , spesse , e solcate dal canto della conca¬ 
vità del fiocco . 

La prima, la più bassa, e nascosta dèlie fo¬ 
glie , che si spiccano dal cordoncino , che loro 
serve di tronco, cuopre il picciuolo, e parte 
della faccia esteriore della seconda , cón 1’ orlo- 
suo, che sovente descrive un arco lungo quasi 
mezzo pollice. La seconda foglia suol essere lar¬ 
ga cinque linee, e nasconde il lembo fisso della 
terza, eh’è larga quattro linee, e così succes¬ 
sivamente fino al vero fiocco . Le prime foglie 
descritte sono anche aderenti alla fàccia inferio¬ 
re delle braccia del cervelletto ; le altre soltanto 
al cordoncino. 

I cordoncini, dai quali pendono i fiocchi so¬ 
no coperti da molti filuzzi nervosi, i quali so¬ 
no radici del nervo picciolo simpatico, e del 
vago. La porzione di cadun fiocco rivolta verso 
il ponte, s’appoggia contro il molle nervo au¬ 
ditorio , sicché per vederlo bene si debbono sol¬ 
levare , e togliere i filuzzi nervosi accennati. 

Finalmente tutte le foglie dei fiocchi sono ir¬ 
regolarmente solcate, ed hanno pure irregolar¬ 
mente laminose le faccie , e di tenera corticale 
coperte, 



CÉRVELLEttó UMANO 5 3 

Ognuno capisce agevolmente, che nella spo*> 
sizione qui recata, io ho sempre favellato di co¬ 
se appartenenti al cervelletto , annesse così stret¬ 
tamente al medesimo , che fanno parte d* esso , 
composta delle sostanze istèsse , ond’ è compo¬ 
sto il cervelletto, vale a direy di sostanza cine- 
rizia corticale, e di sostanza bianca , o midol¬ 
lare. Passiamo adesso a dimostrare che cosa sia 
il plesso conoideo del /v. ventricolo stato da me 
più-volte menzionato nell’ operetta citata , e par*- 
ticolarmente alle pag. 63. lin. 13., e segg., 6 <f. 
lin. 3. e seguenti, del quale Allero ebbe ra¬ 
gione di scrivere, che ‘‘ inter -vermena, et na- 
„ scentem medullàm spinalem exit, et in cranii 
„ caveam propullulat ; e giacché volle ono¬ 
rarmi con dare a tale plesso il mio nome, io 
mi veggo invitato a ripetere qui alla sfuggita 
quanto ne ho stampato alla pag. 63. dell’ope¬ 
ra ditata ,■ è a darne quella più ampia , ed esatta 
descrizione , che ne ho trasmesso al lodato sig. 
BrugnONE ' li - là. d* aprile , e li 14. maggio 
del- 1775. ' 

Nel Trattato del Cervelletto feggesi “ nel cra- 
„ nib 1 d* una puerpera ho trovate tutteddue le vai- 
,, ville (semilunari del tv. ventricolo) rilevate, 
„ ampliate, e ripiene d’ tirt prodigioso accfesci- 
„ mento del plesso corìòidèo del iv. ventri^ 
„ colo, largo in traverso linee ventidue, spesso 
,, ventuna nel mezzo, cioè al tuberculo lami- 
„ noso, ma ventitré è mezzo dalla cavità rom- 
,, boidèà del ventricolo ài centro del seno di 
,, ciascuna d’ esse. “ 

Dalle due lettere mentovate trascrivo le se¬ 
guenti parole « Vi ho già detto, che era gra- 



„ nelloso, e che occupava non solo tutta l’aja 
„ del iv. ventricolo, ma anche amendue i seni 
„ delle valvule semilunari, che aveva allonta- 
9t nate dallo sfondo romboidèo per lo spazio 
*' di ventuna linea e piu , aveva dilatato strana- 
„ mente. 1’acquidotto di Silvio, depressa la pia 
„ madre, e la membrana aracnoidèa giù ne 
„ canaje della spina di modo , che avendo io 
y , spiccato quel teschio dalla seconda vertebra, 
„ il plesso corioidèeo del /v. ventricolo sbuca- 
,, va dal foro dell* atlante, e ne lo riempiva 
„ tutto, perchè la midolla spinale si era riti- 
,, rata iq alto .... 

,,Era distinto in tre lobi : il più piccolo era 
„ quello di mezzo , bislungo, che saliva fino nel 
„ terzo ventricolo, al quale arrivava ottuso e gra- 
„ nelloso, grosso come il, mignolo, dopo d’avere 
,, sollevatp il velo midollare , che stendesi dai te- 
,, sticoli al nocciolo del raffe , e allungate in, tra- 
„ verso le lische midollari parallele , poste verri- 
„ calmente 1’una sull’altra , che fanno la com- 
„ messurà posteriore del terzo ventricolo, e eh’ io 
„ sono stato il primo a descrivere.* 

„I due lobi laterali, che ne facevano la mag¬ 
giore massa , empievano il seno delle vaìvuTe 
„ semilunari, e mandavano parecchie appendici 
„ granellose per la allungata, e dilatata penna da 
,, scrivere fino oltre alla vertebra atlante. 

„ Serviva di picciuolo comune a tuttettre i lobi 
„ descritti del plesso un’ arteria grossa cpme il cep- 
,y po d’una penna di corvo , coperta d’ una vena 


* Vidi Encefalot. Parti IL pag . jó. 



CERVELLETTO UMANO 
„ livida , grossa il doppio dell* arteria. Discende- 
„ vano unite da|.un foro scolpito nel centro del 
„ terzo superiore dello sfondo romboideo, e dopo 
„ il tragitto di quattro linee circa , producevano 
,, tre grossi rami , il superiore dei quali ascende- 
„ va a diramarsi nel lobo di mezzo , gli altri due 
,, divergenti si distribuivano nei lobi laterali. Non 
„ mi fu possibile di scoprire da quale tronco aves- 
„ se origine 1’ arteria , nè dove mettesse foce la 
,, vena , perdi* era già stara inavvertentemente 
„ spogliata della pia-madre tutta la base del cere- 
,, bro prima, che , distrutta la tenda , io mi fossi 
„ rivolto alla notomia del cervelletto j e nel ca- 
,, vare dall* acquidotto il lobo mezzano, traendo 
„ tutto il plesso verticalmente in basso , il picciuo- 
„ lo si svelse dalla midollare , e il foro si chiu- 
„ se : facendo però strisciare su per Io solco cen- 
„ trale dello sfondo romboidèo la testa d* un ago, 
„ essa in quel foro insinuossi senza difficoltà, e 
„ indicò una direzione obbliqua in alto verso l’an- 
,, tro dei nervi motori comuni degli occhi ; ma 
„ non avrebbe; penetrato sino a quel sito, se io 
„ non vi avessi usato qualche violenza. 



VI. Ibidem III. Crura cerebelli. 


Pag. no. Crura cerebelli vocant ^ , et crura. 
minora medullae oblongatae a , et aliis etìam 
nominibus. 

I VIEUSSENS p . 8 1 . tab. 5 , 14 , 15 , 16. 

Vide edam Iconem RUYSCHII Epist. 12. tab, 15. 
f. 6 . Mavult brachìa dicere cl. Malacarne* 



5 * 


CAPITOLO TERZO 


articolo vi. 

Delle braccia del cervelletto. 

N. Es. 

pag-T 

72. Al grosso prolungamento di tutta la mi¬ 
dollare dei noccioli , delle lastre , e delle li* 
sche, di cui già si è data notizia, forma le 
braccia del cervelletto * 

* Allero le nomina gambe ; pure negli uo¬ 
mini il còrso di cotesta sostanza è piuttosto oriz¬ 
zontale, e non diretto perpendicolarmente in 
basso , come negli uccelli ; oltracciò le gambe 
del cervello ne sono abbracciate in avanti. 



VII, Ibidem 


Pag. 121. Cl. Malacarne pene eodem modo de - 
Hribit ( protuberantiam annularem ) 

1. Fibras transversas esse : 

2. Daae fasciae medullares lacera tenent sulci 
medullae oblongatae : 

3 . Flanum cineruium subfuscum : 

4. Fibrae longae albae sequentes ductum fibra 
rum pontìs : 

6. Fibrae transversae , et distinctae a fibris me - 
dullaribus longitudinem sequentibus. g* 



CERVELLETTO UMANO 


19 

Praeterea aliqua tamen in fibris a cerebello natis 
ebliquitas est. 

Quae in ponte posteriores sunt , eae proveniunt 
ab anterioribus fibris cerebelli : hae transrersae 
magis. 

Quae anteriores , et propiores superficiei, eae a 
cruris cerebelli fibris imìs posterioribus nascntur , 
et eaedem paulum ascendunt. 

A medulla , quae proxime dicetur , oblongata 
vallecula i separatur , quae in medio profundior, 
rasa in medullae crassitiem ducit. 

g* De cerebello p. 76, 77 * 7 8. 

i RUISCH. /oc. cit. 

ARTICO LO ni, 

Sulla struttura del Ponte dèi VAROLio 

In risguardò alla struttura interna della protu¬ 
beranza annullare , io trascriverò le mie osser¬ 
vazioni già pubblicate nella Nuova Esposizione, 
aggiungendovi però quelle notizie, che ho ri¬ 
cavate dalle Ultime mie dissecazionr. 

Dopo d* averne esaminata la costante, assai 
visibilmente striata disposizione traversale delle 
fibre midollari esterne, soglio raschiare la pro¬ 
tuberanza a seconda della direziòné delle mede¬ 
sime fibre , cioè in traverso ad ambi i lati , co¬ 
minciando sempre dal solco , che dà ricetto all' 
arteria basilare , e riceve in numero maggiore i 
vasi alla medesima destinati. In tal foggia si 
discuopre meglio in mezzo a due strati di fibre 
traversali. quella robusta coppia di fasci paralleli 
di fili midollari , che dalla parte anteriore delle 



6o CAPITOLO TERZO 

gambe del cervello negli uomini discendono ad 
occupare sulla midolla allungata i lati del sòl- 
chetto anteriore ; fasci, che vengono da me 
appellati k fascie . - 

Le lunghe fila paralelle di queste sono im- 
„merse in una sostanza cinerizia polposa, non fi¬ 
brosa , nè filamentosa , nella stessa guisa , che 
vi stanno immerse le fila midollari traverse del 
secondo strato, appartenenti alla protuberanza. 

Sollevato questo secondo strato, e rivolte in 
basso le porzioni superiori delle fascie ( accioc¬ 
ché se ne veda la continuità con le inferiori 
incollate , ed apparenti senz* altra preparazione 
sulla faccia anteriore della midolla allungata) si 
trova un piano di sostanza polposa assai fosca, 
la quale nasconde un nuovo strato di fibre lon¬ 
gitudinali bianche , seguenti la direzione delle 
gambe del cervello verso la midolla allungata. 

Questo terzo piano si appoggia sópra una so¬ 
stanza ancora più fosca , distrutta la quale , si 
incontra un altro piano di fili traversali, distinti, 
mediante una lastra midollare uniforme , dalle 
fibre longitudinali , che fanno il maschio della 
midolla discendente allo ’ndietro dalle gambe 
del cervello. 

Havvi inoltre qualche obbliquità nella dire¬ 
zione delle fibre del cervelletto , che vengono 
pure a formare la protuberanza annullare , e la 
accennò anche AlleRO : infatti le posteriori , 
che sono eziandio le più interne della protube¬ 
ranza , vengono ordinariamente dalla parte su¬ 
periore anteriore del cervelletto , quasi dal di¬ 
sotto della porzione ascendente delle braccia ^ 



CERVELLETTO UMANO 6 I 

ed hanno minore convessità , che la faccia an¬ 
teriore delle gambe del cervello. 

Le fibre più superficiali, anteriori, più arcate 
della protuberanza nascono dalle parti diretane 
più basse del cervelletto, e salgono considera- 
bilmente prima di giungere alla maggiore con¬ 
vessità della protuberanza medesima. 

Fra il terzo strato delle fibre midollari appar¬ 
tenenti a questa , e il massiccio della midolla 
discendente dal cervello, ho detto esservi una 
lastra midollare uniforme : questa è concava ai 
davanti, convessa all* indietro , pochissimo di¬ 
stante dall’ aja romboidèa del quarto ventricolo. 
Il diligentissimo anatomico Parigino Pietro Ta- 
RIN è stato , a mio parere, il primo a darcene 
notizia negli suoi preziosi Quaderni anatomici 
Tav. II. Fig. i. Lett. cdvb. Nella maggior parte 
dei cervelletti corrisponde esattamente ai pun¬ 
tini, e alle lineette comprese nello spazio indi¬ 
cato di quella figura. Per vedere schietta, e con 
facilità quella lastra in tutti i cerebri umani , si. 
taglino questi verticalmente in maniera , che 
tanto la colonna midollare centrale, quanto la 
protuberanza , vengano spaccati per la loro al¬ 
tezza , ed i bracci del cervelletto restino divisi 
il destro dal sinistro. 

Nei quadrupedi la protuberanza annullare è 
piatta, per ogni dimensione molto minore delle 
umane ; al margine inferiore ha due grosse la¬ 
stre midollari, spesse , collocate in traverso pa- 
ralellamente al margine stesso ; e queste lastre 
dal lato esterno delle fascie midollari vengono 
fino sul margine pure esterno vicino della faccia 
anteriore della midolla alhv%ata. Da questa ul- 



rii CAPITOLO TERZO 
tima estremità loro, eh’è più distante dal sol¬ 
co centrale della suddetta faccia , esse get¬ 
tano le radici dei nervi piccioli simpatici ; ma 
negli uomini (che sono tutti privi di tali lastre ) 
i nervi mentovati nascono da due fossette cir¬ 
coscritte dal margine inferiore della protuberanza 
in alto, in basso dai corpi olivari , verso il 
centro della faccia dalle fascie, ai lati della me¬ 
desima dai processi, dal cervelletto alla midolla 
spinale. 

Negli uccelli, alquanto inferiormente al li¬ 
vello dei talami voti, la midollare dei cervelletto 
si raccoglie sui lari per formare due grosse co¬ 
lonne lateralmente rotondate, piatte verso il 
centro dell’ encefalo. 

Queste si piegano sulle faccie laterali della 
colonna midollare centrale risultante dalla so¬ 
stanza midollare , che si allunga dagli emisferi 
del cervello, dai lobi, e dai talami, alla quale 
AlleRO dà il nome di gambe del cervello , al¬ 
tri quello di braccia della midolla allungata, e 
non pochi quello di peduncoli de! cervello , vi 
passano sotto, la destra si confonde con la si* 
nistra, e si mantengono amendue alquanto pro¬ 
minenti in tutto il corso loro , formando cosi 
la protuberanza annullare degli uccelli, ossia il 
ponte del Varolio. 

Tutta la lunghezza della faccia inferiore del 
ponte nelle oche, e nelle anitre non ha mai 
presentato agli occhi miei solco veruno distinto ; 
ho bensì trovato solcata la faccia anteriore della 
midolla allungata corrispondentemente alla cresta, 
che si vede sul pariete posteriore del catino, 
la quale è molto più rilevata in alcuni uccelli 



CERVELLETTO UMANO 6 3 

di rapina, come nel nibbio, nel falchetto, nello 
sparviere, e nella crivella, nei quali appunto il 
solco della midolla allungala , che vi corrispon¬ 
de , è assai più profondo, ed apparente , come 
dimostrerò nella Encefalotomia degli uccelli , che 
si va stampando fra le Memorie della Società 
Italiana di Verona , delle quali si comincino a 
vedere i volumi 1 ., e 11, 



Vili. Ibidem §. IV. Processus a cerebello 
ad testes. 


Pag. 113. Longitudinem reliquam ejus proces¬ 
sus ( a cerebello ad testes ) ad cerebellum usque 
conjungìt z cum sodali tennis medullaris lamina 
a , rubra tamen , in feliciorìbus dissectionibus , et 
vasculosa superficie oblita b , obducta pia mem¬ 
brana c , sursum angustior d , deorsum fere pa- 
rabolice dilatata , caeterum perpendicu,laris e. 
z Tarin L. c. Bonhomme tab, 7. 
a JFiXSLOjr n. 97. Expansionem ttnuem vo- 
cat Stenonius p. zq. 

b Tota cinerea , vulgo striis medullaribus , & 
corticalibus varia Gunz de gland. pineal. 

c Lieutaud L. c . Bonhomme ibid.& intus 
membrana pulposa vestiente quartum v entri cuium t 
et extus epitelio pag. 108. 

d Quadratam facit TAR 1 NUS tab. a. fig. z. 
1 . L. tab. 3. f. z. inverse parabolicam , et deor¬ 
sum angustiorem Fieussens X lì» ovalem LlEU - 
TAUD pag. 397. 

e lcon Tarin tab, 3. f. 2. 



64 capitolo terzo 
pag. 124» Eam posterìus vermis superior con - 
tìngi e etfiilch , eam ventriculus quartus est. f. 

Valvulam magnani cerebri g a similitudine alì - 
vocant etc. 

{. Confer. T ARiN §. 1. tab. 1. ld vocat ver- 
dorso glutiorum adhaerere ORIBAS 1 VS p. 14, 
g Fieussens p. j6. Lieutaud. Vclum 
apophysi vermiformi obtemum DrelinCOURT 
praelud. pag. 185. cui , aut STENONIO videtur 
laus inventi deberi} Sibi trìbuit CI. D RE L 1 N COURT 
sed praeludia an. 1670. prodìerunt, STENONis 
lìbeilus an. 1669. Nisi est tenuis nec debilis mem¬ 
brana , quae superiorem partern ventricùli quarti 
tegit , eademque glutium uteumque conjungit , et 
finis est vermis articulati GALENI de util. part. 
I. 8. c. 14. Oribasii p. Ì2. in cane eam val¬ 
vulam reperi. Nomen valvulae rejìcit Cl. Mala¬ 
carne. 

Ab ea valvula , ejusque margine ex tenori L fi- 
brae exeunt, quae trans processum ad testes ex- 
currunt .... 

pag. 125. Earum aliae uniuntur , et circumvo- 
lutae ad cerebri basin , inter idy et cerebellum, 
denique sunt nervus quarti paris L*. 

L Strias in ista valvula , sed numerosiores de- 
pingìt Tari il f. 2. 3. strias etiam ud citavi • 
mus Gunzius vidit. 

L* Negai eas se vidisse Cl. Malacarne. 

Sed aliae ejusdem tractus fibrae , etiam tres , 
cruri cerebelli se reddunt , quod pontem facit , et 
in ejus pontis fibras transversas continuantur m. 

m. Fascio, vili. pag. io. noe. v. Malacarne 
pag. 11 5 . 1 >6.- 



CERVELLETTO UMANO 6 5 

Denique hic repeto , fibras duas , teneras , la* 
tìusculas , a parte inferiori crurìs magni cerebelli, 
ad pontem accessisse , pariter transversas n. 
n. Ihìd . 

ARTICOLO Vili . 

Sul velo midollare . 

Il fine , che mi sono proposto nel pubblicare 
il presente estratto, si capisce di leggieri essere 
stato non solamente il dilucidare que’ passi delia 
mia Nuova esposizione della vera struttura del 
cervelletto umano , che possono sembrare o equi¬ 
voci , o erronei , ma altresì 1* accrescere il nu¬ 
mero delie verità , e minorare quello degli er¬ 
rori introdottisi nella notomìa dell’ encefalo. Ec¬ 
comi perciò di nuovo in campo contro l’invec¬ 
chiata opinione , che il quarto ventricolo sia se¬ 
parato dall’ acquidotto di Silvio mediante una 
valvula , eh’ io credeva pienamente abbattuta 
dalle osservazioni recate nella citata mia ope¬ 
retta, dov’ io ho detto, che “ le porzioni ascen- 
„ denti delle braccia del cervelletto, sono se- 
„ parate in alto dall’acquidotto, in basso dalla 
„ metà superiore dell’ aja romboidèa del iv ven- 
„ tricolo , e che sono intimamente unite con i 
,, testicoli, dai quali si allunga in basso una 
„ lamina midollare , chè si va allargando a mi- 
„ sura , che divergono le porzioni accennate , 
„ sui margini delle quali essa prende strettissima 
„ aderenza , e fa il parete diretano dell’ estre- 
,, mità inferiore dell’acquidotto, e della supe- 
,, riore del iv. ventricolo. Quindi sempre al- 



66 CAPITOLO terzo 
, largandosi viene ad immergersi nella rnidol- 
” lare , che ne fa la volta , e nel nocciolo del 

raffe. Questa è quella porzione del cerebro , 

eh’ io ho dimostrato, prima di nissun altro 
9t anatomico, avere tenuto fin’ ora molto im- 
}1 propriamente il nome di valvula grande, del 
,, cerebro , perchè piacque al celebre notomista 
„ ViEUSSENS di cosi nominarla. 

,, Io non posso credere,, che cotesto gran- 
9Ì de anatomico avesse davanti agli occhi un 
,, cerebro umano naturale , quando scrisse , 
„ che „ la sua valvula è una produzione mi- 
„ dollare , membranosa , coperta d’ una somi- 
,, gliante produzione della pia-madre seminata 
„ di sostanza glandulosa poco diversa da quella, 
,, che dicesi corticale del cervello ; che è ade- 
,, rente all* appendice vermiforme anteriore , e 
s , a quegli allungamenti midollari, cui mediante 
„ i testicoli comunicano col cervelletto; e che 
„ si trova congiunta con il margine posteriore 
,, del ponte, soggiungendo: Ex quibus eam 
„ quarti ventriculi cavitati» anticae parti in- 
,, stratam esse , et aquae emissarium circa po- 
,, steriota excludere intelligitur ..... proindeque 
v illam valvulae vices gerere asserimus. J£x quo 
,, fit, ut habita ratione officii, et magnitudinis 
,, illius, ipsam valvulam cerebri majorem no- 
,, minemus, ut eam a membranacei ligamentis 
„ distingtìamus, quae intra longitudinali», et 
,, làteralium sinuum cavitatés, valvularum mi- 
„ norum vices supplent, et munia praestant *. 

* Vide Nevrograph. etc . pag.j 4, 7 t.edition, 
Lfigdunens, 1684. in foli 






CERVELLETTO UMANO 6j 

E tanto meglio sono persuaso, cheViEUS- 
SENS non ha ricavato la descrizione qui recata 
dai cervelli umani, quanto piu costantemente 
ne ho veduto le traccie nei cervelli dei qua¬ 
drupedi, e particolarmente de* buoi , siccome ne 
ho dato notizia al già più volte lodato sig. BRU- 
gnone nelle mie lettere del mese d’ agosto 1775, 
il contenuto delle quali è stato pubblicato nella 
Nuova Esposizione alla pag. 103., e segg. Ma 
nell’encefalo umano mai non ho potuto ravvisar¬ 
vi rassomiglianza veruna, non essendovi appen¬ 
dice vermiforme, che per deprimere il velo si 
Ripieghi in basso , nè sotto 1* arco, e neppure 
nel volto semilunare in quelle pagine della ci¬ 
tata operetta descritti, com’ io gli vedeva nella 
vitella, e come gli ho poscia veduti elegantis¬ 
simi nel lepre, e poco diversi in tutte le spe¬ 
cie dei quadrupedi nostrali, che ho notomizza- 
ti , dal sorcio, dalla talpa, e dalla donnola ali* 
asino , al cervo , ed al cavallo . 

Questo velo negli uomini non ha nè seno, 
nè lembo libero ; è però soggetto a quelle va¬ 
rietà , che alle pagg. 108., e 109. della Nuova 
Esposizione sono espresse. 

Negli uccelli è del pari visibile, che questo 
velo non ha nè la figura, nè l’uso d’una vatvula, 
come vedrà chi avrà la pazienza di leggere le 
osservazioni mie seguenti , eh’ io trascrivo dalla 
Encefalotomia dei medesimi. 

Distrutta la loggia ossosa del cervelletto , ri¬ 
mossi i tubercoli cinerizi! dei ventrìcoli laterali, 
e le ale del corpo calloso di maniera, che ne 
resti scoperto il terzo ventricolo , e la commes¬ 
sura posteriore, si deprima indietro il cervellet- 


68 CAPITOLO TERZO 

to , e si scostino i fili inferiori della suddetta 
commessura , intanto si spinga dolcemente il fia¬ 
to contro il termine posteriore del terzo ven¬ 
tricolo verso T acquidoso , e tosto si vedrà sol¬ 
levato un tenuissimo velo bianco, trasparente, 
e molto arrendevole, il quale non sarà più vi¬ 
sibile quando si cesserà di spingervi 1* aria. 

Questo sottilissimo velo midollare a misura , 
che si esamina piu in basso, cioè verso il cer¬ 
velletto, si trova sempre più denso, e piu ro¬ 
busto per lo tratto maggiore d’una linea ; e i 
lati di questo addensamento, le fibbre del quale 
scorrono visibilmente in traverso , sono una con¬ 
tinuazione della sostanza delle parti vicine dei 
talami dei nervi ottici; ma l’angolo inferiore 
dei lati medesimi, con vari fiiuzzi distinti, dà ori¬ 
gine ai nervi patetici. 

La medesima lastra midollare traversale fini¬ 
sce in apparenza, mediante un lembo inferior¬ 
mente libero, contro la faccia anteriore del 
cervelletto; infatti più basso del segmento, con¬ 
tro del quale si appoggia il lembo mentovato , 
prima che l’occhio distingua la vicina parete 
posteriore del iv. ventricolo, si contano an¬ 
cora in alcuni uccelli tre, in altri quattro , ed 
in alcuni altri fino a cinque segmenti cinerizi, 
dei quali l’ultimo, ossia il più basso al davan¬ 
ti, può vedersi di basso in alto su per la ca¬ 
vità del iv. ventricolo stesso tra i peduncoli 
del cervelletto , fra i quali tale segmento si 
caccia a guisa di cappezzolo ; a tal fine basta , 
che si deprima il cervelletto in avanti, e se ne 
scosti la midolla allungata; eppure non è così. 
Dall 5 orlp posteriore della descritta lastra si prò» 



CERVELLETTO UMANO 6$ 

lunga lo stesso velo midollare, però assottiglia¬ 
to molto più della più trasparente lamina del 
talco , e della più pellucida pellicola dei lobetti 
dell’aglio : ed appunto per questa somma sua 
sottigliezza , trasparenza , ed arrendevolezza non 
si vede punto cangiato il colore xerampelino del 
cappezzolo suddetto , che pure n’ è vestito. Si 
rende visibile questo velo tenerissimo allorquan¬ 
do si ha recisa in traverso tutta la sostanza dei 
cervelletto , che supera in altezza il livello della 
faccia superiore dei talami, potendosi con tale 
metodo meglio sollevare gli ultimi segmenti an¬ 
teriori del cervelletto per favorire il sollevamen¬ 
to del velo suddetto, e per farlo gonfiare a 
foggia di bollicina, spingendovi nuovamente con 
discretezza il fiato o per 1’ acquidoso all’ ingiù, 
o per lo quarto ventricolo allo ’nsù. Nelle oche 
vecchie suole trovarsi denso , bianco , e assai 
meno trasparente, che in molti altri volatili, 
per la qual cosa nasconde affatto 1* ultimo seg¬ 
mento del cervelletto , e si vede a continuarsi 
distintamente con la sostanza midollare , che oc¬ 
cupa 1* interno del cervelletto, che è fatto a 
guisa d’ un semicono voto, con la base rivolta 
all’ingiù verso lo sfondo romboidéo. 

1 Per vederne poscia ancora più distinta la con¬ 
tinuazione con la mentovata sostanza midollare 
interiore del cervelletto , si tagli questo vertical¬ 
mente quanto è alto di maniera, che si riduca 
in due porzioni, una destra , e l’altra sinistra , 
queste si scostino l 3 una dall’altra, e tosto si 
vedrà la midollare della faccia anteriore del se¬ 
micono a sollevare il velo , con il quale è con- 


7 0 CAPITOLO TERZO 
tinua, e a lacerarlo quando si scostino sempre 
più le due parti nella suddetta guisa tagliate. 



IX. 


Valvulas autem novas semicir culares inferiores 
et posteriores Cl. TARINI o .. .. nunc quidem 
non facile recordor cum quanam a me visa par - 
ticula passim comparare. Easdem valvulas CL 
Malacarne fuse describit , ut tamen ob nova no¬ 
mina rerum diffcilius intelligatur. Oriri ex ab - 
scansa maxime parte petioli floccorum a limbo 
interno irium planorum priorum ; duo facere satis 
ampia robusta vela , quae eant ad tuberculum 
suum laminosum/ rejerrt hirundinum nidos , adhae- 
rere tonsillas, ad particulas vermi adeumbentes r 
adque basin uvulae ( vermis inferi o ris ) et dextram 
valvulam cum sinistra conjungi. Earum cavum 
sursum respicere partem supeùorem quarti ventri- 
culi p. 

p p. 61. ad 68. 

ARTICOLO IX. 

Dilucidazione del testo Alleriano sulle valvule 
semicircolari del cervelletto. 

Eccoci al passo dell’ opera di Allero , che 
venne considerato da alcuni come una severa , 
ma giusta critica di tutto il mio trattateli© sul 
cervelletto. Allero dice, che io descrivo dif¬ 
fusamente le valvule nuove semicircolari del Ch. 



CERVELLETTO UMANO jt 

TaRIN , in maniera però , che la mia descri¬ 
zione s’intende più. difficilmente a cagione dei 
nomi nuovi delle parti da me state ivi menzio¬ 
nate. Allero non sapeva di quali particelle del 
cervelletto in questa descrizione si trattasse, e 
probabilmente non avea più avuto 1 * agio di as¬ 
sicurarsi , che nel cervelletto umano si trovas¬ 
sero e i fiocchi con il loro cordoncino midolla¬ 
re, e il tubercolo laminoso , e 1 " ugola , e le due 
tonsille ; sapeva dunque tanto meno orizzontarsi 
e riguardo al sito di ciascheduna di tali parti- 
celle assoluto , e in risguardo al sito loro rela¬ 
tivo alle valvule semicircolari del Tarin, la 
descrizione esatta delle quali mi ha obbligato di 
mentovare ; ed ecco spiegato , d’onde sia nata , 
presso di quello per altro diligentissimo noto¬ 
mista , la difficoltà di capire il mio scritto. 

Per togliere a tutti i curiosi di notomia in¬ 
tieramente una tale difficoltà, presento ai me¬ 
desimi il metodo , del quale io mi soglio ser¬ 
vire per dimostrare agli allievi miei le accen¬ 
nate valvule. 

Tengo volto sossopra un cervelletto diligen¬ 
temente spogliato di tutta la pia-madre , ne al¬ 
largo la valletta ( quel profondo , e largo solco, 
dal quale tutta la faccia inferiore del cervelletto 
è naturalmente divisa per la sua lunghezza ) ne 
discosto le tonsille dai fiocchi, cioè comprimo 
le tonsille, come per ispingerle indietro, e in¬ 
fuori ; poscia guido uno stecco di penna , o il 
manico sottile d’una tenta, oppure anche la 
punta del nefrotomo rasente , la volta del IV. 
ventricolo d’ alto in basso , e indietro, partico¬ 
larmente dai fianco interno dei cordoncini dei 


71 CAPITOLO TERZO 

fiocchi obbliquamente verso il tubercolo lami¬ 
noso , e ne sollevo il lembo libero delle valvule, 
onde conoscerne l’estenzione , e la capacità * „ 

In tal modo anche i meno esperti agevol¬ 
mente discernono le rughe, che risultano daiP 
avvallamento dei lembi liberi delle valvule me¬ 
desime. 

Sovente perchè si possano meglio distinguere 
questi lembi, eziandio senza introdurre nei seni 
delle valvule strumento veruno , basta sollevare 
alquanto il tubercolo laminoso , o i fiocchi , per¬ 
ciocché senza impiegarvi una minima violenza, 
distintone un angolo , tutta la rimanente esten¬ 
sione del lembo della valvula corrispondente a 
quel fiocco si discerne. 

Ripeterò qui di buonissimo grado , affinchè 
tutti gli Anatomici possano intendere più facil¬ 
mente le annesse parole di Allero , che le 
valvule semicircolari del Tarin principiano dalla 
estremità piu nascosta alle tonsille sotto i cordon¬ 
cini midollari dei fiocchi, e dall* interno lembo 
delle tre prime foglie dei fiocchi medesimi : quin¬ 
di la tenue lamina midollare, che le forma, si 
allarga a segno di rendere la capacità del iv. 
ventricolo assai più ampia di quello, che co- 


Le tonsille formano due grossi gomitoli di la¬ 
mine , che occupano uno per lato la estremità della 
vailetta più vicina al iv. ventricolo : i fiocchi 
sono già stati da me poco addietro nuovamente 
descritti , e si vedono sui lati anteriori della fac¬ 
cia inferiore del cervelletto tra le tonsille, e la 
midolla allungata . 




cervelletto umano 73’ 

muneménte si crede. Acquistandosi dalle valvule 
a poco a poco la forma del nido di rondine, 
toccano le tonsille, confondendosi con la midol¬ 
lare, che ne forma anteriormente la base ; se 
ne confonde pure il lembo fisso con i sostegni 
dell* ugola , e va a finire nella base, e nella 
faccia anteriore midollare del tubercolo laminoso. 

Spieghiamoci ancora in altra maniera per dare 
maggiore chiarezza alla nostra sposizione. 

il lembo fisso delle vulvule semicircolari del 
iv. ventricolo è aderente alla faccia inferiore 
del cervelletto,attaccato alla base delle tonsille , e al 
margine anteriore dei sostegni midollari comuni a 
questa, e ali’ ugola come altresì alla base òq\Y ugola 
stessa dove , mediante il tubercolo laminoso , che 
serve a tutteddue le valvule d’ attacco Comune , 
la valvula destra si congiunge con la sinistra. 

La loro cavità corrisponde alla volta del iv. 
ventricolo fatta dalla porzione anteriore tutta 
midollare della faccia inferiore del cervelietto , 
di maniera, che la loro apertura nello stato na¬ 
turale è rivolta in avanti, e il lembo libero ne 
sta pendente in avanti , ed in basso quando per¬ 
mettono ì ligami, onde dalla pia-madre sono» 
imbrigliate tutte queste parti. 

I cani, i montoni, i cervi , i cavalli, i buoi 
ne hànno qualche vestigio.* non ne ho saputo 
ravvisare mai alcuno negli uccelli, forse per la 
somma sottigliezza loro. 

Negli adulti d’ ordinaria corporatura , il lem¬ 
bo libero di ciascheduna di queste valvule , nel¬ 
lo stato naturale , è lungo nove linee dal cor¬ 
doncino dei fiocchi al tubercolo laminoso ; dall’ 
orlo al sito più profondo della sua immersione 



CAPITOLO TERZO 


74 

nella midollare delle tonsille, la lamina , effe 
forma le valvuU , ha cinque linee di larghezza. 

Il plesso corioidho del iv. ventricolo mostruo¬ 
so già stato qui rammentato , era contenuto in 
parte nelle valvuU semicircolari , che in quel 
cranio erano spesse come sono ordinariamen¬ 
te i corpi fimbriati del cervello nelle corna d? Am- 
mone\ erano bianche, composte di sostanza, 
midollare non distintamente fibrosa ; erano ela¬ 
stiche , molto resistenti, e ciò per avventura si 
riebbe attribuire alla robustezza dell’epitelio, del 
quale si trovavano vestite. L’ orlo del lembo li¬ 
bero ne era più spesso, e più candido, che 
tutto il rimanente delle valvuU , e la spessezza 
ne era pur anco maggiore agli angoli, vale a 
dire ai cordoncini dei fiocchi , ed al tubercolo. 
Ai medesimi angoli appariva un non so che di 
fibroso, disposto a raggi, che svaniva a misura, 
che si scostava divergendo dagli angoli. Il fi¬ 
broso però più visibile si scorgeva sull’orlo più 
prossimo all’ angolo esterno, cioè ai cordoncini 
dei fiocchi . 



X. 

Qua prodii ( plexus chorioideus ) de venirteli - 
lo p* , aqua facile sibi in medullae spinalis cir• 
cumjectum spatium aditum parat, 

p* E am partem Cl, Malacarne dixit floccos la¬ 
mi nosos. p, 65. 



CERVELLETTO UN ANO 


7f 


ARTICOLO X. 

Altra dilucidazione sul fiocchi , e sul plesso. 

uesto è alquanto oscuro , e sembra indi¬ 
care , che io do il nome ài fiocchi laminosi al 
plesso corioldèo del iv. ventricolo, oppure a 
quella parte dell’unione dei cervelletto con la 
colonna midollare centrale del cerebro, dalla 
quale il plesso corioidèo si allunga in basso. 
Dalle precedenti spiegazioni però si ricava, che 
i fiocchi laminosi del cervelletto sono due par¬ 
ticelle distinte , pendenti dalle braccia del cer¬ 
velletto ai lati del iv. ventricolo ; che il plesso 
corioidbo è una sostanza vasculare, granellosa , 
distintissima dai fiocchi, sebbene esca dal iv. 
ventricolo propio nei sito più vicino ai fiocchi j 
per la qual cosa si capisce il eh. Allero avere 
avuto confusa idea delle particelle da me de¬ 
scritte . 



XI. 


pag. 130. Cl. Malacarne duas ex partihus sulco 
( calami scriptorii ) opposìtis taenias accedentes 
ad portionem duram describit , alias vero ad mol- 
lem ; iterum alias cinguli modo se addere ad pat 
vagum y*. 

y* L . c. p. n%. np 



CAPITOLO TERZO 

ARTICOLO XI. 


Novero dei dii nervosi , che escono del IV. ventrìcolo „ 
§. 1 . Dei fili nervosi accessorii 
'al paro vago . 

Tr aila metà inferiore dello sfondo romboi¬ 
dèo sorgono ben sovente due filuzzi per lato , 
i quali scorrono per quella lanuggine , e a fog¬ 
gia di cinghia si piegano intorno alla sommità 
della midolla allungata fino verso i corpi oli¬ 
vari; si curvano al davanti, e in giù , e appe¬ 
na giunti al risalto dentato , o al solco , onde 
gli olivari vengono distinti dai piramidali , si 
confondono con le radici del paro vago , e con¬ 
corrono a formare quel plesso triangolare, dalla 
punta del quale risulta il tronco del paro men¬ 
tovato. 

§. 1. Dei fili accessorii al paro patetico. 

Sebbene alla pag. 114. della Nuova Esposi* 
qione io abbia scritto non avere mai ritrovato 
filuzzo , che dirigga il suo corso verso il paro 
patetico, o verso i testicoli, dalla cavità del iv. 
ventricolo , sono però stato in progresso di tem¬ 
po più felice nelle mie ricerche , ammaestrato 
dal Ch. AlleRO , ed ho talvolta veduto quattro, 
sei, e fin otto filuzzi, dei quali ora due, ora 
tre per lato vidi a salire verso 1’ origine dei 
nervi patetici, tra i fiocchi ( curvandosi in alto) 
e le vicine braccia del cervelletto ; indi scor¬ 
rendo sul lembo superiore del velo midollare 



CERVELLETTO UMANO 77 

piantarsi nella sostanza donde i patetici mede¬ 
simi hanno origine. 

§. Dei fili accesso?j al paro motote comune. 

Dai lati dell’ ora nominato velo midollare ho 
veduto frequentissimamente alcuni fili nascere, 
portarsi al fianco esterno dei testicoli, aggiun¬ 
gersi al margine superiore del ponte passando 
sui processi del cervelletto ai testicoli stessie 
seguitare il contorno , che il ponte fa dintorno 
alla colonna midollare centrale.* sovente restano 
coperti dallo stesso margine del ponte ; ma ba¬ 
sta deprimere con un dito un lato della colon¬ 
na , e intanto allontanarne destramente il mar¬ 
gine suddetto per vedere il corso di quei filuz- 
zi fino nell’ Antroj e unirsi con le radici dei 
nervi motori comuni degli occhi. 

Ved. Encefal. Parte III. la descrizione della 
selva di fili nello sfondo romboidèo, che io 
avea sotto gli occhi il 1. di settembre 1775. 
pag. 114. 


XII. 

Pag. 133. CL Malacarne panilo aliter loquitur 
( de medulla oblongata ) ut eadetn tamen viderit. 
Numerai corpora pyramidalia , a quibus pars 
prodeat nervi duri. 

Corpora olivarià a figura dieta , quae facile ex 
suis nìdis possunt erui , et quorum pars interior 
flava sit. 



Et demum fascias medullarés filis factas pa¬ 
rallela 'ex crurìbus cerebri natas, aliquando in 
vertebras usqut prodeuntes q* . 

Posterior pars ejusdem oblongatae medullae fere 
e regione anteriorum corporum pyramidalium , et 
olivariwn , posterior a illa habet , qttae enarravi- 
mus q** tubercula. 
q* P. 86, 8 j , 88. 
q** P. 126 . 

ARTICOLO Xll. 

Dei corpi distinguibili sulla faccia anteriore 
della midolla allungata . 

l^fon è già , che io abbia detto uscire dai 
corpi piramidali della midolla allungata porzione 
del nervo duro ; ho detto bensì, che i nervi 
piccioli simpatici nascono dalle loro fossette, che 
sono quadrilatere , e situate fra i corpi pirami¬ 
dali , e le fascie , avendo il ponte superiormen- 
te, e i corpi olivari inferiormente. 

Acciocché vengano tolti ormai di mezzo tutti 
gli equivoci, che pur troppo si oppongono al 
progresso della notomia , ed al conoscersi dai 
principianti la verità, che sta nascosta nelle 
opere, le quali dai medesimi si debbono stu¬ 
diare , parmi conveniente di tentare, che sciol¬ 
gasi finalmente quella confusione , che sul punto 
dei corpi piramidali della midolla allungata, re¬ 
gna eziandio per gli scritti di RuiSCHiO, di 
VESALIO, diVlEUSSENS, di"WlLLlS, di WlN- 
SI.OW, di Santorini , e per non menzionar¬ 
ne altri, dello stesso Allero ; perciocché fra i 



CERVELLETTO UMANO "JCf 

citati insigni Anatomici chi suppone i corpi pira¬ 
midali accosto al solco anteriore di questa mi¬ 
dolla, appunto dove sono le mie fascici, chi 
sul fianco dì tale solco vuole collocati i soli 
corpi olivari; chi pretende la faccia anteriore 
della midolla fornita di quattro corpi olivari ; chi 
colloca i corpi piramidali sui fianchi della stessa 
midolla ; chi non vi ammette altri corpi, fuor¬ 
ché gli olivari ec. ec. Ma per convincere ognu¬ 
no di tale discordanza d’ opinioni , presentiamo 
ai lettori il testo a ciò relativo d’alcuni degli 
Anatomici suddetti. 

XvilliS * (per incominciare da un vero mae¬ 
stro) ne ha scritto come segue: circa imam me- 
dullae oblongatac basìn ex annulo majore dune 
velia chordae medullares prodcunt , quae a reli- 
quo mcdullari trunco distinctac versus medullam 
spinalem recta pergunt , ac in processu suo sensim 
angustiores factae , pyramidum instar , post unciae 
circiter spatium in cuspides acutas desinunt. 

Ecco da VILLIS adombrate sotto il nome di 
Corde midollari , le nostre fascie . Soggiunge poi, 
che non sono così apparenti mentre che la pia- 
madre le veste ancora , la quale tolta, si po- 
trebbono facilmente prendere per due grossi nervi , 
e che nei bruti forniti di protuberanza annula- 
re più grossa, queste corde midollari sono mol¬ 
to più voluminose, e visibili. 


* De cerebro pag. ni. e 143. Egli è però 
da stupirsi , che nelle figure WlLLlS non ce nt 
abbia lasciato vestigio. 



go CAPITOLO terzo 

RuiSCHIO { nella Fig. i. Tav. 1 6. lett. F) 
indica la vera situazione dei corpi olivari : dà 
( alla lett. G ) una elevazione preternaturale alle 
fascie senza nominarle. Nella Fig. 4. T. 14. in¬ 
dica ottimamente ( con la lett. A ) la vera si¬ 
tuazione , e la figura dei corpi olivari sulla mi¬ 
dolla allungata d’un fanciullo , ma vi rappre¬ 
senta (lettera B.) assai male le fascie , alle quali 
ei dà il nome di corpi piramidali. Aprendone le 
Epistole problematiche si noti ( in quell’ oscuro 
della sesta figura , che è in basso , fra 1’ estre¬ 
mità anteriore dalla faccia inferiore dell’ emisfe¬ 
ro sinistro spaccato , e il ponte , e la sommità 
della midolla allungata ) come RuiSCHIO rap¬ 
presenti fedelmente i corpi piramidali da me de¬ 
scritti , sebbene non sieno da quell’ insigne Ana¬ 
tomico con lettere indicati, ed/ivi abbia fatto 
scolpire quattro corpi olivari, due per lato. 

WlNSLOw ( Tratt. della testa §.-112.) par¬ 
lando dei corpi piramidali si esprime anch’ egli 
molto confusamente dicendo, che sono come emi¬ 
nente collaterali dependenti dai corpi olivari ; sog¬ 
giunge poi tosto, WiLLls ha dato il nome di 
piramidali ai corpi , che io considero come oli- 
vari , nella stessa maniera , che sono stati con¬ 
siderati per olivari da Duverney nel Tratt. degli 
organi dell’ udito ec. 

Io non insisterei così a lungo su questo ar¬ 
ticola , se non credessi importantissimo, che si 
stabilisca una volta la vera, e naturale situazio¬ 
ne delle eminenze , che si vedono sulla midolla 
allungata , e che diasi loro un nome costante , ma 
un nome, che si confaccia alla figura loro,, e de¬ 
termini l’anatomico principiante a dire positi- 



CERVELLETTO UMANO 8t 

vamente ecco le fascie , ecco i corpi olìvari , ecco 
i piramidali 9 giacché dalla cognizione del sitò 
di queste eminenze dipende quello della vera ori¬ 
gine d’alcuni dei nervi principali dell* encefalo. 

Con la midolla allungata umana davanti agli 
occhi adunque , suppongo d’avere presente il no¬ 
vello osservatore, e di fargli notare dal poi 2- 
te in basso il profondo solco, che ne divide 
perpendicolarmente la faccia anteriore, e -sui 
margini di questo solco le fascie , una per lato, 
vaie a dire due lastre filamentose midollari , bian¬ 
che , larghe circa tre linee, terminate in basso 
talvolta con più angoli, ed altre volte ezian¬ 
dìo senza divenire angolari. Sul margine esterno 
ò.e\\e fascie gli mostro innicchiato un corpo olivare 
per lato. Finalmente gli fo vedere costantemente 
piramidali quei corpi , ai quali altri Notomisti 
danno il nome di processi dal cervelletto alla mi¬ 
dolla allungata» 

XIII. 

Sub iis anteriori faciei porro sìmìlis similique 
rima distincta , de capite properat exire. 

Tertii paris nervi multo prioribus minores ab 
ìmis m cruribus cerebri utrinque pene corpora ma - 
millaria , late sparsis fibris prodeunt , qua ea 
crura et inter se uniuntur , et cum VaROLU 
ponte, fibris ad modum penicilli divisisi. 

m Varol. p. 2. Cortes, misceli, dee. 1. 
p. IO. MORGAGN. Adv. VI. p. 34. VlEUSSENS 
tab. 14. z. z. paullo nimis a se invicem remoti 


capitolo terzo 
4- iij. A ponte , et a medio centro semicirculari 
Mattei p . 2 8. Vocat Antrum nervorum oculi 
motoriorum Malacarne p. 89. 

Pag. 362. Durus y , qui dìcitur , septimi pa- 
r is , nervus a laterìbus prominentiae z anularis , 
a cerebelli adeo cruribus , ubi primum de cerebello 
prodeunt , supra cor por a olivaria duabus , pluri- 
busve fibris nasci tur. 

Descriptionem Cl. Malacarne conjuncdm addo . 

f ossula quadrilatera inter pontem , et corpora 
olivaria, ex cujns fundo multaefibrae nervi duri 
oriuntur z *. 

Aline fibrae ex partìbus oppositis sulci ventri- 
tuli quarti , utrinque dune , et tres oriuntur z **, 
quae unìuntur , transeunt secundum basin colli- 
culi pyramìdalìs , unìuntur cum fibris fossulae 
quadrilateralis ( forse volea scrivere quadrilaterae ) 
et fiunt nervus durus. 

Aliae inter fioccum ( partem eminentem plexus 
thorioidei * quarti ventriculi ) et eminentiam py » 
ramidalem. 

y Fallop. obs. p. 148. 6. 

z Santorin. p. 67. Vinsi, p. 78. Varol. p. 4, 

z* Nuov. espos. p. 90. 

z** P, iiz. 

* A questo proposito vedi qui sopra l'Art. IP, 
ARTICOLO Xlll . 

Dei solchi , e delle scanalature della midolla 
allungata . 

-SLia midolla allungata è un cono a poco a 
ooco degenerante in un cilindro appiattito an- 


CERVELLETTO UMANO 8 3 

feriormente, e posteriormente : tanto la faccia 
anteriore.» quanto la posteriore , sono divise per¬ 
pendicolarmente mediante un solco profondo, 
e stretto. Dintorno ha molte scanalatine. 

L’anteriore dei solchi principia dalla fossetta 
triangolare ( Nuova Esp. pag. gl. ) , esten- 
desi giù nel canale delle vertebre, scostan¬ 
done i margini , vi si vedono assai frequente¬ 
mente le fibre d’un lato a discendere obbliqua- 
mente verso l’altro , per lasciarvi altrettanti pic¬ 
cioli spazi a foggia di V , o per incrociceli lar¬ 
visi a foggia di X. 

Il posteriore ( del quale sono visibili le trac¬ 
ci e anche nello sfondo romboidèo del tv. ven¬ 
tricolo ) continua il suo corso lunghesso la faccia 
diretana della midolla spinale fino alla coda ca¬ 
vallina ; ha duretti, ed alquanto rilevati i mar¬ 
gini , massime in alto, dove a RuiSCHio sem¬ 
brò di vedere due corpi olivari come nella fac¬ 
cia anteriore. 

Qui pure, sebbene perdo piu non apparisca 
intersecazione, e le fibre simmetriche, obbli?* 
que come nel solco anteriore , lascino tante ca¬ 
vità cieche a foggia di V quanti para di fa- 
scetti midollari vi si possono numerare, so¬ 
vente però T incrocicchiarsi dei medesimi è vi¬ 
sibilissimo, purché si tagli con sottile ben affi¬ 
lato scalpello una lisca della sostanza superficia¬ 
le della midolla allungata, che comprenda an¬ 
che una sottile porzione della sostanza , contro 
cui sono appoggiati quei fascetti, e venga es¬ 
posta alla luce del giorno, o a quella della 
candela sul talco, sul vetro, o pur anco so- 


H4 CAPITOLO TERZO 

«tenendola fra la luce, e l’occhio, mentre, 
che se ne discostano dolcemente gli orli. 

Sono frequenti le midolle allungate degli 
adulti, e dei vecchi, composte di molti grossi 
fasci di fibre midollari parai ella mente conver¬ 
genti in basso, e come state annodate insieme 
dal ponte; ma è raro, che lo sieno in quei 
cervelli, che non hanno scanalate le gambe del 
cervello: allora ciascheduna gamba ha la super* 
fide divisa in sei, in otto , e fino in dieci fa¬ 
sci , i quali pare, che vengano circondati, e 
ristretti, come abbiamo detto, dal ponte, e 
diventano sempre piu sottili, e piatti dal ponte 
al gran foro occipitale. 

La divisione di tali fasci è segnata da tre¬ 
dici, quindici, diciassette , e fino da vent’una 
scanalature , o solchi ove più , ed ove meno pro¬ 
fondi , aneli* essi nella foggia accennata conver¬ 
genti . 

L’ uso di tutti i solchi mentovati sembra essere 
quello di dare uno spazio maggiore, di presen¬ 
tate una superficie più grande alla vascularissima 
pia-madre , acciocché introduca nella sostanza., 
che ne viene avvoltarla necessaria quantità di 
vasellini arteriosi, e ne riceva i venosi, che 
ne escono. Per venire convinto di questa verità, 
basta, che l’anatomico osservi attentamente la 
porporina lanuggine, che gli si presenta all’ oc¬ 
chio nell’atto , che spoglia della suddetta me¬ 
ninge la midolla allungata , o le gambe del cer¬ 
vello , traendone con dolcezza i lembi, come per 
piegarla su se medesima, e tenendo fissa la 
midollare, che ne vuole spogliare. Vede molto 
piu folta, e colorita questa lanuggine, quando 


CERVELLETTO VMJNO Sy 

si svelgono dai solchi descritti gli allungamenti, 
e le doppiature della pia-meninge , e credo, 
che s’incóntri appunto qui maggiore difficoltà a 
svellernela, perchè i vasellini, che penetrano in 
questa sostanza midollare, e n* escono, sono 
per avventura più frequenti , più spessi, e più 
robusti *. 


* V. Encefalot. P. I. Irutt, Uh 





• . \r:n: 




86 


ESEMPI 

delle osservazioni relative 

ALLA SPLANCNOTOMIA 

C A P IT O LO ì V. 


TAVOLA 

Già stala in parte comunicata al chiarissimo 
sig. BoNNET , il così giustamente famoso 
Contemplatore della natura. 

Jn questa si ha il registro del peso d* alcuni 
cerebri umani intieri, spogliati delie meningi 
come altresì del peso , e del numero delie lam¬ 
inine dei soli cervelletti stati separati dai cer¬ 
velli medesimi , acciocché si conosca meglio la 
diversità di questa viscera nei diversi individui 
umani, e le diverse proporzioni, che si osserva¬ 
no tra il cervello, e il cervelletto d’ ogni rispet¬ 
tivo individuo , e di tutti questi individui insieme. 

Perchè s’intenda la Tavola seguente è ne¬ 
cessario notare , che la linea A significa il nu¬ 
mero degli individui, il cerebro de* quali è stato 
da me pesato. B le oncie, che ognuno di tali 
cerebri intieri pesava. C le dramme. D i de¬ 
nari , o gli scrupoli. 

In risguardo al peso dei cervelletti separati 
dai cerebri intieri già pesati , e nelle prime co¬ 
ione indicati, E indica le oncie, F gli ottavi , 
o dramme, G gli scrupoli, o denari. L’ottava 
colonna segnata H indica il numero delle lamine 
della faccia superiore d’ogni cervelletto ; la nona 



5 P L A N CtfOTO M I A 8 j 

segnata I ne indica il numero delle lamino della 
faccia inferiore. 




A 

B 

C 

D 

E 

F 

G 

H 

I 

i 

90 

3 

1 

7 

1 

a 

444 

3*7 

i 

*3 

a 

0 

7 

X 

0 

433 

327 

i 

79 

0 

a 

<7 

0 

0 

386 

322 

i 

77 

5 

a 

6 

0 

1 

388 

3 ** 


7 è 

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2 

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a 

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a 

7 

7 

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336 

a 

7 * 

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0 

6 

0 

a 

394 

3 aS 

t 

64 

a 

1 

4 

a 

0 

377 

319 

i 

63 

6 

a 

4 

7 

1 

3<?8 

328 


60 

4 

0 

6 

3 

0 

386 

32^ 

X 

59 

0 

0 

6 

6 

0 

420 

335 


58 

3 

a 

3 

X 

' 2 

320 

*97 

I 

54 

5 

X 

4 

4 

0 

373 

307 



f 4 

a 

6 

0 

1 

39 o 

3*1 

a 

5 ° 

li 

0 

6 

1 

0 

392 

3*7 




a 

5 

a 

1 

400 

363 

3 

45 

[4 

1 

4 

0 

1 

368 

3*6 



\ó 

a 

7 

0 

2 

393 

407. 



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2 

IO 

6 

1 

39 *‘ 

370 

3 

44 

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2 

3 

a 

1 

345 

31 * 



\6 

O 

7 

1 

0 

411 

303 



(7 

a 

a 

1 

1 

397 

366* 



17 

j 

5 

<f 

0 

402 

3*5 



u 

O 

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3 

0 

416 

348 

6 

43 


a 

4 

7 

0 

39 * 

309 



lo 

0 

4 

5 

a 

390 

3 1 7 



1 

V 3 

a 

4 

4 

X 

414 

3*4 



CAPITOLO 


A 

B 

C 

D 

E 

F 

G 

i 

42 

7 

11 

9 

0 

0 

i 

40 

2 

1 1 

3 

3 

1 



( 7 

2 

3 

3 

0 

3 

39 

4 

1 

5 

2 

1 



V.2 

0 

2 

6 

2 

i 

37 

A 

2 

3 

5 

1 



(6 

0, 

: 2 

2 

2 



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2 

4 

2 

0 

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3 

4 

1 



7 

1 

2 

0 

2 




2 

2 

6 

0 

i 

31 

4 

1 

5 

4 

1 



( 4 

2 

3 

2 

0 



4 

2 

4 

2 

0 



2 

2 

2 

2 

2 

7 

3 ° < 

3 

0 

3 

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2 



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0 

3 

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1 

7 

7 

2 



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2 

3 

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2 

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1 

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3 

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2 

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7 

1 


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2 

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1 

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2 

2 


1 

0 


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6 

2 

3 

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0 

I 

24 

6 

2 

7 

1 

1 

I 

22 

3 

2 

3 

7 

0 

I 

21 

6 

1 

9 

2 

2 

I 

20 

3 

1 

1 

2 

2 

‘2 ' 

20 Y 

6 

3 

io 

6 

1 


l 

z 

1 

7 

3 

0 


A B 
i 19 

4 18 


SPlAtiCNOTOMìA % 

c D E F G H I 

6 2 5 7 ó 430 325 

l 7 1 2 7 2 326“ 2^§ 

2 6 0 2 412 jjg 

{4 z 4 * O 316 122 

Ì 4 2 1 o o 216 10& 



*3 

ESEMPIO 

DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE 


ALLA NEFROTOMIA. 



CAPITOLO P. 


SQUARCIO DI LETTERA AL CH. SIG. DOTT. 

MICHELE GIRARDI 

Medico di Camera di S. A. R. il Duca di Par¬ 
ma , Presidente al Gabinetto di Storia natu¬ 
rale , Professore primario della medesima , e di 
Notòrnìa in quella R. Università. 

...A d accrescere in me fa soave ben fon¬ 
data lusinga d’essere io per trovare nella vo¬ 
stra urbanità, e dottrina tutto quell’ ajuto nelle 
ricerche anatomiche , del quale inutilmente per 
avventura andrei altrove in traccia, avete op¬ 
portunamente aggiunta, Signore , la vostra 

pregiatissima lettera delli rcj. febbraio scaduto, sul 
principio della quale mi recate inesprimibile con¬ 
tento indicando, che non vi sarà d* incomodo 
il mio sottomettere al vostro autorevole giudizio 
quelle coserelle anatomiche, le quali il deside¬ 
rio di pubblicarle m’invita a comunicarvi con 
libertà, e confidenza, acciocché divengano me¬ 
no indegne degli sguardi oculatissimi de* noto- 
misti moderni . 

Eccomi pertanto applicato a valermi di tale 
vostra per me favorevolissima inclinazione , della 
quale mi date prova con levarmi dall’ errore , 
nel quale io era , credendo potersi dare nome 


NEFROTOMIA gr 

di nervi a que’ filamenti nervosi, ancorché no¬ 
tabili, che scorrendo sulla superficie del cere- 
bro , concorrono a formare i tronchi deile cop¬ 
pie già da tutti gli anatomici conosciute, ed 
ammesse , i quali filamenti però non sono dalla 
pia-madre vestiti. 

Riconosco lo sbagliò, me ne correggo, e 
vengo all’ articolo della vostra lettera, che con¬ 
cerne le radici dei nervi cerebrali, e 1’ origine , 
e il corso di quei fili, eh’ io a torto ho giudi¬ 
cato potersi considerare come nervi accessori! 
al paro dei motori comuni degli occhi, e al 
paro dei patetici. Ella è cosa indubitata, che 
se voi ne siete andato in traccia al di fuori della 
pia-madre , non gli avrete potuto discernere, 
qualunque sia stata la diligenza vostra, percioc¬ 
ché sono soltanto visibili il primo sulla nuda so¬ 
stanza midollare , che forma la colonna centra¬ 
le del cerebro, nel passare di questa dietro agli 
archi del margine anteriore del ponte *, il secondo 
sull’ aja del IV. ventricolo, sulla porzione de¬ 
scendente *2 delle braccia del cervelletto , indi 
sulla superficie della porzione di mezzo delle 
medesime, che è propriamente il ponte ; per 
la qual cosa è assolutamente necessario di le¬ 
vare la pia-madre, che avvolge le parti ac¬ 
cennate. 

Ma per meglio intendere quello , che sono 
per esprimere forse troppo oscuramente , degna¬ 
tevi di fissare lo sguardo sulle magnifiche tavo- 


*/ Encefalot. Parte 111 . §. 94. e /oi. 
*z Ivi Artìc, XII, 




9 i 


CAPITOLO QUINTO 


]e z , e j ( eh’ io dico vostre piuttosto , cho 
del SANTORINI, perchè si debbono alla vostra 
magnanimità, e furono dalla vostra impareggia¬ 
bile diligenza , e perizia anatomica non solo di¬ 
lucidate , ma perfezionate ) ed immaginatevi di 
spogliare della pia-madre lo spazio nella T. -in 
compreso tra le lett. ttvv, eleVVTT con 
l’avvertenza di recidere la meninge intorno all* 
emersione dei nervi pp, q q , n n , ss. Fate lo 
stesso nello spazio della figura I della Tav. 3,, 
compreso fra le lett. EE, F, e le gg, hh, 
ìi, sempre con la suggerita cautela di lasciare' 
un cerchietto di pia-madre intorno alla radice 
dei nervi accennati per serbarvene affisso un 
lungo cordone. 

Il paro di fascetti di fibrille nervose, eh’ io 
nominava accessorio del paro dei nervi motori 
comuni degli occhi, “ha principio dai fianchi 
della linguetta laminosa *1 , segue il contorno 
della colonna midollare centrale , rasente il mar¬ 
gine superiore del ponte, dal quale margine 
questi cordoncini sono per lo piu nascosti fino 
presso al luogo , che dà uscita alle radici piu 
basse dei motori comuni nell’antro *2, ed è 
nella vostra Tavola 2. circoscritto dalle lettere 
T T V V. Per discernerli bene basta sollevare 
il margine del ponte dalla parte corrisponden¬ 
te alla lettera I verso la D, e premere leggier¬ 
mente la colonna centrale in i ; così gli vedre- 


*1 Encef. Pane III, §. 54. 
*1 L, eie, §. neo. 



NEFROTOMIA 93 

te scorrere paralelli ai rami dell’arteria segna¬ 
ti da Voi L L nella Tav. 2. suddetta. 

Questi faccetti accessorii si possono distacca¬ 
te dalia colonna centrale mediante la punta del 
nefrotomo , 0 d’ una lancetta , onde si recida 
parallelamente ai medesimi 1* epitelio, che ve 
gli tiene incollati, e con qualche maggiore di¬ 
ligenza ne scorgerete l’origine ora doppia, ora 
triplice dal velo midollare , che sostiene sull’acqui- 
clotto di Silvio la linguetta laminosa */ , segna¬ 
to D nella vostra Tavola 3: poco meno di sei 
linee inferiormente, e più lateralmepte dell’ori¬ 
gine dei nervi patetici. 

Sono rari i cerebri, dove questi fascetti ac¬ 
cessorii dei nervi motori comuni degli occhi non 
si vedano nel sito da me accennato ; ma non 
tanto rari quelli, nei quali io ne ho veduto 
soltanto uno da un Iato solo, seppure 1* altro 
non era staro portato via insieme con la pia- 
madre , come sempre mi è sembrato più proba¬ 
bile . La forma poi de* tronchi de’ motori fatta 
a pennelli, verrà descritta nella parte iv. dell* 
Encefalotomia. 

I fascetti accessorii ai nervi patetici sono stati 
molte fiate da me veduti a nascere nell’ aja rom¬ 
boidèa del iv. ventricolo dal solco F della fi¬ 
gura seconda Tav. 3. , a discendere obbliqwa- 
mente, ed incurvarsi sulla sommità delle por¬ 
zioni discendenti dalle braccia del cervelletto tra 
i fiocchi *2 ed il margine inferiore del ponte. 
Di là, incollati sulle parti laterali del medesimo 


*1 L. eie. arde , XV 111 . 
*2 L. cit. §. 82. 



94 CAPITOLO QUINTO 
ponte, salgono in quello spazio triangolare, 
che nella vostra citata fig. 2. vede si tra 1’ albero 
della vita m, D, e la parte vicina dei talami 
dei nervi ottici B , limitato dalla linea perpen¬ 
dicolare. S’ incrocicchiano con i fascetti acces- 
sorii dei motori comuni per arrivare a congiun¬ 
gersi con le radici dei patetici ad angolo acuto. 

Questi ultimi fascetti non si trovano , a dire 
la verità, così sovente come quelli dei motori 
comuni, ed ho esitato molto tempo a conside¬ 
rargli altrimenti , che come pure, e mere varietà. 
Quando pubblicai la Nuova Esposizione del cer¬ 
velletto non ne avea ancora notizia positiva*!, 
mentre che ivi ho accennato quelli de’ motori 
comuni. *2 

Nella medesima operetta , tuttocchè abbia men¬ 
tovate nell* articolo decimonono molte altre fi¬ 
bre nervose, che vanno ad unirsi con le radi¬ 
ci dei nervi acustici, con quelle dei piccioli 
simpatici, e dei vaghi, non emini tuttavia ca¬ 
duto in pensiero di considerarle come nervi ac¬ 
cessorii, e mi vergogno di avere commesso un 
fallo cosi stravagante intorno a questi fascetti , 
contentissimo, che la vostra affettuosa cortesia 
me ne abbia fatto ravvedere. 

Non è però cosi delle tre porzioni del trigemello, 
eh* io trovo sempre diviso in oftalmico, in mascel¬ 
lare superiore, ed in mascellare inferiore ; anzi ben 
sovente ne trovo distinto :il tronco nasale dall’of¬ 
talmico , e non è sommamente raro , che il mascel- 


*t Lo indicai al §. 126. 
*l§. /27. 



NEFROTOMIA 95 

lare inferiore abbia un fascetto accessorio. Non 
è cosi dei motori esterni degli occhi, 1* origine 
dei quali è raro, che non sia doppia, la prima 
fettuccia composta di tre fili uscendo dal mar¬ 
gine inferiore del ponte, e formando poscia 
la porzione cerebrale del grande simpatico, ben 
sovente congiungendovisi alcun filuzzo della por¬ 
zione nasale del nervo oftalmico : e la seconda 
fettuccia allungandosi jdalle fascie midollari, im¬ 
mediatamente al di sotto del margine suddetto 
inferiore del ponte. Descriverò altrove i sei, o 
sette fascetti, che uscendo da caduna fossetta 
quadrangolare piatti, e tosto rendendosi rotondi, 
formano il paro de’ piccioli simpatici ; i due , o 
tre mòlli, e semi-corticali per lato, che for¬ 
mano gli acustici ; le /o, 20 , e talora 14 fet- 
tuccie, che ( formando due plessi triangolari sui 
fianchi anteriori della midolla allungata, i quali 
hanno circa otto linee di base, sei d*altezza 
triangolare , e la punta divisa in quattro * par¬ 
ticelle ai fori laceri) compongono il paro vago, 
unitamente al quale escono del cranio i glosso¬ 
faringei superiormente, e inferiormente 1* acces¬ 
sorio del Willis : i due ordini di fili piatti, e 
sottilissimi , composti 1* esteriore di cinque, o sei, 
dei quali i più bassi sono più brevi, nascente 
al di sotto del termine inferiore del processo 
dal cervelletto alla spinale midolla *2; l’ inte¬ 
riore nascente al di sotto delle eminenze oli— 


* Encefalot. Par. 111 . Art . XIV, pag . 81., 
Art. XK pag. 86. 

*2 Ivi pag* Si. 




$6 capitolo quinto 
vari *3 con pari numero di fili corrispondenti 
all’ estremità inferiore delle fascie, destinati a 
formare il paro de’nervi gustatori, l’origine 
dei quali è simile a quella de’sott’ occipitali, ec¬ 
cetto , che questi ultimi nascono alquanto più 
in basso ; perciocché le radici di tutti i nervi 
mentovati hanno filamenti sensibilissimi per ori¬ 
gine , ed altri, che si possono considerare, 
come accessorii. 

Ho già notato altrove il numero considera¬ 
bile di tali filamenti, che si sogliono vedere 
intorno alla midolla allungata ; ma non posso 
differirmi il piacere di accennarvi alcuni filamen¬ 
ti , che trovo ali’ origine dei nervi olfattori, si¬ 
mili a quelli, che vi ho già descritti parlando 
del folle di Morsasco nella mia lettera del di 
2.6. d’ottobre /781. Sovvengavi della grossezza 
del ganglio dei nervi olfattori osservato sulla 
faccia cribrosa dell’ etmoide , e il volume delle 
tre distinte radici, che dalle più intime parti 
anteriori della sostanza del cervello nascendo, 
venivano a formare il nastro solcato , appunto 
com’è rappresentato egregiamente nella vostra 
Tav. I., e nella prima figura della Tav. 2,. alle 
lettere a a b b b b. 

Il nastro nel folle era largo tre linee , ed il 
ganglio munito d* una cavità quasi simile a quella 
dei quadrupedi , era triangolare, anzi rozza¬ 
mente piramidale, avendo la base sull’etmoide 
larga quattro linee, e i lati uniti ad angolo 


'3 Ivi pag. 86. 



NEFROTOMIA 97 

acuto superante l’elevazione dell’ apofise crista- 
gàlli, alti più di sette linee. 

La cosa è similissima in questo encefalo, che 
ho sotto gli occhi, ed è il terzo della mede¬ 
sima forma, e natura stato da me notomizzato, 
e mi reca stupore , vedendo , come la natura 
serbi, anche nel suo variare , una certa unifor¬ 
mità , e costanza. A miglior uopo vi darò no¬ 
tizia di quello, che ho trovato d’uniforme in 
tutti e tre, diverso però da quello, che si 
suole osservare nel cranio degli altri uomini, 
come altresì di quello, che aveano pure tra 
di loro dissomigliante. 

Piacciavi soltanto, per ora, di recarvi da¬ 
vanti la Tav. 4. delle osservazioni anatomiche 
del TABARRANI, e d’immaginarvi tutto lo spa¬ 
zio ivi segnato V QX essere perfettamente oriz¬ 
zontale , di modo che 1’ orlo anteriore del grande 
foro occipitale in tutti e tre i crani dei fatui , 
è a livello delle apofisi clinoidèe posteriori; 
inoltre tutto il grande foro suddetto, in vece 
d’e$$erè orizzontale, in questi crani è perfetta¬ 
mente perpendicolare ; si apre al davanti in fac¬ 
cia alle aperture posteriori delle caverne del na-f 
so ; e le apofisi condiloidèe dell’ osso occipitale 
si trovano pure volte in avanti, e collocate <u 
un piano superiore a quello del becco dello sfo* 
noide. 

Sono tutti ^ tre privi della porzione del foro 
lacero necessaria per dare uscita al sangue dei 
seni laterali della dura madre, per la quale man¬ 
canza formano queste ossa nel sito c b della Ta¬ 
vola suddetta, e nel corrispondente dell’ altro 
kto , formano due profondissime fosse ampie,* 
S 


9 8 capitolo sesto 

ed irregolari, le quali si aprono nei fori del 
VALSAtVA straordinariamente grandi, nella su¬ 
tura , che unisce gli angoli lambdoidei all’ occi¬ 
pitale. . , , , . 

Quindi agevolmente giudicherete quale fosse 
la diversità della direzione tanto della midolla 
allungata, quanto dei nervi , che ne deriva¬ 
no ; le angustie , fra le quali doveva trovarsi 
in quei tre cranii il cervelletto ; la curvità , 
Che vi dovette soffrire la porzione cervicale 
della spinale midolla prima di ridursi a quella 
direzione verticale ,, che suole avere nel canale 
delle vertebre. Potreste pure utilmente filosofa¬ 
re sulle conseguenze, che da tante perversioni 
di parti così delicate, ed essenziali debbono de¬ 
rivare in questa classe d’uomini, giacché io cre¬ 
do , che ve n* abbia pure una. 

Ma riserbiamo ad altro tempo questo discor¬ 
so, e per dare una volta fine a questa lettera 
gradite, eh’ io ripigli 1* esame dei nervi olfattori 
di questo Folle, che inavvedutamente ho inter¬ 
rotto. Dall* apofise cristagalli dunque , sulla qua¬ 
le questi nervi convergenti hanno il ganglio ca¬ 
vo , e pieno di sierosità, i nastri si vanno in- 
4*ensibilmente scostando fino alla scissura della 
base del cervello, che ne divide i lobi ante¬ 
riori dai mezzani . Qui si vedono composti di 
tre fettuccia bianche, piatte , parallele , che di¬ 
vergendo si elevano fino alla base della por¬ 
zione nascosta dei corpi striati. 

La fettuccia più lunga s’immerge nella loro 
sostan za cinerizia , attraversa la midollare, che 
divide tale porzione de’ corpi striati dalla supe¬ 
riore orizzontalmente, a livello del piano dei 



NEFROTOMIA 99 

ventricoli laterali , striscia sotto la lanuggine della 
superficie de* talami dei nervi ottici , che fa i 
parieti laterali del terzo ventricolo, ed ingros¬ 
sando discende fuori della base del cervello per 
formare ( piegandosi sopra di se stessa) le pa¬ 
pille midollari , e sempre acquistando sostanza 
risale per formare le colonnette dell’ impropria¬ 
mente detto pilastro anteriore della volta. 

Le altre fettuccie si suddividono in vari fili, 
i quali non hanno numero determinato nei di¬ 
versi individui, nè sono sempre uguali nei due 
olfattori del medesimo soggetto. In questo folle 
sono quattro. Tre formano la fettuccia più dis¬ 
tante dal centro , ed escono dal grosso cordone 
midollare , che fa la commessura anteriore del 
terzo ventricolo, passano a traverso della por¬ 
zione nascosta dei corpi striati. Ho pure veduta 
in altri soggetti questa fettuccia composta di tre 
fili, ma in altri non ve ne ho potuto vedere 
piu d’uno. 

Il quarto nastrolino piatto, che ìn questo cranio 
forma la terza fettuccia dell’ olfattorio viene sol¬ 
tanto dalla midollare , che contiene la porzione 
inferiore dei corpi striati. Non è raro vederlo 
composto di due , o di tre fili, e quasi sempre 
a danno della seconda fettuccia, la quale in 
tale caso non suol essere composta di tanti fili. 

Finisco pregandovi d’accennarmi, se non avete 
mai osservato, che negli alveoli appartenenti ai 
denti molari dei feti, o dei teneri bambini, si 
trovino piu di due germi, e che talvolta due , 
o tre di questi germi, per le angustie, nelle 
quali si trovano , congiungendosi insieme , con¬ 
corrano a formare un dente solo. Io ho veduto 


100 CAPITOLO QUINTO 
alcune volte due, altre volte anche tre porzioni 
di sostanza dentificabile incollate fra di loro con 
■sì debole coerenza in un alveolo solo , che do¬ 
vetti considerarle , come germi distinti nell’atto 
di ridursi a formare un dente solo *. 

Aspetto con ansietà inesprimibile 1 * onore de* 
vostri comandi, ed il vostro avviso intorno a 
quanto vi compiacete di permettere, ch’io vi 
comunichi, e passo con sempre più viva rico¬ 
noscenza a dichiararmi ec. 

Acqui li 3. marzo 178.2. 

* Questa lettera terminava con la descrizione 
dei difetti d* un giovine Monferrino , che potevano 
farlo considerare come Ermafrodito . 


roi 

ESEMPI 

DELLE OSSERVAZIONI RELATIVE 
ALL’ ANGEJOTOMIA 

CAPITOLO VI. 

DEI VASI SANGUIGNI PRINCIPALI 
DEL CORPO UMANO , 

E dell' uso dei medesimi rapporto alla circolatone 
del sangue. 

Dalla discordanza del parere dei moderni 
Fisiologi sulla circolazione del sangue sono stato 
guidato a conghietturare , che questa funzione 
tanto importante per 1’ economia animale abbi¬ 
sogna per avventura d’ ulteriori osservazioni, e 
di riflessioni tratte da queste, e dalle antiche , se 
vogliamo, che si avvicini ad essere sufficiente- 
mente rischiarata ; per la qual cosa io raduno 
qui la maggior parte di quelle, che l’esercizio 
quadrilustre della Chirurgia , e della Notomia 
mi ha somministrato, affine di vedere, se al¬ 
tri ( convinto dai risultati delle medesime bene 
ponderate ) conchiuda, come parmi di dovere 
conchiuder io 

/. Che nello stato naturale la forza del cuo¬ 
re , delle sue appendici, e delle arterie può mol¬ 
tissimo per promuovere , e mantenere la circo¬ 
lazione del sangue. 

Che negli stati preternaturale, e morbo¬ 
so , talvolta nè il cuore , nè le sue appendici , 
non ci contribuiscono nulla, talvolta contribuen¬ 
dovi il cuore , non vi contribuiscono le appen- 


102 CAPITOLO SESTO 
dici , e viceversa. Talvolta finalmente , o un 
lungo tratto delle arterie principali , o quasi 
tutto il sistema arterioso non vi ha parte. 

3. Che in alcuni casi tutto il sangue è messo 
in giro, e mantenutovi da una forza di qualità 
incerta, ma di potenza manifesta , che non sa¬ 
rebbe stravaganza nominare , come il Ch. sign. 
Cavaliere ROSA. , vapor espansile animale, 

4. Che in altri casi finalmente non è impro¬ 
babile mettersi dalla provvida natura in giuoco 
( per mantenere la circolazione del sangue ) , e 
la forza degli organi poco anzi accennati, e 1* azio¬ 
ne pulsifica , o impellente del vapor espansile 
«animale, o d’altra sostanza del pari attiva. 

Le mie ricerche sono state fatte sui cadaveri, 
onde non toccherò il punto della pienezza , ó- 
della vacuità nè assoluta , nè relativa delle ar¬ 
terie nel vivente, provincia con degno applau¬ 
so stata occupata di fresco dai Chiarissimi si¬ 
gnori Francesco Bartolozzi , Bassiano 
Carminati, Marsilio Landriani, Pietro 
Moscati, Cavaliere Rosa, e Luigi Targio- 
Ni. E per tenere un ordine dividerò in cinque 
sessioni questo discorso , nella prima delle quali 
esaminerò le arterie nello stato naturale ; nella 
seconda le arterie nello stato preternaturale, e 
nello stato morboso ; nella terza le vaìvule se¬ 
milunari alla radice delle arterie aorta, e pul- 
monaria, nella quale le vulvule auricularie nei 
ventricoli del cuore, ed il cuore medesimo per 
quello , che ha relazione a queste vaìvule , nella 
quinta finalmente il giuoco di tutte le parti de¬ 
scritte e simultaneo, ed alternativo per man¬ 
tenere la circolazione del sangue una volta in- 



ANG&JOTOMIA I OJ 

camminatasi, come altresì la necessità d’ un vd- 
por tspansilc per incamminarla, e per mante*' 
nerla, quando tali organi sono alterati nelle 
guise, che accenneremo. 

« fesa 

SESSIONE I. 

OSSERVAZIONI SOPRA LE TUNICHE DELLE 
ARTERIE NELLO STATO NATURALE. 

1 . X-^opo venti quattro ore di macerazione io 
acqua semplice fresca di tutto quel tratto d’aor¬ 
ta , che discende dal cuore sino alla celiaca, 
delle arterie pulmonaria , carotidi , e succlavie, 
tolto via quell’ integumento, che alle medesime 
arterie viene dal pericardio , e dalla pleura , nel 
separamelo osservai, che è molto debilmente 
attaccato al loro corpo, salvo rasente la base 
del cuore , dove un cerchio ve n’ ha molto ro¬ 
busto , ed unito con maggiore tenacità alla so¬ 
stanza cellulosa dell’arteria. 

IL Altrove la cellulosa lassa , scorrevole , se¬ 
guace , permette , che ne venga con facilità spo¬ 
gliata là porzione dell’arteria , che n’è coperta, 
ed è molto più agevole spogliarne l’aorta di¬ 
scendente , la quale ne ha vestito il solo terzo 
anteriore di sua periferia. 

III. In questa cellulosa serpeggiano molti va- 
sellini più visibili sul tronco ascendente dell* 
aorta , e dell’ arteria pulmonaria , anche ad oc¬ 
chio nudo , perchè qui sono più vicine le arte¬ 
rie coronarie del cuore , delle quali i vasellini 
accennati sono diramazioni. 


104 CAPITOLO sesto 

IV. Sono meno visibili sul tronco dell* aorta 
discendente , che gli ha dalle arteriuccie vicine, 
e dallo spiccarsene i rami dal tronco, oppure 
dai ramicelli subalterni. 

V. Non hanno direzione regolare , e costan¬ 
te , ma diramandosi, e serpeggiando confusa¬ 
mente con le venuzze , che ne dipendono , for¬ 
mano una rete intralciatissima , della quale Rui- 
SCHIO ci ha lasciato una figura molto elegante 
nelle Epistole problematiche alla Tavola III. Per 
Vedere questa rete non è sempre necessaria la 
infezione , perciocché in alcuni adulti sanguigni 
i vasi, che la compongono, si manifestano na¬ 
turalmente , purché la macerazione non sia stata 
abbastanza lunga per privarli del colore loro in¬ 
carnato. Negli strozzati, e nei morti dopo breve 
tempo di sommersione dentro dell’acqua, sono 
ordinariamente visibili all’ occhio nudo , senzachè 
v* abbisogni altra preparazione. 

VI. In una fanciulla morta nell’acqua ho ve¬ 
duto due tronchi venosi, dependenti dalle ra¬ 
mificazioni sparse sulle arterie aorta , e pulmo- 
naria , ad unirsi anteriormente alla base del cuo¬ 
re, appena coperte della trasparente membrana, 
che vi fìssa la soda pinguedine : que’due tronchi 
anastomosandosi ne formavano un solo, che 
gettavasi nella parte vicina dell’ orecchietta destra 
per isboccare nella di lei cavità, rasente il tra¬ 
mezzo , che questa divide dalla sinistra. 

VII. Lo stésso tronco, ma assai piu capace, 
e pieno, è stato veduto da me sboccare dalle 
medesime parti poche linee più a destra nella 
medesima orecchietta d’un soldato morto di 
pneumoma , e qui l’aorta aveva posteriormente 


ANGEJOTOM1A iof 

un tronco venoso, che con la vena coronaria 
vicina veniva a scaricarsi per un buco solo co¬ 
mune immediatamente al dissotto del corno in¬ 
feriore , o posteriore della valvula d’ Eustachio, 
la quale pareva una rete semilunare. 

Vili. Liberato il canale dal più grossolano di 
questa rete vasculare, e dai fiocchi importuni 
della cellulosa , che la sostiene, io mi accor¬ 
geva, che, maneggiandolo, questa cellulosa si 
rendeva sempre più abbondante, e più morbi¬ 
da. Nelle prime sperienze a forza di leggieri 
pizzichi la ridussi a foggia di cotone finissimo , 
e dubitai di avere per negligenza innavveduta- 
mente distrutta la tunica lendinosa , che io (ap¬ 
poggiato all’ autorità di parecchi anatomici ) sup- 
ponea distesa sulla fibrosa. Lo stesso dubitai pure 
della glandulosa, per là quale io non sapeva 
immaginare luogo più opportuno di questo, os¬ 
servando come in tutte le altre parti del corpo 
umano i mucchii delle glandule sogliono essere 
attorniati di cellulosa. 

IX. Nelle seguenti sperienze ho ottenuto di 
sollevarne con destrezza qualche piano con la 
punta della lancetta, che io dirigeva in isbieco 
per la lunghezza della arteria ; ciò non ostante 
non vi ho mai potuto discernere fibra , che dasse 
indizio di tessitura uniforme, e regolare ,. non vi 
ho potuto neppure giammai incontrare corpicciuolo 
nè piatto, nè sferico , nè ovale , eziandio minore 
d’un grano di miglio, non che discopricene 
una quantità capace di risvegliare l’idea d’una 
tunica glandulosa : tutto era confuso , densamente 
congiunto , di colore pallido periato , tutto in 
somma per la robustezza , e per la struttura. 


106 CAPITOLO SESTO 
poco diverso dalla porzione interiore della etite 
umana , che sta attaccata alla membrana adiposa* 

X. Questa porzione interna della tunica cel¬ 
lulosa delle arterie non può essere la tunica ten - 
dinosa da qualche anatomico mentovata , per¬ 
ciocché , come ho detto , non è tessuta di fi¬ 
bre nè semplici, nè a strati, le quali abbiano 
direzione costante, come si osserva in tutte le 
aponeurosi, nel pericardio, nella dura-madre ec. 
ec. : e se si lasci lunghissimo tempo in mace¬ 
razione una qualche parte, che abbia del tert- 
dinoso , o dell’ aponeurotico , e poi si maneg¬ 
gi , si pizzichi , si strofini, e sì batta come 
torna meglio in acconcio , non si risolverà mai 
nè cosi presto, nè affatto in molle finissima 
cellulosa ; mentre che questa tunica delle arterie, 
anche poco macerata , in breve tempo a forza 
di pizzichi , di strofinamenti leggieri si riduce 
in fiocchi a guisa di morbido cotone. 

XI. Benché fosse molto densa, e robusta 
nell’ aorta d r un sessagenario , maneggiando io 
la suddetta porzione della tunica cellulosa , ed 
umettandola spesso , dopo un giorno di mace¬ 
razione in acqua tiepidetta, la resi morbida, e 
fioccosa come il cotone ; e non ci volle un* 
ora per ridurre alla stessa morbidezza l’aorta 
d’ una fanciulla già per due giorni macerata , e 
la. tunica fibrosa ne rimase affatto nuda , e sco¬ 
perta , con le sue fibre traversali eleganti, e 
distinte. Un pezzo d’aponeurosi del muscolo 
obbliquo esterno, o del traversale, di quella, 
che nominiamo fascia-lata della dura-mare, del 
pericardio ec., lasciato due settimane in acqua 
tiepida, ben sovente rinnovata, e varie, e va» 


ANGEJOTOMIA IO 7 

rie volte esposto al calore delle ceneri calde 9 
frequentemente strofinato , maneggiato ^ pizzi¬ 
cato, battuto, o non si ridusse mai a tanta mor¬ 
bidezza ; bensì rompendone, e dividendone i 
lembi mi è riescito di separarne lunghi filamen¬ 
ti : onde si capisce le sostanze tendinose , apo* 
neurotiche , o ligamentose essere assai diffe¬ 
renti da quella porzione della tunica delle arte¬ 
rie , che qui esaminiamo , la quale n’ è molto 
meno robusta , resistente, e tenace. 

XII. La cute umana spogliata della cellulosa, 
e macerata con 1* adiposa annessa , strofinata, 
e maneggiata, si riduce a statò poco diverso 
da quello , cui si riduce con i mezzi suddetti il 
pezzo di tunica mentovato dell’ aorta , e d’altre 
arterie , ma esige maggior tempo, maggiore 
pazienza, nè acquista mai sì uniforme morbi¬ 
dezza , ( tuttoché diventi in molte parti arren¬ 
devolissima ) a cagione della grande quantità 
de* vasi , che vi si diramano, e delle fibre len¬ 
dinose , che qua più, là meno sensibili, e ro¬ 
buste riceve dalle parti sottoposte. 

XIII. Un’altra prova della sostanza non-ten - 
dinosa di questa tunica si è, che rovesciata l’ar¬ 
teria ( come si fa delle dita d’ un guanto per 
vederne le pareti interiori della cavità ) e sciol¬ 
tane affatto la tunica membranosa , che d* inter¬ 
na in questo caso è divenuta esteriore, quan¬ 
do si sollevano tutti gli strati della tunica fibro¬ 
sa , si vedono apertamente le fibre traversali, 
che ora occupano la parte anteriore dell’ arteria 
rovesciata, appoggiate sopra d’una sostanza cel¬ 
lulosa , ed arrendevole , simile a quella , cui si 
appoggiano ordinariamente le produzioni della 


108 CAPITALO SESTO 
pleura del pericardio , del peritonèo, circon¬ 
danti quelle porzioni d’arteria , che loro corri¬ 
spondono. 

XIV. Questa superficie della cellulosa , so¬ 
stiene i supposti anelli della tunica fibrosa dell’ar¬ 
teria rovesciata, e si rende anche piu morbida * 
e fioccosa come il cotone , senza che vi si 
scorgano però così presto i vasi, che all’ ester¬ 
no immediatamente appariscono , se non se ne 
rimuovono a pizzichi molti dei primi strati già 
rammorbiditi. 

XV. Non ho migliore motivo di giudicare ner¬ 
vosa questa tunica, perciocché la struttura dalla 
sede comune dei vasi ai supposti anelli della fi¬ 
brosa ne è troppo uniforme. Con la macerazio¬ 
ne prolungata ( dopo d’averne tolti via gli strati 
esteriori) si riduce troppo visibilmente in pura, 
e schietta cellulosa , perchè s’impregna agevol¬ 
mente d’umore, e le cellulette ne diventano 
più apparenti soffiandovi dentro con un tubo 
diretto verso la fibrosa , senza però arrivarvi, 
dopo d’ avere un cotal poco maneggiata , e stro¬ 
finata l’arteria.. 

XVI. Nè vedo necessità di collocare in que¬ 
sto sito dovizia tanta d’ espansioni nervose, quan¬ 
ta pure farebbe uopo per formare una tunica 
spessa, ed estesa; nè sarà cosa facile il dimo¬ 
strare i tronchi dei nervi, onde si dirami quan¬ 
tità sì prodigiosa di filamenti, quanta abbiso¬ 
gnerebbe per formare una tunica comune a tutti 
i punti di tutte le arterie del corpo umano ; e 
quei pochi ramicelli , che ( direi quasi nume¬ 
rabili ) si piantano quà e là nelle arterie , non 
si possono a. buon dritto giudicare sufficienti a 


ANGEJOTOM1A IO 9 

costruire una tunica nervosa, nemmeno calco¬ 
lando insieme i plessi nervosi, che ad alcune 
arterie si appoggiano per arrivare a quegli altri 
organi , ai quali sono destinati. 

XVII. Nomino semplicemente fibrosa la se¬ 
conda tunica delle arterie , perchè la veggo com¬ 
posta di fibre schiette, dirette in traverso, co¬ 
me se ne dovessero risultare altrettanti anelli, 
o cerchi con la serie loro continua, o succes¬ 
siva , costituenti più tubi contenuti gli uni ne¬ 
gli altri. 

XVIII. Il numero di questi tubi non si può 
determinare, perchè non tutte le arterie d* un 
corpo hanno la medesima spessezza, nè i tron¬ 
chi corrispondenti d’ambedue le braccia ( per 
esempio ) o le coscie , nè i medesimi rami delle 
stesse arterie di corpi diversi ma conformi di 
statura, e di età, sono ugualmente grandi, e 
robuste. 

XIX. Non ho mai potuto con rocchio te¬ 
nere dietro ad un fascetto, ad un nastròlino di 
fibre per assicurarmi, che ne risulti veramente 
un anello, o un cerchio , O qua, o là il fa¬ 
scetto , che io esaminava, cacciavasi tra i fa- 
scetti vicini, o si divideva in fibre obblique , al¬ 
cune delle quali si nascondevano tra le fibrille 
dei fascetti contigui, altre insensibilmente, a forza 
d’ assottigliarsi, diventavano invisibili. 

XX. Da tale irregolarità si comprende, che 
nelle arterie dee risultarne robustezza maggiore, 
perciocché ogni fibra essendo legata , sostenuta, 
o fissata per tante briglie quante fibrille vicine 
o si diramano, o vi mutano direzione, non 
sarà mai tanto facile, che veruna porzione ven- 


HO CAPITOLO SESTO 

gane smagliata, come di leggieri accaderebbe, 
ove la tunica fibrosa fosse tutta anelli senza in r 
treccio, senz’ altra unione fuorché quella di un 
glutine qualsivoglia, o d’un tessiuto cellulare 
ancorché robusto. 

XXI. Il colore delia tunica fibrosa non sola¬ 
mente cangia per 1* età, ma cangiasi in tutti i 
corpi ; è diverso nelle diverse arterie , e diver¬ 
so ancora maggiormente lo rendono le malat¬ 
tie. Ve ne ha che sono incarnate , alcune sono 
glauche ( questo è il colore più frequente delle 
fibre di questa tunica ) alcune giallette , altre 
biancastre. 

XXII. Ordinariamente le fibre degli strati es¬ 
teriori sono del medesimo colore di quelle degli 
interni. 

XXIII. Mentre che si distacca , e si solleva 
uno degli strati esterni, è facile a vedere co¬ 
me le fibre più elevate della faccia interna cor¬ 
rispondano comunemente agli interstizj delle 
fibre del piano sottoposto , e cosi gli interstizj 
delle esteriori al corpo delle interne. 

XXIV. Un tenuissimo fascette di fibre annes¬ 
so allo strato , che si solleva v sembra, che lo 
abbandoni per gettarsi nel sottoposto ; infatti 
quando se ne continua la separazione, quel fa- 
scettino , che ha appena la larghezza di un quar- 


* Questa disposizione delle fibre nella tunica 
qui descritta delle arterie , principiando dal §. XIX. 
fino al XXF], è stata da me esposta agli oc¬ 
chi de'chiarissimi ACCADEMICI di Torino nella 
radunanza de i«. dì febbraio ultimo scorso. 




ANGEJOTOM1A III 

to di linea, solleverà una fascia, che insensi¬ 
bilmente verrà ad essere larga quasi un mezzo 
pollice , e non si saprà decidere se apparten¬ 
gasi allo strato, che si solleva, o a quello , che 
resta tuttavia d’intorno all* arteria, perchè , di-» 
staccato ai lati , ed alle faccie da tutteddue, 
non tenendosi affisso eccetto per la minima 
estremità allo strato esteriore, è molto aderen¬ 
te per la estremità più larga, e più spessa all* 
interno. 

XXV. L’innesto delle fibre d* un cerchio non 
si fa sempre nei cerchi , onde quello è costeg¬ 
giato ; anzi ne vedo molte, che da uno, pas¬ 
sando obbliquamente sopra, o sotto del vicino 
o di parecchi , vi si uniscono per vari filuzzi , 
poi si innestano nel terzo, nel quarto, o in 
altro cerchio, e fanno di questi notabile porzione. 

XXVI. Qualunque sia stata la mia diligenza 
nel cercare quello strato di fibre longitudinali, 
che da parécchi scrittori si suppone collocato fra 
l’interna faccia della tunica cellulosa , e l’este¬ 
riore della fibrosa , da alcuni altri fra la faccia 
interna di questa » e 1’ esteriore della membra¬ 
nosa , non ho mai potuto nell* uomo rinvenir¬ 
ne vestigio , sia nella aorta , sia nella arteria 
pulmonaria , sia in qualunque altra diramazione 
arteriosa stata da me presa ad esaminare* 

XXVII. Ho bensì veduto due larghe fascie 
fibrose, e sottili ad ergersi dalla radice d’alcu¬ 
ne aorte umane, una dal canto, che corrispon¬ 
de all’arteria pulmonaria, e 1’altra dal canto op¬ 
posto , fra P origine delle due coronarie ; ma 
queste fascie veramente considerabili per la spes¬ 
sezza , e robustezza delle fibre, onde erano com- 



JI1 CAPITOLO SESTO 
poste,' si elevavano dalla più intima parte di 
quel risalto carnoso , che attornia lassamente la 
radice dell’aorta medesima , ed è più notabile 
alla sinistra di quel tronco , e dopo un breve 
tragitto diventano tutto ad un tratto simili 
alle altre fibre traversali; del vaso , si di¬ 
stendevano come i musculi penniformi delle ve¬ 
sciche umane, e finalmente dividendosi alla fog¬ 
gia della coda delle rondini , si confondevano 
indistinguibilmente con le traversali. La larghez¬ 
za di queste fascie non superava tre linee ; si 
trovarono immediatamente sotto alla densa cel¬ 
lulosa piena di pinguedine, che attornia la base 
del cuore , senza però essere a tale cellulosa 
molto aderenti. Nella radice dell’ arteria pulmo* 
naria non le ho potuto ancora mai discoprire; 

XXVIII. Tra i vari piani , che compongono 
la tunica fibrosa, rovesciandone alcuni degli este¬ 
riori uniti verso la radice dell’ aorta, o dell’ 
arteria pulmonaria , ciò si eseguisce facilmente 
sino al piano , d’onde pendono nelle arterie 
medesime le valvole semilunari. Da tal sito in 
basso, sebbene dirimpetto al seno d’esse val¬ 
vole se ne possa ancora prolungare la separa¬ 
zione, ciò non è più possibile dirimpetto a quei 
tubercoli, dai quali partono gli angoli corris¬ 
pondenti di due valvule. 

XXIX. Quéi tubercoli sono tre , e non es¬ 
sendo stati (per quanto io sappia ) distintamen¬ 
te da verun anatòmico descritti, io in una let¬ 
tera al Ch. sig. Portai, insigne Medico, e No¬ 
tomista Parigino gli ho descritti , e distinti con 
il nome di Arpioni delle valvule semilunari. Ho 
però nei giorni passati cominciato a dubitare ? che 


ANGE JO TOMI A //J 

anche ri Gel. Lancisi gli abbia conosciuti, per¬ 
chè mi sembra favellare degli Arpioni là dove 
parla di certe particelle in questo sito esistenti, 
eh’ egli paragona al Clitoride. , e sembra che 
Allero medesimo gli abbia indicati sotto il 
nome di calli. 

XXX. Comunque ciò sia, quivi i piani della 
tunica fibrosa non si possono separare , perchè 
la tessitura ne è tanto confusa, che ad ogni 
sforzo tutto si lacera. 

XXXI. Ho preso 1 * arteria succlavia destra con 
il tronco della carotide, e dell’ arteria vertebra¬ 
le , che ho lasciati a bella posta lunghi quanto 
mi fu possibile, ed ho proccurato di rovesciar¬ 
ne i piani carnosi esterni dal basso all’alto , cioè 
dal tronco ai rami, e nelle prime prove, giunto 
il rovesciamento allo spiccarsene della carotide, 
ì piani esterni si lacerarono. Usando però qual¬ 
che maggiore diligenza, e continuando a rove¬ 
sciare fino al tronco della vertebrale, d’un pezzo 
d’ arteria con due rami principali lunghi, ed 
altri subalterni, feci due tronchi all’ esterno ugual¬ 
mente fibrosi , dai quali si allungavano quattro 
rami intieri , e gli scommuzzoìi di parecchi altri 
subalterni. Mi avvidi intanto, che agli angoli 
delle diramazioni l’unione degli strati fibrosi è 
molto più stretta, ed intrecciata. 

XXXII. La tunica fibrosa in quéi siti, d’ón¬ 
de spiccasi dal tronco qualche ramo, è com¬ 
posta di molto maggiore numero di fibre, le 
quali sono intralciate e confuse , quasi come i 
Vìmini dell’orlo dei canestri ; e questo intreccio 
è maggiore là dove l’uscita del ramo fa come 
Parte IL h 



jj 4 CAPITOLO SESTO 

un angolo semilunare , che sembra in certo modo 
opporsi al troppo rapido corso del sangue. 

XXXltl. L a pariete interna dell* arteria negli 
stessi luoghi suole avere alcune rugosità , quasi 
fome se al di fuori fosse strozzata con un na¬ 
stro , ed ivi la tunica interna si può molto piu 
difficilmente separare intiera. Io m’ immagino 
però, che nel vivente ( essendo piene le arte¬ 
rie, e ben distese nella massa delle membra) 
tali rugosità non si trovino., 

XXXIV. La tunica interna , paragonata con 
la cuticola di varie parti del corpo, sembra di 
una tessitura poco da questa differente. Dopo 
breve macerazione dentro dell’acqua, ed anche 
senza macerazione si può con le sole dita se¬ 
parare dalla faccia interna della tunica fibrosa, 
cui è attaccata mediante una cellulare finissima, 
per la quale si trovano pure dispersi alcuni te¬ 
neri vasellini. 

XXXV, Questi vasi oltrepassate le fibre tra¬ 
versali della tunica fibrosa vengono ad aprirsi 
alla faccia interna della tunica membranosa per 
lubricarla, se per avventura non servono ad as¬ 
sorbirne qualche tenue umore, a ristoro più pron¬ 
to delle membra, e delle viscere, giacché mi 
parvero della natura dei vasi linfatici , per gli 
frequenti nridi , che in molti ho ravvisato. 

XXXVI. La medesima tunica membranosa 
delle arterie è più densa di quella, che tappez¬ 
za i ventricoli del cuore , ma va del pari per 
la sua densirà con quella, che si osserva nelle 
orecchiette ; non è però molto trasparente, non 
vi appare vestigio di fibrosità paragonabile a 
quella della tunica di mezzo * onde è vestita , 


ANGEJOTOMIA llf 

quando ne viene con attenzione separata . Ma 
siccome non è facile separarle senza che la fi¬ 
brosa vi lasci qualche filuzzo di sua sostanza 
incollato , così ove se ne consideri la faccia 
esteriore , e vi si vedano attaccate fibre traver¬ 
sali , le riputeremo a buon dritto straniere alla 
medesima. 

XXXVII. Inoltre ella è più capace d’ essere 
distesa e dilatata , che la fibrosa , della qual co¬ 
sa mi sono assicurato gonfiando con forza ora 
l’aorta, ora la pulmonaria, ora altri grossi, e 
piccioli tronchi strettamente serrati con nastri 
alle estremità opposte a quella, per la quale io 
introduceva 1 ’ aria. Queste sperienze furono se¬ 
guite dallo smagliamento della tunica fibrosa , che 
io aveva lasciata nuda , ma intiera d’intorno alla 
membranosa , e quella si smagliava, o perchè 
dalla forza del fiato ne venivano scostati gli anelli, 
o perchè se ne stracciavano le fibre. Per tali 
smagliature la tunica membranosa usciva a formare 
gozzi più o meno grandi, e vesciche tanto più 
diafane , quanto acquistavano maggiore ampiezza: 
e questi gozzi , queste ampolle crepavano se la 
forza dell’ aria distendente durava, 

XXXVIII. Non contento d’ avere fatte più e 
più volte le mentovate prove sulle arterie nella 
disposizione loro naturale , volli ripeterle sugli 
stessi tronchi d’altri cadaveri, dopo d’ avergli 
rovesciati in maniera che la tunica fibrosa for¬ 
masse il pariete interno del canale, e la mem¬ 
branosa 1 ’ esteriore. Nei tentativi di questa se¬ 
conda specie l’aria passava fra gli anelli della 
fibrosa, e sollevava a picciole vescichette, indi 
a larghe poco elevate ampolle la membranosa j 


Xl6 CAPITOLO SESTO 
e mi è, rieicito alcune volte di separarla così 
con il dato dalla sottoposta , purché maneggiassi 
tutto il gonfio canale a riprese : sofferta però una 
distensione considerabile, la tunica membrano¬ 
sa anche essa si rompea. 

XXXIX- Acciocché queste sperienze mi rie - 
scissero , ebbi costume d’intraprenderle dopo di 
aver esposto i tronchi, e i rami arteriosi a qual¬ 
che breve macerazione, e di mantenerli flessi¬ 
bili umettando sovente ogni cosa; altrimenti se, 
non usando tali cautele, io vi avessi spinto con 
impeto il fiato, avrei veduto a rompersi l’ar¬ 
teria, cioè accadere lo smagliamento delia tuni¬ 
ca fibrosa, e la crepatura della membranosa nel 
medesimo tempo. 

XL. Anche questa ultima tunica è stata 
nominata da certi notomisti nervosa , e da altri 
lendinosa, denominazioni , le quali siccome non 
reggono alle objezioni state messe in campo da 
noi in parecchi de’ paragrafi precedenti, e nep¬ 
pure all’esame anatomico delle arterie, cosi reg¬ 
geranno molto meno alle osservazioni seguenti. 

XLI. Le tuniche, le membrane propriamente 
nervose o sono molli , e ricascanti come la re¬ 
tina degli occhi, o sono disperse in filamenti 
sensibili di lunghezza notabile, sostenuti da mor¬ 
bida cellulosa, come è la tunica nervosa dell’ 
esofago, o sono fregiate di papille diverse per 
figura, per elevazione, per numero come è la 
tela sottoposta alla periglottide , e al corpo re¬ 
ticolare della lingua, come sono altresì le pa¬ 
pille visibili sulla membrana pituitaria ; oppure 
sono appoggiate su qualche altra membrana , ed 
ivi incollate come quelle degli intestini, del ven- 


ANGEJofOMlA Uf 

Incoio , della vescica urinaria ec. Ma comunque 
sieno costrutte, sono sempre bianche, ed opa¬ 
che ( avuto riguardo alla spessezza , e alla den¬ 
sità loro ) e questa , cioè la membranosa delle 
artetire, è uniforme, résistente, estensibile, e 
dilatabile , e non ha veruna somiglianza con le 
già citate. 

XLII. Ove poi si volesse attribuire alle ar¬ 
terie qualche sensitività. , non si potrebbe loro 
supporre questa eziandio molto squisita, quando 
volessimo ripeterla dai filamenti, dalle dirama¬ 
zioni nervose , che si distribuiscono per la tu¬ 
nica fibrosa ? Non potrebbero altresì immaginarsi 
coloro, i quali suppongono il sangue satollo di 
sali, che queste diramazioni, acciocché non sie-. 
no dotate di senso troppo squisito, vengano 
difese dall’azione di tali particelle troppo sti¬ 
molanti del sangue per mezzo della tunica mem¬ 
branosa frapposta ? Questa ad ogni modo oltre 
all’ ttso . di sostenere , e di mantenere più stret¬ 
tamente legati insieme i fasci intimi della fibro¬ 
sa , ha pure quello di attutirne, di rintuzzarne 
la sensitività . 

ssasssssao» 

COROLLARI 

I. JL^e arterie del corpo umano considerate nello 
stato naturale, ed iti qualsivoglia parte del corpo 
indiferentemente , sono composte di tre sole tu¬ 
niche , una esteriore, ossia cellulosa , una di 
mezzo , ossia fibrosa , e la terza interna , ossia 
membranosa• 




„g CAPITOLO SESTO 

IL Se vicino al cuore , tutto intorno al tronco 
loro, per quel tratto, onde è ancora chiuso 
nel pericardio ; se nel petto , nell’ abdomine , e 
nel cranio su qualche porzione delle pareti es¬ 
terne dei rami, si stende qualche tela membra¬ 
nosa più, o meno spessa , e robusta, ella è 
produzione delle membrane proprie di quelle 
cavità, cioè del pericardio, della pleura, del 
peritonèo , della dura-madre ec. : e non avendo 
le arterie, nulla di simile in verun altra parte dei 
corpo , dove sono meno nascoste, e meno di* 
fese , la tela membranosa, che le avvolge , non 
è da considerarsi, come parte delle arterie me¬ 
desime , propria, ed universalmente distesa su; 
tutti i loro tronchi, e le diramazioni, ma co¬ 
me un involucro accidentale di quelle porzioni. 

III. La tunica vasculare , la tendinosa, la 
glandulosa, e la nervosa nelle arterie sono o 
affatto immaginarie, o effètti di qualche altera-' 
zione particolare in detti vasi, osservata daquer 
notomisti, che le descrissero, e le giudicarono 
constituenti tutte le arterie del corpo umano. 

IV. Lo stesso dee dirsi dello strato longitu¬ 
dinale della tunica loro fibrosa. 




: Secot&c 


pioti éfnciàore 9/cIcV^, 


! oAtaAu 


natomrzf^i 


"irto /7T% 













4 





SEZIONE IX 

OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE ARMERIE DEL 
CORPO UMANO NELLO STATO PRETERNA-* 
TURALE , E NELLO STATO MORBOSO . 

ARTICOLO l t 

Osservatone dell' aorta dóppia , che gettava 
pure doppi i tronchi principali destinati 
alle parti superiori del corpo é 

È. J^Fon mi allontanerò dai contorni del cuoré 
per rintracciare esèmpi’ dello statò pretefnaturàld 
delie arterie a cagione dell'eccésso* e del di¬ 
fetto dei loro tronchi principali 1 nel tramerò * e 
descriverò in primo luogo il tronco doppio dell* 
aorta fregiato altresì di doppie 1 succlavie ? e dì 
doppie carotidi tanto esterne*, quanto intèrne * 

* Questo ito fico doppio tT aorta è stato dà rhe 
presentato insieme coti un modellò in creta , fatto 
dal sig. Raineri di Fossan&f -atla R. Acc. delle 
S e. di Torino insieme còri le figure del cuore , 
che àon si ha potuto conservate , e con quella delle 
cinque valvule semilunari $ che ne fregiavano Cunico 
orificio. Il cuore era stato da me lasciato lungo 
tempo fra le mani dell' ingegnoso Sig. RaìNERI 
sudde.to , che ne imitò in creta , e nella sua 
particolare materia , ta figura'\ fu pure veduto * e 
tenuto fra le mani lungo tempo dall* erudito , e 
diligentissimo naturalista il sig. Gl ORNA , di Ut* 




ao CAPITOLO SESTO 
stato già da me descritto, e pubblicato con le 
stampe di Saiuzzo mia patria. Fu trovato li 3. 
di Febbraio dell* anno 1771. nel cadavero d’un 
corpulento , e robusto sessagenario . 

II. In questo uomo la respirazione mai non 
aveva sofferto disordini costanti, e notabili, 
salvo negli ultimi anni, che (secondo il solito dei 
vecchi atticciati ) la aveva provata un popoco 
laboriosa come neppure la circolazione , che fu 
sempre libera fino alli 28 del mese di gennaio dello 
stesso anno, la sera del qual giorno venne égli 
colpito dalla apoplessia , che in cinque dì lo ha 
strozzato. 

III. Dal sinistro ventricolo del cuore di questo 
vecchio partiva un* aorta con il suo troncò quasi 
ovale, di diametro traverso uguale a linee 22. 
e mezza , di perpendicolare alle vertebre linee 16. 

IV. Gettava immediatamente « due tronchi 
delle coronarie , ed allontanatosi appena tre li¬ 
nee, e un terzo dalla base del cuore, si divi¬ 
deva in due, caduno * dei quali tronchi aveva 
linee 18. -f- /: *. di diametro; salivano (de¬ 
scrivendo un arco notabile ai lati ) verso la 
sommità del torace di modo, che tra tutteddue 
i tronchi occupavano in mezzo alla parte po¬ 
steriore di tale cavità pollici 3 . fin. 10. -f-. / :. z. 
di spazio, all’ altezza d’ onde se ne spicca¬ 
vano le arterie succlavie. 


tante di tutte le parti piu amene della Filosofia, 
e delle Belle Lettere . 

Fig* i. 1. num. e /o. 



ANGEJOTOMIA III 

V. Si impicciolivano sensibilmente intanto, che 
si alzavano in faccia alla trachèa, e gettato il 
terzo ramo da ambedue i lati *i si riducevano 
a linee 13 , e un terzo di diametro, e tra tut- 
teddue occupavano pollici 2. liti. 2. di spazio 
traversale. Qui riuniti davano principio all’aorta 
discendente , *2 che avea quattordici linee di cali¬ 
bro ; lo spazio dittico voto *3, fra i due tron¬ 
chi nel!’ accennata guisa incurvati era poco più 
largo d’un pollice, alto pollici tre. 

VI. L’ unione di questi due tronchi è- molto 
irregolare. L’imboccatura dei destro, che appa¬ 
rentemente avrebbe dovuto essere il vero tron¬ 
co; dell’ aorta, e che veramente si continuava 
con la discendente , era per lo meno larga dop¬ 
piamente di quelja del sinistro ; e quest’ ultima 
era angustiata da una doppiatura delie membra¬ 
ne interne di questi vasi , la quale faceva una 
specie di falce semihmare con le corna rivolte 
allo ingiù. Il diametro della porzione del tron¬ 
co più vicina a questa valvula era il doppio 
dell’apertura, onde il tronco sinistro sboccava 
nel destro, appunto ove dà origine all’ aorta 
discendente. 

VII. Amendue i tronchi due pollici, e dieci 
linee e mezza lungi dall’ uscita delle coronarie 
gettano le succlavie *4 , che hanno linee 11. 
di diametro ; più in alto, alla distanza di linee 


*1 Fig. 1. e 1. n. 14. t 17. 
*2 Fig. 1. e n. iS. 

*3 Fig . 1. n. 8 . e, 19. 

*4 Fig. 1. e 2. /z. II. e 12* 




121 CAPITOLO SESTO 
ffe e mezzo ne escono le carotidi esterne *i 
con il diametro di tre linee sole. Dopo quattro 
linee di corso in alto dai medesimi tronchi dell* 
aorta si spiccano le carotidi interne *i larghe 
sei linee e mezzo. Da queste poi' all*aorta di* 
scendente , che si trovava nella parte più alta 
posteriore del torace *3 vi è la distanza di li¬ 
nee diciassette. 

- Vili. Così strana diramazione era perfettamente 
simmetrica , e non recava punto di confusione 
fuori nè dentro della cassa del torace , poiché 
i tronchi delle succlavie si portavano oltre alla 
prima costa nello spazio , che ivi lasciano le 
porzioni inferiori del muscolo scaleno ; gettava¬ 
no i soliti rami all’interno delle mammelle, al 
mediastino , al pericardio , e al timo, davano 
origine alle vertebrali, alle cervicali, e si cac¬ 
ciavano sotto le ascelle passando immediata¬ 
mente dietro al tendine del grande pettorale, 
dove io gli abbandonai. 

IX. I secondi tronchi che formavano le sole 
carotidi esterne *4, e gli ultimi più alti, e po¬ 
steriori , che costituivano le sole carotidi inter-- 
ne, *5 salivano paralelli ai lati della trachèa- 
prendendosi in mezzo le jugulari interne fino 
all’altezza della cartilagine cricoidèa. Là i tron¬ 
chi delle carotidi esterne portandosi più innanzi 


n. 13. e 18 
n. 14. e 17. 
da 14. e 17* a li. 
n. 13. e 18. 

5 ivi n. 14. 4- 17. 


Ivi 
*1 Ivi 
*3 Ivi 
*4 Ivi 



ANGEJ0T0M1A 

con le jugulari, s’incrocicchiavano con le caro¬ 
tidi interne per avvicinarsi maggiormente alla 
laringe. Le carotidi interne se ne discostavano 
alquanto curvandosi in fuori ; ricurvandosi poscia 
in dentro , penetravano nell’orifizio del canale ca¬ 
rotideo , mentre che le carotidi esterne, piega¬ 
te insensibilmente all’ infuori si portavano tra 
l’angolo posteriore della mascella inferiore , e 
la-i gianduia parotide , per distribuirsi alle tem¬ 
pie ec. ec. 

X. Sebbene i tronchi descritti avessero una 
capacità tanto più ampia del naturale , e fossero 
doppi. Ciò nulla ostantè per un mirabile magi¬ 
stero le parti, cui si distribuivano , punto di san¬ 
gue non ricevevano più di quello , che ne ri¬ 
cevono le parti medesime degli altri corpi privi 
di questa distribuzione , perciocché nei loro tra¬ 
gitto i medesimi vasi si stringevano a poco a 
poco in guisa, che fuori del torace si trova¬ 
vano ridotti al calibro ordinario. 

XI. Della qual cosa l’aorta discendente *i 
è un esempio ; perciocché essendo formata dal 
confluente dei due tronchi amplissimi dell’ ascen¬ 
dente , *i pure fin dal suo principio aveva la 
sola capacità delle aorte discendenti comuni. 

XII. Nella stessa guisa le succlavie strin¬ 
gendosi a tenore dell’ obbliquo loro tragitto die¬ 
tro alle clavicole, non uscivano dal torace pri¬ 
ma d’essersi ridotte all’ ordinario calibro ; per 


*i Ivi Fig. i. n. 15. 

*z Fig. 1. e 2. n. c io. 
Ivi n. 11, e iz. 


r&4 CAPITOLO SESTO 
la qual cosa le braccia ricevevano il solo con¬ 
sueto loro sangue. 

XIII. Così era delle carotidi sinistre *i , ma 
non così delle destre *z , le quali più robuste 
di tuniche, e sovente indurite per forti conden¬ 
samenti ossosi, apparivano alquanto più capaci, 
massime la carotide interna *3 , la quale aveva 
siffatti condensamenti fin nel cranio medesimo, 
al fianco destro della fossa pituitaria : erane pu¬ 
re ossoso perfino il tronco dell’ arteria oftalmi¬ 
ca , la quale ognuno sa procedere dalla caroti¬ 
de interna appena sboccante nel cranio , prima 
che ne sia nato verun altro ramo. 

XIV. Nè solamente queste carotidi erano più 
robuste, e difformi per tali condensamenti ; lo 
erano altresì la succlavia destra *4 , e il tron¬ 
co dell’ aorta medesima *5 più , che nissunadelle 
arterie mentovate, perciocché tra la fibrosa , e 
la membranosa tunica, oltre ai condensamenti 
ossosi, avea pure molti raccoglimenti cemen¬ 
tosi , e gessati , disposti a inucchii irregolari, 
che lo rendevano aspro, e bernocoluto in più 
di quaranta luoghi, dove erano più sollevati, 
e confusi : erano però maggiori i mucchi alla 
parte interna dello spazio elittico, cioè nel con¬ 
cavo della curvatura del medesimo tronco destro. 


*1 Fig. 1. e 1, n. 13, 9 14. 
*2 Ivi n. iS, e 1 7; 

*3 Ivi n. 17. 

*4 Ivi n, 11. 

*5 Ivi n t <2+ 




ANGEJOTOM1A I2f 

XV. Dirimpetto alle diramazioni superióri */, 
e verso il principio dell’ aorta discendente ( la 
quale di tratto in tratto ne era ghermita anche 
essa ) vedeansene molti, de’ quali più apparenti 
ne erano i raccolti alla faccia anteriore superiore. 

XVI. 11 tronco sinistro *2 dell’ aorta è mol¬ 
to piu debile , nè vi appare orma di conden¬ 
samento , come neppure nei tronchi, che ne 
dipendono. 

XVII. Vedremo a suo luogo come dal ven¬ 
tricolo sinistro del cuore *3 , alquanto piu car¬ 
noso dell’ ordinario , nascendo 1* aorta mostruo¬ 
sa descritta, avesse cinque valvule semilunari 
d’intorno all’ ovale suo orificio , e nello stesso 
tempo ne considereremo la struttura, e i difetti. 

XVIII. Ho annessa qui la precedente descri¬ 
zione , e vi congiungo le figure , acciocché non 
se ne perda la memoria, e si abbiano pure al¬ 
cune notizie sullo stato dell’ arteria pulmonaria 
dello stesso soggetto, le quali ancora non era¬ 
no state da me trasmesse al Ch. sig. Dottore 
Bonaventura Revelli Medico di Saluto 
che per la su 3 tenera amicizia verso di me 
volle, appena ricevutele, pubblicare le prime. 
Nasceva queir arteria pulmonaria *4 dal ventri¬ 
colo destro, assai più anteriormente del solito, 
ed avea quindici linee di calibro all’ uscire di 
tra le fimbrie grassose, che circondano la base 


*1 Ivi dal n. 18. al 15. 

*z Ivi n. io. 

*3 Fi %' i- n. I. 4- h' »• *•> 4* 

*4. Ivi n. 8. 



Il 6 capìtolo sesto 
del cuore, e dal dissotto dell’ orecchietta de» 
stra */. 

XIX. Alla sua radice avea tre gobbe corri¬ 
spondenti ai seni delle tre valvule semilunari , 
una destra, una sinistra, ed una posteriore. 

XX. Anche nel nascere piegava a sinistra per 
arrivare nello spazio ovale esistente fra ì tron¬ 
chi dell’aorta, dove il diametro della pulmo- 
naria *2 non era salvo d’undici linee ; e pri¬ 
ma di comparire alla feccia posteriore di quello 
spazio gettava il canale arterioso nella parte in¬ 
terna del tronco sinistro dell’ aorta , là dove ap¬ 
pena cominciava a scostarsi dal tronco destro : 
quel canale era un solido, e robusto ligamento. 

XXI. Nel passare fra i tronchi suddetti dell* 
aorta la pulmonaria descriveva un arco nota¬ 
bile , e spuntando alla feccia posteriore del dop¬ 
pio tronco *3 se ne aumentava la capacità a 
segno , che dividendosi tosto in due rami *4 di ca¬ 
libro uguale , ognuno d’ essi era largo poco meno 
di mezzo pollice , e discostandosi il destro dal 
sinistro , occupavano due pollici di spazio tra¬ 
versale prima d’immergersi nei pulmoni. 

XXII. La tessitura di tutta questa arteria, 
benché robusta, non si accostava però alla so¬ 
dezza del tronco destro dell’ aorta ; e se aves¬ 
simo fatto una linea retta dell’ arco, che ella 
descriveva dalla sua radice alla primiera sua di- 


*1 Ivi n. 3. 

*2 Fig. 1 . n. 8. 
*3 Fig. 2. ». 8. 
*4 Ivi n . 8. 6 . 6 . 




AffGEJOTOMIA II 7 

Visione, questa linea avrebbe superato i cinque 
pollici in lunghezza. 

XXIII. Nelle vene non aveva mostruosità ap¬ 
parente : il seno delle due vene cave era però 
totalmente diverso dall’ ordinario ; cioè , la vena 
cava discendente, e la ascendente si univano 
secondo il solito , formavano un ampio sacco, 
dove trovai ( nel sito, che avrebbe dovuto es¬ 
sere occupato dalla valvula d’EuSTACHlO) un ca¬ 
nale brevissimo , che comunicava con la vera 
orecchietta destra del cuore per un’ apertura *i 
larga dieci linee di diametro , di maniera, che 
il confluente delle vene cave, e la vera orec¬ 
chietta formavano due cavità distinte, e comu¬ 
nicanti per quel breve, ed angusto canaletto. 



ARTICOLO 77 . 


Osservazioni d? alcune aorte umane , che dalC arco 
gettavano due soli tronchi . 

XXIV. N on ancora versato nella zootomia, 
quando partecipai al Dottore Revelli la pre¬ 
cedente osservazione dell’ aorta doppia , gli pre¬ 
sentai pure, come uno scherzo di natura, o 
una mostruosità per difetto, il nascere le sole 
succlavie dall’ aorta d’ un cane stato da me spa¬ 
rato ,* consecutivamente però sono stato con¬ 
vinto della costanza di tale diramazione in que- 


*i Fig. z, n. 7, 



IZS CAPITOLO SESTO 
sto quadrupede prima per la lettura degli Ele¬ 
menti di Fisiologia dell’ immortale AlleRO , indi 
per le anatomie di parecchi individui di quella 
specie . 

XXV. Ho però negli anni seguenti veduto in 
due cadaveri umani dall’ arco deli’ aorta a nascere 
le due sole succlavie, e da caduna di questa 
una carotide. 

XXVI. Ho veduto inoltre in un bambino a 
spiccarsi le sole succlavie dall’ aorta , indi la suc¬ 
clavia destra d’assai maggiore calibro produrre 
la carotide sinistra , e poche linee più alto la 
destra , appunto come nei cani, e come si vede 
rappresentato nella qui annessa tavola alla figura 
III., che è stata copiata dalle parti corrispon¬ 
denti di quel bambino . 



ARTICOLO 111 . 


Osservazioni de * cangiamenti , che V aorta soffre 
nel suo calibro aW origine sua dietro le valvule 
semilunari , ed aW arco. ; . 

XXVII. on è cosa nuova la triplice tube¬ 
rosità da me stata notata alla radice dell’arteria 
pulmonaria, propio nel sito corrispondente ai 
seni delle valvule semilunari: ViDO ViDiO la 
aveva già espressa in una figura*, come altresì 
Valsalva , e cento altri anatomici dopo di loro , 


De Anatome Tab. y 5 > Fig. X. 



ANGEJOTOM1A 12$ 

negli avanzati in età vedendosi per 1* ordinario 
tuberose in quei luoghi, e questa, e l’aorta. 

XXVIII. E’ pur noto, che nei vecchi l’arco 
dell’ aorta si trova notabilmente cangiato , vai? 
a dire in vece, che nei giovani la succlavia 
destra è anteriore , indi nasce la carotide sinistra 
dalla sommità dell’ arco, alquanto più indietro , 
e finalmente, ancora più a tergo , e a sinistra , 
spiccasi la succlavia sinistra tenendo lo stesso 
livello , che la destra; nei vecchi la succlavia 
destra, è più al basso; siegue la carotide sini¬ 
stra ; e più alto delle precedenti nasce la suc¬ 
clavia sinistra ; nè siamo ancora alla sommità 
dell’arco, perciocché nei soggetti più in età 
avanzati, primachè si arrivi alla medesima, dal 
sito , ove nasce la succlavia sinistra , v* è tal¬ 
volta mezzo pollice, e più di spazio. 

XXIX. In cima all’arco la parte superiore 
della periferia dell’aorta è pure nei vecchi assai 
più elevata, e talora disuguale per uno sfondo 
capace del polpastrello del pollice; non è raro 
trovare la volta di quello sfondo ghermita di 
condensamenti calcarei, eziandio in quei sog¬ 
getti, nelle arterie dei quali non se ne trova 
traccia in verun altro luogo. 




Parte II. 



I 30 CAPITOLO SESTO 



ARTICOLO IV. 


Osservazioni d y otturamenti sofferti 
dalle arterie umane. 

XXX. N el cadavero d’una vecchia ho tro¬ 
vato l’ arteria vertebrale sinistra affatto ostrutta 
per una sostanza tofacea giallastra, che aveva 
conglutinate, e confuse insieme immobilmente 
tutte le apofisi traversali delle vertebre del collo, 
e si continuava per 1* arteria suddetta fin vicino 
al margine inferiore della protuberanza annulare, 
ma la vertebrale destra non era alterata. 

XXXI. In un fanciullo strumoso, nel collo, 
del quale una gianduia indurita aveva gettato 
profondissime radici, non solamente era stata 
spinta a sinistra la trachea, ma era giunta a pre¬ 
mere , ed offendere la quinta, e la sesta verte¬ 
bra del collo acciaccandovi contro la carotide , 
e i nervi simpatici grande , e mezzano , di ma¬ 
niera , che tutto essendo confuso, ed insieme 
conglutinato , fu cosa vana il cercare di distin¬ 
guere gli ultimi dalla prima , e discernere in quelle 
arterie la cavità. E’però degno d’osservazione, 
che tale struma appena elevava un cotal poco 
gli integumenti, mentre., che le altre glandule 
vi aveano fatto difformi elevazioni, senzachè 
venissero sensibjlmenté* compressi nè i musculi, 
nè i rami della jugulare esterna. 



ANGEJOTOMIA 


• 13 I 


ART ICO LO V. 

Osservazioni degli aneurismi piu notabili stati 
osservati dall'Autore. Aneurisma dell'arteria 
emulgente sinistra . 

XXXII. Xn risguardo allo stato morboso delle 
arterie per gli aneurismi , tuttoché io tenga già 
preparata un* ampia dissertazione, che sarà pub¬ 
blicata allora , che abbia la necessaria maturità, 
non vo tralasciare però di recare in questo luogo 
le seguenti osservazioni, giacché vengono tanto 
a proposito in prova delle verità, che mi sforzo 
di rendere sempre più apparenti. La prima è di 
un mostruoso aneurisma dell’ arteria emulgente, 
che ho discoperto gli ultimi giorni d’ottobre 1770. 
nello Spedale di s. Gioanni di questa Metropoli 

nel cadavero d’ un certo Giorgio M.della 

valle di Lucerna, calzolaio di professione, di 
anni 45. ipocondriaco-bilioso dato alla crapula, 
ed al vino, solito di abitare in una bottega al 
piano di terra , umida , e poco ariosa. 

XXXIII. Quell’infelice alli zj. di settembre 
dell’anno 1 sentissi un dolore sordo alla re¬ 
gione lombare sinistra senza avere fatto sforzo 
alcuno ; poco .dopo s’ accorse di grave difficoltà 
nell’ orinare ; consecutivamente questa evacua¬ 
zione gli fu totalmente soppressa per vari gior¬ 
ni. Intanto non potea sedere ; ma a poco a poco 
le orine, benché scarse, ripigliarono il corso 
loro senza rimedio alcuno , e il dolore si rese 




1J2 CAVI VOLO SEST O 
piu mite ; però al luogo dolente si elevava un 
tumore pastoso , che non mutava il colore della 
pelle , ed aveva una molto sensibile pulsazione. 

XXXIV. Verso il fine di novembre fu mo¬ 
lestato da una specie di sciatica alla coscia , ed 
alla gamba sinistra, che gli cagionava acutissimi 
dolori, e il tumore prendeva aumento, ed in¬ 
comodava 1* infermo a segno , che fu costretto 
di ricorrere da un empirico, il quale unse le 
parti dolenti con olio , e sul tumore dei lombi 
applicò un vescicatorio. 

XXXV. Fosse l’idea, la fiducia dell’infermo, 
o P evacuazione di molta di quella materia acre, 
stimolante, che trassudando dalla parete del tu¬ 
more , e filtratasi tra i muscoli, e nella cellu¬ 
losa vicina , tutto dolorosamente irritava , ei ne 
provò sollievo. Dalla esulcerazione prodotta 
dal vescicante d’allora in poi continuò a goc¬ 
ciolare sempre molta linfa, e mai più non si 
copri di buona, e stabile cuticola. 

XXXVI. Esacerbatisi i dolori, e la sciati¬ 
ca, ai 16. d’aprile/770. ponessi al nostro Spe¬ 
dale di s. Gioanni, ed ivi la dieta , il riposo, 
le decozioni alteranti, e gli altri medicamenti, 
che usò per quaranta giorni, ed altre necessarie 
attenzioni guadagnarono tanto contro i dolori, 
e la debolezza , che sentendosi alquanto solle¬ 
vato , persuaso male a proposito, che per il suo 
male era necessario il moto, e l’aria libera, 
usci dallo Spedale, e con suo danno, perchè 
vi fece ritorno li 6 . d’ Agosto in pessimo stato. 

XXXVII. Il tumore dei lombi, cresciuto a dis¬ 
misura , si stendeva verso la parte sinistra dalle 
false coste all’ilio, e dal bellico alle vertebre.. 



ANGEJOTOM1A I 3 J 

triangolare, più che altrove elevato quattro dita 
al dissOpra della cresta dell* ilio , un poco in¬ 
dietro ; la pulsazione in tutto il medesimo era 
violenta, continua ; seguiva il ritmo del polso ; 
si faceva sentire , $ si vedea sollevare la metà 
sinistra della medesima cavità. Dalle screpola¬ 
ture superficiali, che vi erano sopra, gemeva 
un icore rossigno , che invernicava come il bian¬ 
co dell’ uovo le parti su cui cadeva, e le ren- 
dea sode , fetenti, e dure. 

XXXVIII. Nel più affannoso de’suoi languo¬ 
ri , avrebbe pur voluto, che gli si spaccasse 
quel tumore, cagione a lui di tante pene : ma 
e chi dotato di fior di senno avrebbe mai ade¬ 
rito ad inchiesta si inopportuna, ed intrapresa 
una operazione, che d-ovea riescire tosto mici¬ 
diale ? Pur troppo sovente a si funesto partito 
si appigliarono inavvertentemente uomini, che 
pensando in casi consimili di restituire ai miseri 
infermi la sanità, loro diedero la morte/ Sene 
leggano gli esempi negli scritti di Arderò , 
dei Mangeti, del Van-Horne, e di Scken- 

CKIO * t . 

Dunque non fuvvi chi si lasciasse muovere, 
nè sedurre dalle importune preghiere dell* infer¬ 
mo. Però il Ch. sig. Giambatista Verna Ce¬ 
rusico maggiore dello Spedale suddetto , attual¬ 
mente Cerusico dell’ A. R. del sig. Duca del 
Ciablese, alla prima occhiata conosciuta la natu¬ 


ri Questo Autore al capo de* tumori oss.lll. 
ne accenna uno , che aperto col caustico poten¬ 
ziale cagionò la morte. 




,34 capitolo sesto 
ra indomabile del morbo proccurò di rassicurar¬ 
ne l’infermo, ed intanto provvide acciocché i{ 
tumore così impetuosamente non crescesse, e 
l’infelice passasse gli ultimi giorni suoi con mi¬ 
nor incomodo ; tuttavia inchiodato nel letto eb¬ 
be diarree , che lo estenuarono. Al fine di set¬ 
tembre cominciò a soffrire frequenti palpitazio¬ 
ni , foriere infauste delle ansietà, deliquii, e 
terribili ambasce , che presto insorsero . Gli si 
> abbassò sensibilmente la voce , gli gonfiò ede¬ 
matosa la coscia, la gamba, e il piè del lato 
offeso, e lo scroto ; crebbero le nausee , le 
inquietudini, le languidezze, le gocciole di su¬ 
dore freddo alla fronte, al giugolo , ed al prin¬ 
cipio di ottobre finì di penare. 

XXXIX. Ansiosissimo di scoprire la cagione 
di così lunghe pene, e di tal morte , lo sparai , 
e trovammo veramente in quel cadavero 1’ aneu¬ 
risma deir arteria emulgente, che crescendo avea 
diviso in due parti il rene , di modo che una era 
comparsa sul lato più convesso del sacco , 1* al¬ 
tra doveva essere rimasta fralla parte posteriore 
dèi sacco stesso, ed i muscoli de* lombi. Le 
pareti dell’ aneurisma erano spesse , massime po¬ 
steriormente , perchè v’erano impegnate sino le 
stesse aponeurosi, ed i muscoli : spessezza che 
in gran parte dipendeva da uno incrostamento 
poliposo fattosi al didentro del sacco, che erasi 
trovato pieno di sangue nero in parte sciolto , i 
grumi del quale se ne dovevano estrarre ad am¬ 
be mani, e inorridimmo trovando cariose perfi¬ 
no le vertebre soggette. L’ aorta , là donde se 
ne spiccano le emulgenti, un po più in basso, 
molto crassa, di tonache quasi ligamentose , e 



A NGEJOTOMIA 135 

cartilaginose , di calibro piu angusta vedevasi de! 
naturale sicché appena vi si poteva introdurre la 
punta del mignolo . In alto , benché di tuniche 
più spesse, era però più ampia del solito , per¬ 
chè con tutta agevolezza vi si cacciava dentro il 
pollice. Diminuiva insensibilmente, ed allo sboc¬ 
care della mesenterica superiore riducevasì al na¬ 
turale calibrof. 

XL. Tra queste angustie, e queste dilazioni 
morbose ne usciva a destra sana 1* emulgente , 
ed un po più al basso la spermatica, anche essa 
naturale , ma della spermatica sinistra vidi sola¬ 
mente la parte inferiore diramata, maggiore del 
solito , perchè avea rami, che pareggiavano la 
terza corda d’un violino : ne ho lavati alcuni , 
e parevano tubolini di cuojo bianco. 

XLl. La porzione anteriore dei rene già distac¬ 
cata era consunta alla faccia , con la quale appog¬ 
giava sull’ aneurisma , massime inferiormente ; in 
alto era intera, del consueto volume, e figu¬ 
ra : 1’ altra porzione fu vano il cercarla. 

XLII. Distaccato il rimasuglio del sacco, vi¬ 
dimo il guasto, che avea fatto sulla cresta dell* 
ilio, dove si attacca il tendine del gran dor¬ 
sale. Era carioso per 1 ’ altezza d’un dito, su due 
di larghezza : trovai cariose la terza , e più la 
quarta costola falsa ridotta in frammenti mace¬ 
rati ; dell’ultima non ne rinvenni il menomo se¬ 
gno. Vidi corrose le apofisi traverse sinistre dell’ 
ultima vertebra dorsale , e delle quattro prime 
lombari ; alla prima d’ esse manca il terzo del 
corpo roso in isbieco d’alto in basso ; la se¬ 
conda ha il corpo ridotto a meno della metà , 
o se ne desidera anche 1’ apofise obbliqua infej 



I 36 CAPITOLO SESTO 
riore, della terza vi rimane una sola linguetta 
ossea della parete posteriore sinistra del canale 
della spina ; non ha più 1* apofise obbliqua , nè 
la traversale : la quarta, come la precedente , 
manca di buona parte del corpo, e delle apo- 
fisi stesse.* e l’ultima ha un leggiere guasto nel 
lato superiore sinistro del corpo, dove manca 
F orlo . 

XLII 1 . Nel sollevare il sacco osservai , che 
il picciolo muscolo del diaframma da quella ban¬ 
da fu consunto, e macerate le fibre muscolari; 
le parti tendinose, ed aponeurotiche vicine, 
tinte del colore della feccia del vino tendente 
al nero , tintura proveniente dall’ inzuppamento 
della cellulosa, le di cui cellule passando tra 
lamina e lamina, tra nastro, e nastro le av¬ 
volgono tutte, e le uniscono, piene del suddetto 
umore nereggiante , che aveane divisa fibra da 
fibra, e altrove faccetto da fascetto, sicché mi 
riuscì di sciogliere dal corpo del tumore pezzi 
di aponeurosi ( forse del traversale dell* abdo- 
mine) larghi due dita su lunghezza maggiore, 
che parevano un composto di nastri sottili , e 
stretti, gli uni paralelli agli altri, e distinti da 
una srriscia per parte di quella macerata cellu¬ 
losa , che molto debilmente gli univa. 

XL 1 V. Le fibre aponeurotiche serbavano il 
colore naturale, mentre i fiocchi di tale cellu¬ 
losa erano intensamente coloriti. Gli scommuz- 
zoli delle tonache arteriose non erano piu sen¬ 
sibili , eccetto verso 1* aorta, perchè quel fosco 
limaccioso umore, che ne avea scostate, e di¬ 
sperse le sostanze, le avea spappolate in manie¬ 
ra , che non se ne potea più riconoscere vesti- 



ANGEJOTOMIA 

gio. V* erano di tratto in tratto fascetti musco¬ 
lari , ma tanto lontani gli uni dagli altri, ed iso¬ 
lati , che per la confusione, che ivi regnava , 
non potei riconoscere a quale muscolo apparte¬ 
nevano. 

XLV. Il ventricolo, e gl* intestini erano sa¬ 
ni , e voti ; la milza e il fegato impiccioliti ; il 
pancreas nè in sito , nè facile a conoscersi ; il 
mesenterio in molti luoghi nericante anche esso; 
le viscere del petto fuorché 1* aorta ( di cui la 
tunica interna era sparsa di quelle macchie, che 
accennerò nella sezione n. 14. ) sane, e natu¬ 
rali; le pareti del cuore un po troppo sottili, 
e distese, e i suoi ventricoli pieni di sangue 
nero , e di polipi ; ed è qui appunto, che ho 
dimostrate la prima volta ad occhio nudo le 
fibre muscolari delle valvule dell’aorta, e dell’ 
arteria pulmonaria. Le altre membra ( salvo lo 
scroto, e la estremità inferiore sinistra edema¬ 
tosi ) erano ridotte aduna emaciazione sorpren¬ 
dente. 

Aneurisma delV arco , e del tronco discendente 
dall'' aorta, 

XLVI. Pietro Rius di Clermont in Linguado- 
ca , ricoverato li n. luglio 177o. nel nostro 
Spedale maggiore, aveva un aneurisma in mezzo 
alla parte superiore del petto, che io vfdi, 
toccai, ed esaminai piu volte. Era coperto dal¬ 
la pelle di colore livido , poco elevato, resi¬ 
stente , e pulsante a traverso dello sterno , che 
ivi sentiasi bucato , e mancante Era soggetto 
a frequenti palpitazioni, ed ansietà; morì idro- 



SESTO 


,38 CAPITOLO 
pico li 17. dello stesso mese, e damine essen¬ 
done stato aperto il cadavere, vi si trovò una 
dilatazione dell’ arco dell* aorta , che scendeva 
giù sotto lo sterno molto in basso , e di gros¬ 
sezza tale, che simulava un altro cuore. Avea 
la superficie interna invernicata d’una materia 
gialla ; e le concrezioni polipose, da cui erano 
inspessate le pareti, s’ intrecciavano come fanno 
i fascetti carnosi delle pareti interiori del cuore 
stesso , come fibre veramente organiche. Il più 
largo pezzo dello sterno era stato corroso , di 
maniera, che il buco n’ era lungo quasi due pol¬ 
lici. Seppi che 1 * infermo avea portato simile 
tumore per sei anni , e fino all’ ultimo mese non 
gli aveva recato incomodo , salvo qualche dif¬ 
ficoltà nel respiro. 

XLVIl. E’ degno d’ osservazione il cangia¬ 
mento , che 1’ infermo assicurommi quell’ aneu¬ 
risma avere sofferto. Da prima gli si era col suo 
pulsare reso sensibile , e colla elevazione, in 
quello spazio , che è tra la quarta , e la quinta 
costa vera del lato manco ; me ne fece tocca¬ 
re il sito dove le loro cartilagini si uniscono 
allo sterno , ed infatti vi si sentia la mancanza 
del muscolo intercostale, e il dito vi penetra¬ 
va molto addentro senza incontrare altra resi¬ 
stenza, che la appostavi dagli integumenti; ma 
al dire dell’ infermo qui il tumore non superò 
mai la grossezza d* una nocciuola, ed insensi¬ 
bilmente svanì intanto , che al dissopra andava 
crescendo , ed elevandosi. 

XLVIII. Alli 3/. di giugno dello stesso anno 
fuvvi anche ricoverato un facchino con aneuris¬ 
ma probabilmente della succlavia sinistra , pari 



AN GEJOTOM1A J](? 

in volume ad un uovo di gallina ; avea comin¬ 
ciato a crescere , e pulsare sopra la clàvicula 
di quel lato fino da cinque mesi avanti. Se gli 
si comprimeva , sentivasi mancare il respiro , 
e lo tormentava più atrocemente la sera , ed 
alla notte. Non poteva senza gravi ambascie, e 
strane smorfie , e contorcimenti inghiottire boc¬ 
coni sodi , e non bene umettati ; lagnavasi di 
una continua tensione violenta nel collo , e di 
frequenti vivissime punture nelle parti vicine al 
tumore, incostanti però, e vaghe. Non ne sep¬ 
pi novella da che uscì volontariamente dello 
Spedate molto più aggravato ai 2. di settembre. 

Aneurisma del principio dell' aorta. 

XLIX. Nei mesi caldi del 177/. repentina¬ 
mente mori un Officiale di questo Spedale me¬ 
desimo, e non ebbe, salvo pochi minuti di pre¬ 
cipitosa agonia. All’ apertura del cadavero in 
presenza del celebre sig. Cigna , allora Medico 
assistente nello stesso Spedale, e Professore 
straoidinario di Notomia in questa Regia Uni¬ 
versità , si trovò la cagione di morte così ro¬ 
vinosa nella screpolatura d’un aneurisma deir 
aorta stessa, appena uscendo dal cuore. Per 
tale apertura il pericardio si era empiuto di 
sangue , ed aveva impediti i moti di quella vi¬ 
scere in modo, che ne fu soffocato quell’ infe¬ 
lice . 

L. Questo aneurisma , che lo stesso Ch. sig. 
Dottore conservo lungo tempo, era grosso co¬ 
me un uovo di gallina , ed avea due aperture, 
o screpolature nell’ esterno , una superiore quasi 



I 4 0 CAPITOLO SESTO 
rotonda, e 1’ altra nella maggiore sua convessi¬ 
tà , molto ampia , ed irregolare, che comunica¬ 
va con 1’ arteria , ( dalla parte sinistra esteriore 
della quale si elevava come un sacco al canale 
medesimo affisso) mediante un foro quasi ton¬ 
do , il diametro del quale non si avvicinava al 
terzo del diametro del sacco stesso , che strin- 
gevasi a misura , che si accostava al canale. 

LI. L’ Officiale non ne avea avuto segni par¬ 
ticolari vivendo , era sempre stato rosso di fac¬ 
cia , rauco di voce, piuttosto allegro, ma bi- 
liosetto di temperamento , amante dei liquori 
spiritosi, e del vino; soggetto a momentanee 
oppressioni di petto , in tempo delle quali pa- 
reagli di trarre sollievo dal sedere basso , e stare 
col corpo incurvato in avanti, nella quale si¬ 
tuazione traeva meglio il respiro. 

Aneurisma dell' aorta discendente. 

LII. */ Una Signora d’anni 60. circa, madre di 
più maschi prosperosi, solita di godere una lo¬ 
devole sanità, di temperamento sanguigno-pi- 

* 11 eh. sig. Doti. Bellardi Priore del col - 
legìo di Medicina della R. nostra Università , 
sapendo , eh' io preparava i materiali per la men¬ 
tovata dissertazione sugli aneurismi , si è degnato 
di comunicarmi la presente osservazione , eli io 
non posso astenermi dal pubblicare adesso , per¬ 
ché contiene alcune circostanze- capaci di rendere 
assai piu facile , e sicuro il diagnostico di queste 
malattie , quando intaccano le arterie principali 
dell* abdomine , e perché aggiunge peso alle con - 
ghietture } eh io cerco di realizzare . 



ANGEJOTO MI A 14 I 

tuitoso , fu soggetta a palpitazioni frequenti con 
una sensazione molesta allo stomaco , della quale 
però non faceva gran caso. Essendosi queste re¬ 
se assai più gravi, fui chiamato a visitarla, e 
nel diligente esame , che ne feci, osservai, che 
i polsi erano, costantemente intermittenti , e vi¬ 
branti., e che corrispondevano alla intermittenza, 
alla offuscazione della vista , ed all* ansietà della 
respirazione, che obbligava l* inferma a sedere 
con il petto elevato nel letto. Questi sintomi 
giudicare mi fecero, che nei vasi maggiori vi¬ 
cini al cuore in questa donna regnasse qualche 
vizio organico , e sospettai d’aneurisma. Conse¬ 
guentemente a tale sospetto le ho prescritto due 
salassi, dai quali ebbe sollievo cosi grande , che 
ella si credette guarita ; il polso però , quantun¬ 
que non avesse più sensibile vibramento , nè in¬ 
termittenza , non a'veva acquistato il ritmo na¬ 
turate , e passati appena quindici giorni, si ma¬ 
nifestarono di nuovo , e con eguale intensità i 
descritti sintomi, e di nuovo provò sollievo dal 
salasso, che nel decorso di tre mesi fu cinque, 
o sei volte rinnovato. 

Un sintonia singolare si aggiunse, che merita 
d’ essere particolarmente considerato , perchè 
( come si vedrà dall’ apertura del cadavero ) ha 
stabilito nella suddetta inferma una diagnosi pre¬ 
cisa del sito dell’ aneurisma, ed è questo. Si 
querelò l’ammalata d’un senso di compressione 
fatta da un corpo esistente al fondo del ventri¬ 
colo , come se avesse avuto la testa d’ un bam¬ 
bino in quel sito , che pulsasse, e tate pulsa¬ 
zione te si manifestò pure lunghesso il dorso 
. alla parte opposta, e quivi era con dolore. 



141 capitolo sèsto 

Passò quattro mesi in tale stato, e intanto 
diminuirono le orine , comparve l’edema alle 
estremità inferiori, essendo preceduti alla re¬ 
gione del ventricolo dolori eccitati, come l’in¬ 
ferma si spiegava , da colpi di lancetta. 

Ccn T ajuto de’ medicamenti diuretici si ria¬ 
perse il corso alle orine, e si superò 1* edema ; 
però non cessarono gli altri sintomi sovrade- 
scritti, sicché essendo ricomparso, e stato sciolto 
due volte con gli stessi medicamenti il tumore 
edematoso , passati ancora in continue pene due 
mesi , l’inferma fu sorpresa da emiplegìa, che 
nel decorso della stessa giornata degenerò in apo¬ 
plessia forte , per cui cessò di vivere. 

Il giorno seguente essendo stato aperto da 
due Cerusici il cadavero alla presenza di varie 
persone degne di riguardo, io prima, che se ne 
facesse attento l’esame del torace, e dell’abdo- 
mine, avendo narrato 1* istoria della preceduta 
malattia, esposi pure il mio giudizio sopra resi¬ 
stenza, e il sito preciso dell’aneurisma. 

Quindi aperto il torace si sono trovati i pul- 
moni affatto sani, sana pure l’aorta ascendente, 
ma il cuore si trovò d’una mole doppia dell* 
ordinario, nè altro vizio si ha potuto ricono¬ 
scere. Essendo ciò nulla ostante persuaso , che 
sì grande mole del cuore era un effetto d’altra 
cagione primaria del male, ho invitato i sig. 
Incisori ad esaminare l’aorta discendente, e di 
fatti, inciso il diaframma , e separate le parti , 
come era necessario , ci si presentò all* occhio 
il tronco dell’ aorta sotto la volta di quel mu¬ 
scolo , ampliato del doppio, e tale dilatazione 
stendevasi fino all’ origine dell’ arteria celiaca , 



ANGEJOTOM 1 A 143 

le tuniche dell’aorta per tutto lo spazio aneu¬ 
rismatico essendo divenute più sottili, scissura- 
te , e di colore nericcio. 

A R T ICO LO VI. 

Osservazioni <T alcuni Aneurismi anomali, ossia 
per tras sudatone del sangue dai pareti 
troppo porosi delle arterie. 

LUI. C^>he le arterie sieno porose a segno di 
lasciare trapelare dalle tuniche loro la sierosità 
del sangue, e la linfa, dopo le sperienze del ce* 
lebre Monroo , le osservazioni d’ Allero , del 
BertR-ANDI , e di molti altri, non v’ è più chi ne 
dubiti ; ma non è così facile a persuadersi ognu¬ 
no (se una serie d’ osservazioni esatte, ed uni¬ 
formi non si unisce a convincerlo ) che la po¬ 
rosità di questi vasi possa essere tale per ma¬ 
lattia , che il denso , e crasso sangue, cori tutti 
gli elementi suoi possa trapelarne senza lesio¬ 
ne, o apparente smagliamento loro, e trapelar¬ 
ne in grandissima copia , e conservare trapelato 
la facoltà di aggrumarsi , di ripigliarsi intorno 
all’ arteria medesima per simularne un aneurisma. 

LIV. Perciò alla celebre osservazione del Teik- 
MEIERO aggiungo le due seguenti. La prima co¬ 
municatami dal sign. ZuCCHi valente Chirurgo 
maggiore , e Speziale, è d’ una donna da lui spa¬ 
rata nel Regio Spedale della carità, nel torace 
della quale dietro alla pleura trovò rappresa piu 



144 CAPITOLO SESTO 
d’ una libbra di sangue intorno al tronco dell* 
aorta ascendente , e giu per quella porzione 
della discendente , che si trova nel petto, sen¬ 
za che vi fosse in alcuna parte offeso, nè vi 
si potesse scorgere rottura d’altro vaso veno¬ 
so , nè lesione dei pulmoni. 

LV. La seconda è d* una puerpera, morta 
pochi giorni dopo uno stentatissimo parto nel 
venerando Spedale di s. Gioanni, l’anno 1/70., 
nella quale trovai sotto del muscolo retto il 
picciolo tronco dell’ arteria epigastrica destra piu 
grosso del mio pollice, per l’altezza di circa 
tre dita, a cagione d’una specie di cotenna 
sanguigna induritavisi attorno , che abbracciava 
ancora le picciole vene , dalle quali è accom¬ 
pagnata , e ne faceva un solo sodo, e confu¬ 
so cordone. 

LVI. Ripulitolo con diligenza per vedere , 
d’onde fosse scaturito quel sangue , non vi tro¬ 
vammo nè screpolatura, nè rottura, nè taglio, 
nè accrescimento di diametro. Separammo tutto 
il cordone dall’ arco crurale fin verso Io sterno, 
avendo attenzione di legarne i ramicelli, che si 
cacciano nel muscolo retto, avanti di tagliarli; 
e lo stesso ho fatto, dove si caccia sotto la 
cartilagine ensiforme ; indi con un tubolino sof¬ 
fiai nell’ arteriuccia, e poscia anche nella vena 
più grossa , perchè tutte le diramazioni finivano 
in due tronchi disuguali ; ma quantunque 1’ aria 
trapelasse, ciò non era da un sito fisso, nem¬ 
meno da una sensibile apertura nell’arteria, bensì 
a malo stento da tutta la periferia del canale al 
suo principio , e per insensibili porosità. Dalla 
vena non ne trapelava niente affatto. 



ANGEJOTOMIA 

LV 1 I. L’ osservazione del Chiarissimo Dottore 
VERRA.TI fatta sulcadavero del Medico Trom- 
BELLI , rapportata nei Commentar/ dell ’ Accade¬ 
mia di Bologna Tom. I. Part. II. pag. 188 ., 
io dubito, che sia pure d’un aneurisma per tras- 
sudazione. Altri simili spandimenti di sangue 
vivo, o aggrumatosi, mi caddero sotto gli occhi, 
e forse da nissun altro fonte non ebbero origi¬ 
ne ; ma non sono abbastanza sicuro del fatto 
per indicargli come aneurismi anomali ; soltanto 
credo essermi lecito conghietturare , che i me¬ 
desimi sono per avventura più frequenti di quello, 
che si abbia creduto finora. 



ARTICOLO VII. 


Notizia delle parti delle arterie t le quali furono 
da vari Autori trovate aneurismatiche. 

LVIII.^^on vi è parte nel corpo umano, dove 
non siansi alcune volte osservati aneurismi pro¬ 
dotti o da esterna, o da interna cagione. Vl- 
DO Vidio presso Freind pag. 5 /. indica l’enor¬ 
me tumefazione di tutte le arterie del capo, 
che rappresentavano grossissime varici. 

LIX. Alla temporale FeheR osservò un aneu¬ 
risma grosso quantaun uovo, che (secondo asseri¬ 
sce BaRTOLINO) guari coll’uso degli astringenti, 
e colla fasciatura; un simile ne vide lo stèsso De - 
HAEN , che fu colla Iigatura felicemente curato. 

LX. Neppure le arterie delle membrane del 
cervello ne vanno esenti, come dimostrò Moi- 
Tom. 11 . K 






, 4 6 CAPITOLO SESTO 
NICHEN nella Storia di molti tumori aneurisma¬ 
tici ivi osservati, presentata alla Società lette¬ 
raria di Hufnia\ ed io nell’ Encefalotomia uma¬ 
na alla pagina 68. della prima patte ho recato 
le mie osservazioni, e quella del Ch. sig. Ber- 
TRAN di su gli aneurismi di tali arterie. 

LXI. Nelle arterie nasali esterne se ne vi¬ 
dero ancora secondo il rapporto di Bonetti , 
del Man CETI ec., e nelle Effemeridi dei curio¬ 
si della natura cent. III. osserv. 66. pag. 150. 
se ne indica uno dell 5 arteria> che scorre dietro 
dell* orecchio. 

LXIL Il Barone Van-Swieten ( pag. 228. 
Tom. I. dei Commentari agli Aforismi dell’im¬ 
mortale BoerHAAv'e) ne accenna uno della suc¬ 
clavia. Nella Storia dell ’ Accademia Reale delle 
Sciente di Parigi ( anno 1733. ) leggesi d’un 
altro della stessa arteria, che cagionò tosse osti¬ 
nata , sputo di sangue , e morte, perchè si era 
fatto aderente alla trachea , ne aveva corrosi al¬ 
cuni spazi intercartilaginosi , e ne aveva inon¬ 
data di sangue la cavità, e quella dei bronchi. 

LXIII. Si ergea su per lo collo quello , di 
cui fassi menzione nella Storia deli Accademici 
Reale delle, sciente di Parigi (anno 1707. ) pro¬ 
dotto dall’ enorme continuo vomito, che per 
discutere un reumatismo era stato eccitato da un 
ciurmadore ; vomito , che durò cinque giorni , 
e produsse lo sfiancamento nella curvatura dell’ 
aorta ; e nella stessa parte ancora quello , che 
Hardero descrisse nell’ Apiario d' osservazioni 
pag. 31,. 

LXIV. RuiSCHiO nella Centuria di osservazio¬ 
ni anatomiche , e cerusiche , osserv. 88 . dà la 



ANGEJOTOMIA 1 47 

figura , e la descrizione di un mostruoso aneu¬ 
risma dell’ aorta ascendente, tre dita sopra del 
cuore, e ne vide tre o quattro grossi quanto 
uova di gallina, che difformavano le picciole 
arterie intercostali . 

LXV. Mekel negli Atti dell ’ Accademia di 
Prussia , Dionis nella sua N otomia , e Lancisi 
1. cit. parlano il primo dell’ aneurisma del cuo¬ 
re , cioè de* suoi ventricoli, ed orecchiette, 
perchè il tronco dell’ aorta ascendente avea solo 
mezzo il diametro della polmonaria, ed i suoi 
rami anche straordinariamente angusti, trovato 
nel cadavero d’ una fanciulla di 18. anni. Qui 
1* aorta aveva sole otto linee di diametro ( mi¬ 
sura parigina ) mentre la pulmonaria ne avea 
piu di tredici ; fatto il calcolo le venq pulmo- 
narie portavano al ventricolo sinistro una volta 
e mezza piu di sangue , che l’aorta non potea 
riceverne dai ventricolo medesimo . Il secondo 
èi lasciò P osservazione dell’ orecchietta destra 
del cuore del signor Dubuisson Capitano di va¬ 
scello dilatata in maniera , che avrebbe conte¬ 
nuto il capo d’un fanciullo, piena di sangue 
aggrumato , e colla membrana interna qua e là 
guernita di ossificazioni. Questo aneurisma era 
nato per la violenza, che quel valente uomo si 
fece per reprimere un moto impetuoso di col¬ 
lera. 

LXVI. 11 Lancisi finalmente oltre a molti al¬ 
tri accenna gli aneurismi ereditari, e congeniti, 
e adduce per esempio una famiglia nobile in 
Rornq , che al tempo dell’ autore contava già il 
bisavo , 1’ avo , il padre, e ’l figlio successiva¬ 
mente , e perfino un ragazzo della terza generar 



SESTO 


148 CAPITOLO 

zione tutti afflitti dalla dilatazione aneurismatica 
del ventricolo destro del cuore. 

LXVII. Nè meno degno d’essere notato è 1* 
aneurisma del cuore di quel marinaro , del quale 
il celebre De Haen parla così: il cuore per lo 
meno tre volte era maggiore del solito, più lar¬ 
go alla punta , che alla base : il ventricolo si¬ 
nistro però aveva mostruosa la sua ampiezza 
nella punta più che altrove, e le pareti ne era¬ 
no sì attenuate, che ivi non rimanea più d’ una 
membranuccia biancheggiante , e sottile , che ad 
ogni menoma forza cedeva , e laceravasi V, Rat . 
medendi par . 4 .cap. 2. §. 2. 

LXVIII. 11 più volte lodato Lancisi vide 
aneurismatica 1* arteria celiaca, e Ruischio la 
mesenterica tre o quattro volte , ma nei cavalli. 
Noi vidimo tale 1* emulgente sinistra , come es- 
posimo qui addietro, e tale ancora 1*epigastri¬ 
ca destra, della quale dilatazione ecco in suc¬ 
cinto la descrizione. 


•g=g - -.J - T 7a=gSì£igg - - -==V 

A RT ICO LO Vili . 

Aneurismi dell* arteria epigastrica destra , 
& delle poplitìe osservati dall* autore . 


LXIX. U na donna quadragenaria gracile, bi¬ 
liosa , già madre di vari figli, per una malattia 
medica si rifugiò nello spedale 4> s. Giovanni 
dove nel ij6$. morì nel mese di Marzo senza 
mai lagnarsi, e senza che uomo si accorgesse 



ANGEJOTOMIA I 49 

elei morbo , o vizio organico , onde era mole¬ 
stata . Avendo intrapreso io a notomizzarne i 
muscoli dell* abdomine , vidi, che un po po al 
di sopra del pube a destra aveva una macchia 
di colore piombino , e nericante, senza che vi 
fosse elevazione, o tumore sensibile. Questa 
macchia era ovale, ed avea cinque buone on¬ 
de parigine di diametro . Tasteggiandone, la su¬ 
perficie vi sentii come una spugnosa mollezza, 
e nissuna fluttuazione . Sparai a destra un po piu 
sul fianco tutte le parti continenti per vedere, 
se quello, di che io non conosceva la natura , 
penetrava addentro , e sgorgò dalla apertura molta 
acqua fosca ; intanto ritrovai il vizio maggiore 
internamente , perchè il peritoneo era sfondato, 
e trattesi accanto le intestina , fra quelle iminer- 
gevasi con un tumore tutto livido , grosso co¬ 
me amendue i pugni. Allora spaccai la parete 
esterna del tumore , che conobbi essere un aneu¬ 
risma dell* arteriuccia epigastrica , pieno di san¬ 
gue aggrumato , che all* intorno erasi rappreso 
in lamine polipose di colore simile alla feccia 
dei vino , e rendea quella parte spessa piu di 
due terzi di pollice. Lavato bene il tutto vidi 
molta cellulosa fosca, che sorgeva a fiocchi tra 
le fetuccie componenti le lamine aponeurotiche, 
onde è avvolta la parte mezzana inferiore del 
muscolo retto ; e questo ivi si era molto ap¬ 
piattito , colle fibre carnose diradate, la maggio? 
parte confuse col sacco stesso dell’ aneurisma. 
Confusissime ne erano eziandio le aponeurosi 
dell’ obbliquo interno , e del traversale, che fa¬ 
cevano la parete interna del sacco. Questo avea 
la massima ampiezza nel centro del tumore, ed 



15 0 CAPITOLO SESTO 

in basso vi rimanea quasi un pollice d’ arteria 
di calibro naturale , che dal di sotto dell’ arco 
crurale obbliquamente saliva cominciandosi a di¬ 
latare dirimpetto all* anello dell’ obbliquo ester¬ 
no ; si stringeva poscia di nuovo , sicché un po 
po sotto dei bellicolo non avea più vizio veru¬ 
no ; le vene sole quindi in alto erano tumide, 
e varicose . 

LXX. Il nostro Fantoni (osserv. i.) e Bo¬ 
netti ( sepolcreto anat. tom. 3 . pag. 55 #.) ad¬ 
ditano 1 ’aorta aneurismatica immediatamente so¬ 
pra il luogo, dove se ne spiccano le iliache, e 
Marco Aurelio Severino la crurale mostruo¬ 
samente offesa, e felicemente curata. Un’ altra 
del pari aneurismatica la vide il eh. De Haen 
nello spedale degli orfanelli dell’ Aja, ma resa 
tale da una ferita, per cui 1 ’ ammalato morì . 
Ei ne vide al poplite, dove ‘anche noi osser¬ 
vammo il grave aneurisma del signor Grampìni 
Torinese, e quello del signor De Gavend offi¬ 
ciale nel reggimento Chablaìs . 

LXXI. E’ notabile quello , che fu osservato 
dall’ immortale Boerhaave al ginocchio d’uno 
studente Alemanno, perchè , negletto dall’infer¬ 
mo il salutare consiglio , che ei gli diede, e la¬ 
sciatane fare 1 * apertura , quantunque non pul¬ 
sasse , con tutto crò l’infelice ne morì di emor¬ 
ragia . 

LXXII. E per fino al calcagno nacquero aneu¬ 
rismi, dove Ruischio (oss. 83 . ) ne accenna 
uno grosso come una noce, che preso per tu¬ 
more d’altra natura da un Chirurgo per altro 
molto esperto, costui, perchè non pulsava ,, ne 
fece il taglio, uscitone il sangue aggrumato , s 



ANGEJOTOMIA /51 

fiera emorragia ne insorse, che appena riuscì 
con vari tentativi d’ arrestarla. 

ARTICOLO IX. 

Fallacie nella diagnosi degli aneurismi dimostrata 
con due osservazioni . 

LXXIIL ^Possiamo ingannarci non credendo 
aneurisma un tumore quando pur troppo lo è , 
ma è facile del pari ad ogni incauto ( come io 
stesso lo fui ) credere presente un aneurisma, 
quando il tumore, che si esamina è di assai di¬ 
versa natura , ed io non ho vergogna di con¬ 
fessare lo sbaglio importante, nel quale sono 
caduto a questo proposito. Nacque ad un mio 
compagno di studio nel R. Collegio delle Pro¬ 
vincie un tumore , che dal di sopra della cla¬ 
vicola stendevasi in alto fino alla metà del col¬ 
lo , sempre a seconda del tragitto della caroti¬ 
de , elastico, duro, che lento lento cresceva, 
e rendea rigidi i muscoli del collo, difficili, do¬ 
lorosi i loro movimenti, ed ivi gli integumenti 
erano di colore naturale , ma tesi , e lucenti . 

LXXIV. L’ indolenza, la lentezza nell’ au¬ 
mento , la pulsazione viva 1 uniforme a quella , 
che sentivasi al carpo dello stesso lato, che per 
rendere vie maggiore la illusione pareva fosse 
meno viva , meno spiccata di quella del carpo 
sinistro , pulsazione , che sentivasi egualmente 
forte in tutta 1* estensione del timore, il sito 
dove era, l’ansietà, il peso, la tensióne, da 



; 5 ! CAPITOLO SESTO 
cui sembrava all’ infermo ( pauroso perchè, stu¬ 
dente di chirurgia ) di essere oppresso, tutto 
collimò a farmi giudicare, che fosse un aneu¬ 
risma , 

LXXV. La prudenza però , e la perizia del 
chiarissimo signor Pfnchienati nostro Profes¬ 
sore, tolse in poco tempo me dall’ errore, e 1 ’ 
intermo dalla costernazione, in cui la mia poca 
cognizione lo aveva gettato . Suggerì che appli¬ 
cassi sul tumore un empiastro composto col 
diachilon , e coll’ unguento della madre , che gli 
facessi prendere per otto giorni il decotto di 
salsa , che cangiammo poi con quello di guana¬ 
co , sassafrasso , e liquirizia , e intanto prendes¬ 
se due bocconcini consistenti in due scrupoli di 
mercurio dolce, ed un’ oncia di conserva di 
rose rosse al giorno . Da queste^ semplici cose 
ricavò tutto il desiderabile sollievo . Fu purgato 
due fiate , gli si fregò il rimasuglio del tumore, 
( che svaniva ad occhio veggente ) coll’ olio di 
lumbrici, e la cura ne fu perfetta mediante 1 ’ 
applicazione d’ un cataplasma amollitivo, sul 
quale spargevasi alcun poco di sale ammoniaco; 
nè vi fu altra evacuazione, che accompagnato 
abbia il dissipamento del tumore, salvo un ab¬ 
bondante sedimento di materia in consistenza, 
ed in colore affatto simile alla puzza degli asces¬ 
si benigni nelle urine . 

LXXVI. Un altro caso consimile in un uo¬ 
mo di circa 30 . anni quasi mi fece prendere un 
pari sbaglio ; ma la troppo fresca idea dell’ ora 
accennato mi vietò di riputare sì di leggieri 
aneurisma il tumore grosso quanto il pugno, 
indolente, elastico, e pulsatile, che occupava 



ANGEJOTOMIA 

tutto il destro efùgiugolo, con notabile difficol¬ 
tà di respiro , e di deglutizione , calori, e do¬ 
lori alla parte destra del capo , lacrimazione dell* 
occhio destro, e rigidezza del collo, benché 
fosse anche rimpetto alla carotide , e nascesse 
dal di sopra della succlavia : in fatti svanì a po¬ 
co a poco mediante semplici risolutivi , la dieta, 
ed alcuni purganti di tempo in tempo sommi¬ 
nistrati . 

-. 

ARTICOLO X. 

Osservazioni sui condensamenti di sostanze etero¬ 
genee , sulla litiasi delle arterie , e sulla 
influenza di questa a produrre gli aneurismi . 

LXXVIL Passiamo ora alle osservazioni dei 
condensamenti di varie specie , che nella sostan¬ 
za delle arterie ho notati, e della fragilità delle 
medesime ; cose, le quali comecché non cosi 
trite , non sono però meno essenziali, e saran¬ 
no per avventura capaci di gettare qualche bar¬ 
lume sulla recondita natura di questi , e 
sulla forse non ancora bene conosciuta genera¬ 
zione delli medesimi. 

LXXVIII. Mentre, che io giva in traccia del¬ 
la tunica glandulosa delle arterie, fra i molti pez¬ 
zi, che io ne teneva in macerazione di sogget¬ 
ti diversi, trovai nell* interno del tronco ascen¬ 
dente d’una aorta moltissime elevazioncelle ir¬ 
regolari , piatte , le piu larghe delle quali non 



154 CAPÌTOLO SESTO 
arrivavano al diametro d’ un lupino ; erano qua¬ 
si tutte d’un colore rosso intenso » Io le repu¬ 
tai vere glatiduìe ingrossatesi per qualche malat¬ 
tia , e volendone investigare la natura, procu¬ 
rai di separare la tunica membranosa dalla fibro¬ 
sa , sperando d’ivi appunto discoprire la tunica 
suddetta indarno fin allora da me altrove cer¬ 
cata . Mi riesci di separaré là membranosa, ma 
vidi, che nello stesso tempo vi restavano at¬ 
taccate tutte le menzionate elevazioncelle , e ren¬ 
dendone disuguale la superficie esterna ne la¬ 
sciavano liscia l’interna. 

LXXIX. Esaminandole con diligenza vidi, 
che sono mucchi di sostanza farinosa raccolti 
nell’ indebolito tessiuto cellulare, che portava¬ 
no ( nella specie di follicolo fornito loro da 
questo ) sulla faccia corrispondente alla tunica 
membranosa un intreccio di vasi pieni di san¬ 
gue. 

LXXX. Il colore di tale sostanza era glauco, 
incarnatello, e con 1* ugna se ne distaccavano 
briccioline simili a quelle dei veri ateromi sen¬ 
za che la tunica restasse offesa. 

LXXXI. Nell’aorta discendente di quel Gior¬ 
gio , del quale già abbiamo favellato, perchè 
morì pei- un mostruoso aneurisma deli’ arteria 
emulgente sinistra, ne ho discoperte moltissime 
grosse come ceci, come lenticchie, come grani 
di miglio qua isolate , là ammucchiate ; ma in 
questa aorta la consistenza, ed il colore ne 
erano diversi nei diversi luoghi : le minori era¬ 
no rosse, o livide ; a misura che apparivano 
piu larghe, divenivano glauche, giallognole, e 
bianche : le rosse erano molli, le glauche fria- 



ANGEJOTOM 1 A 1 55 

bili, le giallognole coriacee; le bianche gessate, 
o già ossose . 

LXXXII. Nell’ aorta discendente v’ era una 
quantità innumerabile di punti rossi , lividi, ap¬ 
punto come sulla pelle de’ fanciulli si manifesta 
il vajuolo confluente ; e fin d’ allora giudicai , 
che tutti quei punterelli, quelle elevazioncelle 
fossero i primi elementi di tutte le ossificazioni, 
cui vanno soggette le arterie ; in fatti in molte 
altre arterie ho veduto 1’ accennata gradazione 
corrispondente al colore diverso delle stimma¬ 
te , ed ho sempre veduto questi condensamen¬ 
ti nella finissima cellulosa, che incolla sulla tu¬ 
nica membranosa di questi vasi la fibrosa, nè 
mai tra gli strati della fibrosa, e ancora meno 
per quelli della cellulosa, onde la predetta è 
coperta . 

LXXXIIL Ho pur anche trovati pezzi di con¬ 
densamento ossoso, oppure calcareo , larghi 
quanto 1’ ugna del pollice , isolati, senza che in 
altra parte delle arterie del medesimo soggetto 
apparisse verun’ altra stimmata, nè verun’ altra 
elevazione , o macchia *. 


* Avrò campo di dimostrare altrove come ipun¬ 
terelli di vario colore , e le differenti elevazioncelle 
fili mentovate , sieno veramente i primi elementi 
deUà litiasi, delle arterie ( cosa da altri non an¬ 
cora notata ) ed allora ne esaminerò le diverse opi¬ 
nioni di parecchi autori , massime dei Ch. ALI E¬ 
RÒ , WINCELERÒ , e MeCKELIO , il quale ul¬ 
timo nel fine della sua memoria sulle pietre tro¬ 
vate in varie parti del corpo umano ( storia dell’ 




CAPITOLO SESTO 

LXXXIV. Ne ho vedute ghermite le arterie 
iliache , le crurali, le poplitèe , le succlavie , 
le carotidi, senza che ne apparissero altre ve- 
stigie in nissun’ altra parte di tutto quel sistema 
arterioso, in una porzione del quale si rav¬ 
visavano. 

LXXXV. Ho trovata ossosa una delle arte¬ 
rie vertebrali dal foro condiloidèo dell’osso oc- 


Accad. del ! e scienze di Berlino 17J4. ) 4 z dove, 
parla della porzione dell' aorta ventrale da lui 
veduta intieramente parificata dall ’ orifine delC 
aorta mesenterica superiore fini? alla sua divistone 
per produrre le iliache , si esprìme come siegue 
Il canale dell’ aorta situato fra la tunica muscu- 
lare, e la nervosa era intieramente fabbricato 
di questa materia pietrosa : 1’ apertura dell’ ar¬ 
teria mesenterica superiore era otturata dalla so¬ 
stanza indurita fra la sua membrana musculare, 
e la nervosa interna , e non vi rimanea di libe¬ 
ro più d’ un terzo di questa apertura. Verrebbe¬ 
ro per avventura dal eh. MecKelio accordate alle 
arterie due tuniche nervose , una esteriore, e l * 
altra interna ? lo non ni ho mai potuto trovare 
neppure una sola . Eccone per maggiore evidenza 
il testo originale dell* edizione Francese del 1756. 
Le canal de l’aorte situò entre la musculaire, S C 
la nerveuse, étoit entierement forme de cette 
matière pierreuse . L’ouverture de l’artere me- 
seraique supérieure étoit bouchée par la substan- 
ce endurcie entre sa membrane musculaire , & 
la nerveuse interne ; & il ne restoit qu’un tiefs 
de cette ouverture de libre . Ved. pag . no. nw; 




ANGEJOTOMIA 157 

cipitale, al quale il principio di tale ossificazio¬ 
ne era aderente , fino al ponte del VaROLIO, 
dove queste due arterie si anastomosano per 
formare un tronco solo. 

LXXXVi. Ho veduta ossosa da un Iato solo 
di sua periferia , e ossoso tutto il tratto della 
carotide interna destra , che si alza fino allo 
spiccarsene 1’ arterie oftalmiche, la destra delle 
quali in questo ultimo cranio era pure ossosa 
fino dentro all* orbita. 

LXXXVII. Era pure ossoso il tronco della 
coronaria anteriore , o sia destra nel cuore d: 
Un soldato, che era aderente al pericardio per 
una selva di filamenti tendinosi robustissimi, e 
nella parte piu convessa del ventricolo sinistro 
avea la superficie conglutinata con il pericardio 
medesima per lo tratto di mezzo pollice in lun¬ 
ghezza , e di lin. 10. in larghezza, mediante 
una concrezione spessa un quarto di linea, lu¬ 
cida , e colorita come le squame de’ piccioli 
pesci al di fuori, come le ossa nell’interno, do¬ 
ve aveva un tubercolato globoso sostenuto da 
una specie di collo cilindrico, immerso profon¬ 
damente nella sostanza medesima del cuore. 

LXXXVIII. Quando i condensamenti sono 
più larghi , è più facile distaccarli dalla tunica 
fibrosa delle arterie, la quale ivi non si vede 
quasi mai interessata , salvo quando sono molto 
antichi , e molto spessi, perciocché in questo 
caso ben sovente la troviamo smagliata. 

LXXXIX. Conservo alcuni pezzi delle arte'- 
rie crurali d’un paralitico , nei quali si vede un 
bizzarro miscuglio di strisele alternativamente 
ossose, e fibrose, rappresentanti in certa guisa 



CAPITOLO SESTO 

la trachea degli uccelli * vale a dire tutta la 
superficie esterna della tunica membranosa era 
ghermita di sottili, e friabili condensamenti si - 
mili all’ osso per lo colore, e per la consistenza; 
dalla faccia di tali condensamenti corrispondente 
alla tunica fibrosa si elevavano strisele osso se , 
che si erano aperta la strada fra le fibre, o tra 
gli anelli, probabilmente a favore della finissi¬ 
ma cellulosa, che siccome ajuta ad unire tra di 
loro gli anelli, o per meglio dire i segmenti, 
e le lische fibrose , così ben sovente fa le veci 
di matrice alle concrezioni calcaree. 

XC. E queste sono state le prime arterie fria¬ 
bili da me osservate; perciocché siccome le ar¬ 
terie naturali, e sane si possono premere fra 
le dita senza romperle, finché se ne facciano 
combaciare, e strofinare insieme le pareti in¬ 
terne, cosi credeva io di poter fare con que¬ 
ste , ma non succedeva il combaciamento pri¬ 
ma che io me le trovassi rotte longitudinalmente 
fra le dita ; la quale rottura dovette accadere 
perchè la pressione facendone crescere la con¬ 
vessità sui lati della porzione compressa, la 
tutte le tuniche dell’ arteria in quella foggia al¬ 
terata si rompevano in un tratto. Non cosi suc¬ 
cedeva dei)’ aorta , nè della pulmonaria, le quali 
perchè non erano da tali condensamenti vizia¬ 
te, io potea premerle a mio talento senza che 
si rompessero, prima , che ne riducessi le pa¬ 
reti interne a combaciamento. 


* Di questi ne ho presentato uno alla R. Ac¬ 
cademia delle Scienze di Tórini? 




AN GEJOTOMJA 


M 9 

.asssSs . = ■v- ggCga -,ji -.• s> 

ARTICOLO XI. 

Che la litiasi delle arterie contribuisce 
alla formazione degli aneurismi. 

XCl.Debbo aggiungere intorno alla litiasi 
delle arterie, che questa favorisce gli aneurismi. 
Mi spiego : 1 * aorta irrigidita da un condensa¬ 
mento calcareo immediatamente al di sotto dell* 
emulgente sinistra, avendone ivi ristretto il ca¬ 
nale , vi ha dato luogo al mostruoso aneurisma 
dell’emulgente suddetta, che descrissiantecedente- 
mente : un simile condensamento alla poplitéa è sta-? 
to cagione d’un lungo aneu.ris.ma dell’arteria cru¬ 
rale su per la coscia: uno alla tibiale posteriore 
ha prodotto un enorme aneurisma al polpaccio, 
del quale darò altrove la storia, e la figura. 

XCII. Vale a dire, tali condensamenti fanno 
I’ effetto d’una pressione irregolare su un tratto 
della periferia dell’ arteria, e costringono per 
avventura 1’ impeto del sangue ad aumentarsi 
contro la parete opposta al sito del condensa¬ 
mento , e il sangue a forza d’urtarvi contro , 
e di farne crescere la convessità, smaglia al 
fine la tunica fibrosa ? onde ne siegue 1’ aneu¬ 
risma , che diventa più o meno lungo ed am¬ 
pio in proporzione e della propria antichità , e 
delle altre circostanze di temperamento, di con¬ 
dizione , e d’ età. 



160 CAPITOLO SESTO 


XCIIL Seguono più facilmente dove il con¬ 
densamento è sulla parete opposta al luogo, in 
cui l’arteria si appoggia contro un osso . 



ARTICO LO XII. 


Osservazione sulla fragilità delle arterie . 

XCIV. U na malattia non ancora stata de¬ 
scritta è la fragilità delle arterie nel corpo urna* 
no senza che in esse apparisca difetto di strut¬ 
tura. 11 male è , che questa osservazione può 
essere di poco vantaggio , perchè , data, non 
si potrà di leggieri conoscere nel vivente, e 
conosciuta non sarà cosa facile adattare i ri- 
medj per correggerla. Ciò non ostante è una 
‘ verità di più scoperta , della quale io sono de¬ 
bitore al pubblico. La presento dunque a’ Pro¬ 
fessori miei colleglli, come a persone capacis¬ 
sime (se altre ne ha la Repubblica Medica) di 
renderne evidente 1* utilità, e palpabile il rap¬ 
porto con le questioni presenti sulla circolazio¬ 
ne del sangue, giacché gli effetti di questo fu¬ 
nesto accidente furono da me communicati per 
lettere d’Aqui ai Chiarissimi Sigg. CiGNA, e 
Brugnone Professori nella Regia Università di 
Torino li 28. dicembre 1775., indi c ^* s * 8 m 
D. Marino di Savigliano della R. Società in data 
delli 2/. dicembre 1776., 18. gennajo, e 15. 
febbraio 1777., e questo mio dotto, e gene¬ 
roso amico ne fece inserire una parte con altre 
mie osservazioni anatomiche, e patologiche nei 



ANGEJOTOMIA l6t 

volumi IV. e V. degli Opuscoli interessanti dì 
Torino dello stesso anno 1777. 

XCV. Cadde li 14. di ottobre dell’anno 17 yS. 
oppresso dal vino Mastro Pietro N. muratore, 
da un uiuricciuolo alto poco meno di due tra¬ 
bucchi, e percuotendo con tutto il corpo sui 
sassi, non diede più indizio di vita. Ottenni di 
farne trasportare il cadavero nella mia scuola^ 
dove a tempo debito esaminandolo alla presen¬ 
za del sig. Dott. Ratti Medico dello Spedale, del 
sig. Dottore Bolzoni Vice-Protomedico , del sig. 
Dott. Bruni , e di tutti gli scuolari miei, vidi, 
che aveva una leggiere contusione al sopracciglio 
sinistro, ed una lacerazione al mento pure da 
quel lato : ma il torace n* era tutto sconquas¬ 
sato , perciocché dal lato destro le cinque coste 
vere inferiori, e le due prime false, pareano 
state peste con una massa ; le quattro inferiori 
vere, e le due false vicine erano pure nella 
stessa guisa maltrattate ; e a cominciare dalla 
cartilagine della prima costà falsa infino alla 
seconda vera, tutte le cartilagini erano anche 
rotte di maniera , che la porzione sternale ri- 
manea coperta dalla porzione attaccata alle coste. 

XCVI. Nella cassa del petto a destra vi 
era poco o niente di sangue sparso , e poco se 
ne trovava nell’ ampia ecchimosi corrispondente 
alla frattura comminutiva delle coste ; la faccia 
anteriore del pulmone era graffiata, e punta in 
quattro luoghi. La cavità sinistra era piena di 
sangue, ed il pulmone vi sornuotava rannic¬ 
chiato . 

XCVI 1 . Nel cercare il fonte principale d’ on¬ 
de avea dovuto sgorgare tanto sangue , vidi rotta 
Parte IL 1 



1 capitolo sesto 
per la sua lunghezza l’arteria pulmonaria sinistra 
propio nel gettarsi nel pulmone. 

XCVIIl. Evacuato con le spugne il sangue, 
c con molt’ acqua lavata diligentemente tutta la 
cavità del torace, vidi l’aorta medesima affatto 
rotta in traverso come si romperebbe un fresco 
ravanello , due dita inferiormente all’ arco , in 
guisa che le due sezioni schiette non si toccava¬ 
no più , e non erano più insieme ligate per al¬ 
cuno benché minimo filo di cellulosa ; i con¬ 
torni però erano screpolati, e fessi. 

XCIX* Volendo io distaccare l’aorta dalle 
parti vicine con lo scalpello, nel comprimerla 
fra le dita per sollevarla , sentiva uno sgretolio, 
che mi fece accorgere la medesima arteria es¬ 
sere divenuta fragile come un pezzo di guscio d’uo¬ 
vo; in fatti io non approssimavà le pareti di questa, 
o delle succlavie, o delle carotidi a segno di 
farle combaciare, senza vedermene rotti i tron¬ 
chi sotto le dita nei luoghi , dove la pressione 
faceva crescere la convessità del cilindro. 

C. Svelto il cuore con i vasi maggiori quan¬ 
to destramente mi fu possibile, io non osa¬ 
va premere per nissun verso nè 1* aorta, nè la 
pulmonaria per non vederle fesse, e sgretolate. 
Spaccai l’aorta per la sua lunghezza, e le for¬ 
bici tagliandola scrosciavano come se avessi ta¬ 
gliato pezzi di ghiaccio sottile, o gusci d’uova: 
mi avvidi però , che la friabilità , e la fragilità 
non erano tanto grandi nelle parti di quest’ar¬ 
teria confinanti con il cuore , onde non è mera¬ 
viglia , se le arterie coronarie del cuore si era¬ 
no mantenute pieghevoli, e naturali. Le altre 



ANGEJOTOMIA 15 } 

fino ài capo, e fino alle anguinàje erano tutte 
fragili, come le emulgenti, la celiaca , ec. 

CI. Non ho esaminato i rami più piccioli, ed 
imprudentemente non avendolo fatto, ignoro 
come eglino si fossero : dovevano pero essere 
duri, e fragili , perciocché sovvienimi ( scrissi 
pure ai mentovati signori ) ” che alloggiando 
„ Mastro Pietro all* albergo della posta di questa 
,, città ( Aqui ) egli mi aveva fatto varie volte 
,, toccare il suo carpo appunto perchè non vi 
„ sì sentia polso veruno; bensì una specie di 
„ cilindretto minutissimo , e solido, che debil- 
„ mente si movea contro le dita. Una elevazio- 
„ ne, ed un abbassamento sincrono a quello 
,, dei carpi sentiasi pure sordo, e profondo al 
„ collo sui sito delle carotidi. 

CII. Non vi appariva nulla di cretaceo , nulla 
di cementoso, salvo nelle circonflessioni delle 
carotidi interne, sboccando ai fianchi della sella 
turchesca dal canale, eh’ è loro scolpito nella 
rupe degli ossi temporali. 

CHI. Nel ventre aveva molto sangue, e nel 
ventricolo , e nelle intestina tanto vino, che gli 
usciva schifFosamente per la bocca, e per le na¬ 
rici. Questo sangue nel sacco del peritoneo era 
venuto dalla rottura dei fegato, che aveva tutta 
la faccia inferiore divisa in due dalla vena cava 
al ligamento falciforme , e la rottura al di dietro 
era profonda circa due dita : aveva pure la fac¬ 
cia convessa del lobo maggiore lacerata irrego¬ 
larmente , forse dai pezzi, dalle squame delle 
coste sfragellate ; tutti gli altri visceri erano ia 
ottimo stato. 



tÓ 4 CAPITOLÒ SESTO 


* ' r . . —.. 

COROLLARI, 

I. Sono prètérnaturali le artèrie del còrpo urna* 
no quando i IorO tronchi principali sono in nu¬ 
mero maggiore, o minore di quello, che s’in¬ 
contra nella parte più grande dei còrpi ben con¬ 
formati. 

II. Quando hanno il calibro più o meno ca¬ 
pace del solito , senza che ì* economia animale 
sensibilmente ne soffra. 

III. Quando, sotto la medesima condizione* 
qualche ramo dè’ più importanti $’ è Otturato. 

IV. Le arterie sono morbose quando l’eco¬ 
nomia animale ne soffre perchè alcuna d*esse 
è aneurismatica. 

V. Perchè vi si raccolgono fra là tunica fibro¬ 
sa , e la membranosa sostanze farinose, calca¬ 
ree , gessate, cementose , ossose * petrose , ec. 

VI. Perchè sono troppo rigide, e troppo 
fragili . 



SEZIONE III. 


OSSERvAZIONI SOPRA LE VÀLVULE SEMILU* 
NARI ALLA RADICE DELL’AORTA, E DELL’ 
ARTERIA PULMONARIA. 

I. I—<a tunica membranosa delle arterie negli 
adulti piu facilmente divisibile della fibrosa, se 



4 NGEJQT 0 MIA 

ne separa fino nel fondo delle valvule 'semilu¬ 
nari tanto dell* aorta , quanto dell* arteria pul- 
monaria, purché si abbia lasciato questi vasi, 
e la base del cuore qualche tempo in macera¬ 
zione . 

II. Dal fondo del seno delle valvule la tu¬ 
nica membranosa medesima si ripiega su tutta 
la faccia interna del lembo fluttuante di caduna val- 
vula per arrivare all* orlo del lembo stesso, che 
trovasi ordinariamente spesso , e robusto a ca¬ 
gione d* un nastro composto di fibre simili a 
quelle della tunica fibrosa. 

Ili, Superato quest’ orlo, la tunica suddetta 
si ripiega nuovamente in basso per confondersi 
con la membranosa, che tappezza l’orifizio ar¬ 
terioso dei ventricoli del cuore, dopo d’ave¬ 
re presa fortissima aderenza con quell’orlo car¬ 
tilagineo -ligamentoso , che vedesi immerso parte 
nell’ origine delle arterie, parte nella sostanza 
carnosa dalla base del cuore, alla loro super¬ 
ficie interna . 

IV, Dna macerazione piu lunga ci fa cono¬ 
scere 

l , Che la suddetta sostanza cartilagineo-liga- 
mentosa forma tre lische arcate per ogni orifi¬ 
zio arterioso, larghe mezza linea e più, dirette 
con il tagliente loro in alto, disposte in manie¬ 
ra , che le convessità degli archi guardano al 
basso la cavità dei ventricoli, lo dubito, che 
sieno queste lische i calli stati mentovati da 
ALBERO nel Voi. II. dell’ ultima edizione della 
sua grande Fisiologia. 

%. Che due valvule contigue si toccano, e 
si confondono per le loro estremità divergenti^ 



1 66 CAPITOLO SESTO 

in quel sito donde si elevano gli arpioni, che 
io descriverò fra breve. 

3. Che la tunica interiore delle due arterie 
maggiori si modella in conformità del seno pre¬ 
sentato dalle lische suddette, e ciò tanto nel 
concavo delle medesime lische , quanto nel con¬ 
cavo di parecchi fascetti piatti di fibre nascenti 
da vari punti del tagliente delle lische medesi¬ 
me, e particolarmente sul nastro menzionato 
nel §. 2. , sul quale si ripiega nella guisa già 
espressa. 



A RT ICO LO L 


Degli Arpioni delle va.lvu.le semilunari del cuore. 

V.Io nomino Arpioni delle valvule semilunari 
degli orifici arteriosi del cuore quei tre corpic- 
ciuoli, ossia tubercoli, da caduno dei quali pen¬ 
dono i lembi liberi di due valvule semilunari, 
e principiano due lische di quella sostanza car¬ 
tilagineo-ligamentosa , alle quali stanno attaccati 
i lembi fissi delle medesime valvule. 

VI. In una lettera da me scritta l’anno 177 
al sig. Portal intorno alla scoperta dei tuber¬ 
coli Aranciani delle valvule semilunari da cotesto 
valoroso notomista Parigino attribuita a Vido 
Vidio, inclina vasi da me a restituire la gloria 
di tale scoperta ad Aranzio , e ad attribuire 
quella della scoperta degli Arpioni a VlDlO, e 
conchiudeva, che il lodato sig. Portal avrebbe 
pQtuto astenersi dal riprendere, il Morgagni 






ANGEJOTOMIA 167 

del gludicio, che ( da quel notomista peritissi¬ 
mo , ed imparziale, che egli era ) aveva pro¬ 
nunciato in favore d’ Aranzio *. 

Ora però , che mi ha toccato di nuovamente 
esaminare la medesima questione , parmi di ve¬ 
dere, che VidoVidio nel luogo citato favella 
degli sfondi, che si veggono nelle arterie degli 
avanzati in età, dietro alle valvule semilunari, 
ai quali Valsalva diede il nome di seni ( ve- 
dansi le figure ViDlANE della pag. 307.) ed 
eccone le parole tratte dalla pag. 303. Vena, 
cava , vena arterialis , arteria magna , fóramina 
habent ùngula tribus membranis contenta , a quibus 
penitus clauduntur .... secundum foramen tres 
similiter membranas , 0, habet , ortas a mem¬ 
brana ipsutn circumdante , et versus ipsam venam 
arierialem procedentes , quarum quaelibet in figu- 
rdm semicirculi incipit a trunco venae arterialis, 
ubi alìquantulum assurgit ; dein crassior reddita , 
dilatatur extra cor , et aliquot tubercula exigit , 
in sublimiore parte cordis impressa : ab his tuber- 
culis tres membranae oriuntur ad lunatam figu- 
ram , quae nullibi ìnhaerent vasi praeterquam ad 
tubercula. 

Quindi si vede, che Vidio non aveva sotto 
gli occhi, né i tubercoli dell’ Aranzio , nè 
gli Arpioni , giacché non se ne trae veruno in- 


* Vedi PoRTAL histoire de VAnatomie * et de 
la Chirurgie tom. 1 . pag. ó$ 6 ., indi tom. Il, 
pag. 1 4 . Morgagni Adversar. Anatom. p. xz , 
et 13. Vidi Vinti de Anatome p. 303. ARAN¬ 
TI! de liumano foetu pag . 35 , e 36. 




,68 CAPITOLO SESTO 
dizio, nè dalla fig. IX. della tavola cit. , riè 
dalle parti segnate con le lettere o o o in nis- 
suna delle due figure nona, e decima: bensì 
trarre lo possiamo in risguardo agli sfondi, o 
seni mentovati , giacché gli ha precisamente 
fatti disegnare al di sopra delle lettere D D D 
( poste ài margine del testo ) oltre al lembo li¬ 
bero di tutte tre le valvule nella fig. X., dove 
le lett. oo o sono al di sotto della punta non 
mai stata da me veduta della parte mezzana del 
lembo fisso delle tre valvule semilunari. 

Intorno a questa figura nella pagina suddetta 
leggiamo superest os magnai arterìat ,. Habet. 
autem tres membranas D y et grandiores , et vali- 
diores : ìncìpiunt hae ab ore , et ad vasis cavum 
spectant ad figuram spiculorum , quamobrem tri - 
glochinas , quasi trisulcas Graeci appellanti ha- 
bent sìngulae semicirculi speciem , in cuius medio 
est mucro cartilaginosus O deorsum spectans , 
( prego il lettóre d* esaminare queste parole , e 
di fissare rocchio sulle parti segnate o o o nella 
fig. X.) , in ventriculum cordis sìnistrum , in quem 
sìmiliter spectant latera semicirculi mucronata , 

Anche qui con le parole in cuius medio est 
mucro cartilaginosus sembrano stati da VlDlO 
accennati i tubercoli d’ Aranzio ; eppure le por¬ 
zioni delle valvule segnate ooo nella fig. X., 
e la segnata ooo nella fig. IX sono (come 
dissi )-precisamente certi angoli rarissimi ( io non 
gli ho mai veduti ) che il lembo fisso delle val¬ 
vule semilunari fa in basso ; per li quali angoli 
espressi qui da Vidio come costanti , egli è 
giustamente incorso nella censura di Allero. 



ijy CETO TOMI A 169 

Certa cosa è dunque, che VidiO non ha co¬ 
nosciuto , e per conseguenza non ha descritto 
nel testo, o nella spiegazione, delle figure , i 
tubercoli dell’ Aranzio , sebbene sembri, che 
il suo disegnatore gli abbia veduti sul lembo 
libero di tuttettre le valvule dell’aorta, giacché 
ha espresso nella fig. X. assai superficialmente 
un certo inarcamento sull* orlo delle valvule 
stesse ; ma degli Arpioni non \>i si scorge ve¬ 
runo indizio da chi non mira queste parti con 
occhio parziale , come non sono state vedute 
da coloro, che da me non erano stati avvisati 
potersene forse trarre qualche notizia poco fon¬ 
data dalle parole , eh’ io peramore della verità 
ho copiato il primo dall* opera iodata di ViDO 
Vidio. 

VII. Ogni Arpione, che , (.come abbiamo detto).' 
è comune a due valvule, è assai più rilevato 
in alto , dove serve a fissare l’angolo dei lembi 
liberi delle medesime ; indi si divide in due 
gambette divèrgenti in basso , d’onde incomin¬ 
ciano le estremità delle lische cartilagineo-liga- 
mentose ì ed ecco le descrizioni, che ne ebbero 
da me i lodati sig. Cigna , e Brugnone per 
lettere delli 28. ottobre 17 jJ. Due valvule se¬ 
milunari nàscono per. cosi dire da un punto solò 
della parte interna del,principio delle arterie aor* 
ta , e pulmonana ; vanno C una a destra , e Cal» 
tra a sinistra cori il lembo libero , finché quello della 
destra va a finire nel punto , dov* è fisso alla de -j 
stra il lembo libero della valvola posteriore : lo 
Stesso lembo della sinistra va a fissarsi nel punto * 
che dà attacco alla, estremità sinistra del lembo 
libero della suddetta valvula posteriore . Ora questi 



17P CAPITOLO SESTO 

punti sono occupati da altrettanti tubercoli , che 
in alto si rassomigliano ad un me^o grano di 
or%o: in basso poi , dove questi sono piu larghi , ogni 
tubercolo ( che io nomino Arpione) ha due piccioli 
arpioncini , ciascuno dei quali dà attacco alla 
punta £ un lembo libero d'una valvula. Di questi 
Arpioni dunque ve n t* ha tre per ogni orificio ar¬ 
terioso alla base del cuore , uno situato al dinan¬ 
zi , e gli alni due posteriormente , il che basta a 
mio parere , perciocché gli arpioncini sono appen¬ 
dici degli Arpioni. 

Vili. Per maggiore chiarezza torneremo a di- 
re, che da ogni arpione si allunga divergendo 
in basso una coppia di forti lische cartilagineo- 
ligamentose, fisse tanto nel margine dell’orifi¬ 
cio arterioso , quanto nell’ orlo prossimo carnoso 
della base del cuore. 

— » 

ARTICOLO 11. 

Le fibre osservabili nelle valvule 
semilunari del cuore . 

IX. Dal margine tagliente delle lische sud¬ 
dette partono molti nastri di fibre traversali, 
coperte dalla doppiatura della tunica interiore 
delle arterie, oltre a quelle, che abbiamo già 
indicate al §. IV. Questi nastri sono sottili, e 
descrivono paralellamente una curva per adat¬ 
tarsi alla convessità del seno membranoso ivi 
fatto dalla tunica mentovata 9 sono sempre più 



'ANGEJOTOM 1 A Ì71 

lunghi , e spessi, quanto si trovano più vicini 
all* orlo delle valvule. 

X. Anzi quest’ orlo avendo nel mezzo di sua 
lunghezza traversale il tubercolo dell* Aranzio, 
questo fa le veci d’un tendine mezzano, dal 
quale si allungano per fianco le fibre superiori; 
sicché ne risultano in molti cadaveri elegan¬ 
tissimi muscoletti biventri, i quali vanno poi a 
terminare con un solo cordoncino (chetalvolta 
è una fettuccia larga un quarto di linea) negli 
àrpioncini, o nel margine tagliente delle estre¬ 
mità della lisca cartilagineo-ligamentosa. 

XI. Le fibre inferiori ben sovente si trovano 
appese, e colligate con le superiori, mediante 
certe briglie , o freni della stessa loro natura, 
lo che dà robustezza maggiore alle vàlvule .* e 
non sono soltanto più brevi, quanto più si tro¬ 
vano al basso , cioè verso il fondo del seno della 
valvula, ma sono anche più rare ; e nella parte 
più vicina al cuore talora mancano affatto , onde 
ivi la tunica membranosa sola, da tali fibre non 
avvalorata, rimane sottile, e trasparente tutto 
che doppia. 



ARTICOLO ìli . 


Il numero , e ' la situazione dei tubercoli 
dell' Aranzio , e degli Arpioni . 

XII. I tubercoli dell’A ranzio non sono sem¬ 
pre simili non solo in tutti i soggetti , ma nem¬ 
meno in tutte le valvule del medesimo orificio 



I 7 Z CAPITOLO SESTO 
arterioso d’un soggetto stessa ; perciocché in al¬ 
cuni sembrano grani di miglio , in altri formano 
una picciolissima luna crescente, e piatta; qui 
rappresentano un triangoletto solido , qui una pi- 
ramidetta ec. ec., e nello stato naturale sono 
sottili, duretti, elastici, lunghi in traverso me¬ 
no di due linee, larghi, ed alti al centro mezza 
linea, o poco più. 

XIII. Tanto gli arpioni , quanto i tubercoli 
sono d’inestricabile struttura , duretti, e promi¬ 
nenti, e la tunica membranosa delle arterie lorp 
è si strettamente unita, che è vano sperare, 
dopo qualunque macerazione , e diligenza , di se¬ 
paramela intiera. 

XLV. Ho detto, che le valvule sono ordina¬ 
riamente tre per tronco arterioso alla base del 
cuore ; in fatti leggiamo negli Elementi di fisiologìa. 
di Allero, che Cassebomio solo ne ha tro¬ 
vato quattro. Io però nel tronco unico dell’aorta 
doppia, che qui è stata descritta *, e dissegnata, 
ne ho trovato cinque, simili affatto d’ampiezza, e 
di struttura alle meglio formate, conseguente¬ 
mente cinque furono in quel tronco gli arpioni, 
e cinque i tubercoli al lembo libero di caduna 
valvula, 

XV. Le valvule erano disposte due al da¬ 
vanti , una al di dietro, e due lateralmente a 
destra, e a sinistra. 

XVI. Gli arpioni si vedevano uno al davanti 
un po’ po’ sul fianco sinistro, e a sinistra del 
medesimo, cioè nel vicino angolo della valvula 


* Pag. 119 , e seguenti. 




ANGEJOTOMIA 173 

anteriore sinistra usciva l’arteria coronaria sini¬ 
stra , o posteriore : quattro poi erano collocati 
in distanze regolari determinate, due a destra, 
e due a sinistra , e tra i due destri, un po’ po’ 
verso l’angolo anteriore della valvula mezzana 
destra, nasceva l’arteria coronaria anteriore. 

« fcgaaj i Mima a., 1 .. “t—fu ■ ■ j» 

ARTICOLO IV. 

Alcuni esempi delle difformità , cui vanno soggette 
le valvole semilunari • 

XVII. I^echerò qui pure alcuni esempi di strane 
difformità da me osservate nelle valvule , enei 
tubercoli dell’ aòrta , giacché nell’ arteria pulmo- 
naria ( tranne maggiore debolezza, maggiore 
sottigliezza , e qualche raro smagliamento ) non 
ho mai osservato difetti, nè tanto frequenti, nè 
tanto essenziali. 

OSSERVAZIONE I* 

De’ vili delle valvule , <P un polipo nell* aorta , 
e delle tuniche del canale toracico . 

XVIII. In una vecchia morta d* ascite le 
valvule dell’aorta erano tre rozzi bernocoli sar- 
comatosi , néri, morati, poco flessibili, quasi 
affatto prive delle solite concavità , o seni. Tutte 
le ineguaglianze, che le difformavano, erano 
fatte dal condensamento di sostanza gessata 
contenuta in altrettanti sacchetti della membrana. 



I 7 4 CAPITOLO SESTO 
che con la sua doppiatura forma le valvule. 
Non vi si vedeano più fibre, tanto era il nero 
sangue, che si era condensato nei vasellini at¬ 
torniami gli accennati sacchetti. Gli arpioni erano 
ascosi sotto quelle disuguaglianze, però sani : 
i tubercoli Aranziani erano malfatti, massime 
il posteriore, che era grosso come il mignolo , 
giallo, in consistenza simile al cemento, ber- 
nocoluto, e friabile : gli altri due arpioni erano 
spinosi, duri, grossi, come piselli, e neri co¬ 
me il resto delle ineguaglianze delle valvule , 
alle quali si appartenevano. 

XIX. In questo cadavere osservammo per la 
prima volta un polipo biancastro, flagelloso, il 
quale principiava dalle ora descritte valvule se¬ 
milunari ( al seno , e alle difformità delle quali 
era aderente per lo suo principio) estendendosi 
giu per l’aorta discendente, non eravi dirama¬ 
zione arteriosa , dalla quale non traesse qualche 
radice, neppure eccettuate le più infime delle 
gambe, e de’ piedi, perciocché avendogli io 
tenuto dietro con lo scalpello infino nelle cru¬ 
rali, al di sotto defilamento F alloppi ano , 
e quindi proccurato d* estraerlo, ne ebbi molte 
radici, ma con le parti loro più sottili tronche, 
e mozze in guisa, che si capiva nei vasi piu 
minuti esservene rimaste le estremità. 

XX. E qui pure trovai molto più grande, e 
spesso, e in due tuniche proprie facilmente di¬ 
visibile il canale toracico, e la cisterna chilare, 
come ho potuto notare nella maggior parte degli 
idropici. 



ANGEJGTDMIA 


*75 


OSSERVAZIONE IL 
De' vi^i , dì' tubercoli ArANZÌANI . 

XXI. In un’altra donna ho trovato grossi, 
duri , bernocoluti i tubercoli, ma liberi, natu¬ 
rali , e ben formati i seni delle valvule dell’aorta. 

OSSERVAZIONE III. 

Dell' ossificazione delle valvule dell' aorta 
in tre soggetti differenti. 

XXII. Io credea sommamente raro 1 * esempio 
della ossificazione , e del conglutinamento scam¬ 
bievole delle valvule dell’aorta recatoci nell’os¬ 
servazione 69. dall* immortale Ruischio. * ; 
ma la frequente apertura dei cadaveri mi ha 
convinto darsi nei corpo umano difformità, e 
disordini assai più strani, e più frequenti di quelli, 
eh’ uomo suole immaginarsi , e specialmente in 
queste dilicate recondite parti ; ho dunque ve*- 


* Centuria observat. chirug. anatomie, obs. 69. 
fig. 57., dove non si capisce , che diramazione 
avesse quell ’ aorta , essendo disegnato in C un 
grosso ramo sotto il nome di parte dell’arteria 
grande ascendente. Non lo spiega nella osserva¬ 
zione (vedi pure A età Medie. Berolin. voi. 3. 
pag. 57 , e Lieutaud sepulchr. II. pag. 40 , 44, 
45, Finalmente Allero de part. corp. human . 
JFabrica et functionìbus Tom. 11 . p. 168 , 169. ) 




1 7 6 C A PISOLO SESTO 
duto in un settuagenario , ( trovatosi inaspetta¬ 
tamente morto nel suo letto ) il quale era stato 
da lungo tempo soggetto a palpitazioni, e de- 
liquj, e che avea costantemente avuto i polsi 
debolissimi, e minutissimi, ho veduto , dissi , 
le valvule dell’ aorta difformi a segno, che ap¬ 
pena si capiva da uno de’ suoi fratelli, Dottore 
di Medicina, e da me, come mai potesse dal 
ventricolo sinistro del cuore passare in quell’ ar¬ 
teria un nastro di sangue superiore in larghezza 
a due linee, ed in ispessezza a mezza linea. 

XXIII. Era stato quel cadavero da me aperto 
ad istanza de’ Medici della cura, e già dispera¬ 
vamo di rinvenire la causa organica della mor¬ 
te , e degli incomodi accennati da tempo così 
lungo sofferti ; ma avendo io introdotto l’indice 
giù per lo tronco dell’aorta ascendente verso il 
cuore, trovai un corpo solido disuguale, che 
opponeva un ostacolo quasi invincibile al di¬ 
io , con il quale io tentava di penetrare nel 
ventricolo . Avendolo però già longitudinal¬ 
mente spaccato , lo tagliai tutto in traverso po¬ 
che linee al di sotto della radice dell’aorta, e 
mirandovi dentro , e tasteggiandovi con 1* indice 
dell’altra mano insinuato per il cavo del ven¬ 
tricolo , a seconda del corso naturale del san¬ 
gue , ravvisai la mostruosità delle valvule semi- 
lunari , che ora sono per descrivere. 

XXIV. Non restava a questi organi altro di 
membranoso, fuorché l’orlo puro del lembo 
libero ; tutto il rimanente del seno era occu¬ 
pato da un cemento durissimo, che viziava la 
sola sostanza delle valvule, e poco , o nulla non 
interessava la sostanza dell’arteria. 



ANGEJOTOMIA I yy 

XXV*. Ne ho conservato un pezzo simile pa¬ 
recchi anni ; finalmente passò nel museo del lo¬ 
dato sig. Dottore Marino ; ed ivi non sola¬ 
mente si vede bernocoluta, e difforme la faccia 
delle valvule , che corrisponde all’ arteria , ma 
tale pure la inferiore, che è rivolta verso il 
ventricolo sinistro del cuore, dalla qual parte 
però non havvi tanta quantità di bitorzoli ; anzi 
vi rimane un certo sito descrivente una curva 
irregolare, per lo quale potea venire spinto il 
sangue verso la semilineale bislunga apertura, 
simile in certo modo alla fessura delle piu an¬ 
guste glotidi umane. 

XXVI. La radice dell’ aorta era pur anco resa 
ineguale esteriormente in tre luoghi distinti da 
altrettanti tubercoli ossosi, il piu grosso dei quali 
corrispondeva al seno della valvula destra, cin¬ 
que linee inferiormente al sito, d’onde si spic¬ 
cava l’arteria coronaria anteriore. 

XXVII. In questo cadavero notai, che 1 * ar¬ 
pione anteriore si trovava propio in mezzo allo 
spazio, che v’ ha tra i due tronchi delle arterie 
coronarie, i quali ivi nascevano uno a destra , 
ed uno a sinistra nei termini del terzo anteriore 
della periferia dell’aorta: quell’arpione serviva 
alle valvule semilunari destra , e sinistra , i lembi 
liberi delle quali erano in questo corpo d’ es¬ 
tensione diversa, perciocché quello della val¬ 
vula sinistra era lungo lin. 15 , quello della de¬ 
stra /o; e poco più d’otto linee il lembo li¬ 
bero della valvula posteriore. 

XXVIII. Quindi si capisce, che la valvula 
semilunare sinistra (non tanto difformata da con¬ 
crezioni calcaree , come le altre due , che aveano 
Parte II. m 



iy8 CAPITOLÒ SESTO 
poco, o nulla di seno ) occupava da se sola 
quasi tre quinti della periferia , anzi del voto 
dell’ aorta. 

XXIX. Giova ripetere, che mentre le parti 
erano molli, i bernocoli rendevano la fessura , 
che vi rimaneva per lo passaggio del sangue 
dal cuore nell* arteria, uguale ad un nastro *, 
che abbia mezza linea di spessezza , e sia largo 
poco più di sette linee. 

XXX. Fra gli arpioni inoltre quello , dal quale 
pendevano i lembi della valvula destra, e della 
posteriore, era così difforme a cagione d’ un 
condensamento calcareo, che dal pariete dell* 
arteria sporgeva sette linee + i .* a. verso l’as¬ 
se, ed al pariete era largo lin. 3 -f-1 : 2 ; verso 
F asse del vaso era largo mezzo pollice, ed 
aveva poco meno, che linee 5. di spessezza. 

XXXI. Il più difforme fra i tubercoli Aran- 
ziani era quello della valvula sinistra, veggen- 
dovisi un cemento , che avea quattro buone li¬ 
nee di spessezza. 

XXXil. In un’ altra aorta, che aveva alle 
sue valvule, e alla sua radice concrezioni, e 
difformità analoghe allo ora descritte , ' l’apertu¬ 
ra , che si osservava fra dette valvule, verso 
la cavità dell’aorta, era lunga lin. 15 , mentre 
che tutto il membranoso era fresco, ed arren¬ 
devole , e dal tubercolo Aranziano della val¬ 
vula sinistra all’ arpione della destra, e della po- 


* Vcdi Opusc. interessanti Torinesi anno 1777. 
volum. ir. pag. 8 5. 




A N G E J OT O M I A lyg 

steriore, vi rimaneva appena libero lo spazio 
di due linee. 

XXXIII. Egli è vero, che tutta la fessura 
era alquanto piu larga verso il ventricolo, e 
che la valvula sinistra si poteva allontanare una 
linea al più dalle immobili destra, e posterio¬ 
re , alle quali la valvula sinistra qui corrispon¬ 
deva , perchè gli arpioni anteriore, e posteriore 
sinistro , che sostenevano quella, non avevano 
sofferto considerabile alterazione : ciò nulla os¬ 
tante la colonna di sangue, che vi potea pas¬ 
sare dal ventricolo sinistro del cuore , era tanto 
picciola, ch’io mi sono maravigliato, come e 
in questo soggetto, e in quello dell* osserva¬ 
zione precedente, il ventricolo stesso non siasi 
dilatato oltre alla capacità sua naturale, e ordi¬ 
naria , come leggo presso il chiarissimo Mekel 
essere avvenuto in un uomo notomizzato da 
lui, perchè 1* aorta alla sua radice era più an¬ 
gusta del consueto. 

XXXIV. Ebbi dal sig. TegHilli chirurgo col¬ 
legiate , e Professore di chirurgia in Chieri , un 
frammento dell’aorta d’un vecchio stato spa¬ 
rato da lui, nel quale si scorgono pure ossifi¬ 
cate, o per meglio dire difformate da simili con¬ 
gestioni calcaree tuttettre le valvule semilunari , 
e i loro lembi liberi talmente avvicinati all’ 
asse dell’ arteria , che sembra essere quasi 'affatto 
intercetto il passaggio del sangue dal ventricolo 
sinistro in quell’ arteria. 

XXXV. Ivi ho notato però, che tutto il 
pezzo circolare dell’ aorta era ancora dilatabile , 
e pieghevole in ogni senso ; che le valvule erano 



l8o CAPITOLO SESTO 
molto mobili su gli arpioni, i quali ne erano 
stati poco, o nulla alterati. 

■ ■ ■■■ ■■■■ ■■ 

ARTICOLO V. 

Digli smaglìamentì , ai quali queste valvule 
sono soggette . 

XXXVI. INFon poche volte ho trovato il seno 
delle valvule semilunari dell* aorta smagliato a 
guisa di rete lacera. 

XXXVII. Due volte sole ho veduto Io stesso 
smagliamento nelle valvule dell’arteria pulmo- 
naria , una in un defunto per tubercoli, e cal¬ 
losità ulcerose, che ne difformavano atnendue 
i pulmoni ; ed un’ altra volta nel cadavere di 
uno scarpellino , e segatore di pietre, nelle cel¬ 
lule dei pulmoni del quale ho trovato cilindretti 
petrosi, quasj altrettante stalattiti , modellati 
proprio nelle cellule pulmonarie, delle quali 
aveano l’elegante figura. 

< 3 == -- 

COROLLARI 

I. I_te valvule semilunari sono ordinariamente 
tre per orificio arterioso alla' base del cuore , 
situate una a destra, una a sinistra ,/ e l’ altra 
posteriormente , composte di nastri dì fibre piat¬ 
te, coperti dal raddoppiamento della tunica mem¬ 
branosa delle grandi arterie. 



ANGEJOTOM 1 A /8# 

II. Il seno di tutte le valvule sigmoidèe alla 
base del cuore è più, o meno capace, secondo 
che il pariete corrispondente delle arterie ha 
uno sfondo piu, o meno grande , e profondo. 

III. Questo sfondo, che manca nei fanciulli, 
ed è superficialissimo negli adulti, ha certe volte 
una profondità mostruosa nei decrepiti. 

IV. Le valvule semilunari hanno tutte 

1. Un lembo libero ad orlo piu robusto del 
rimanente della valvula. 

2. Un lembo fisso ad orlo cartilagineo-li- 
gamentoso, immerso parte nella origine delle 
arterie, parte nella sostanza carnosa medesima 
della base del cuore, 

3. Un angolo per lato, donde si allungano 
tanto il lembo libero, quanto il fisso. 

V. Cadun angolo parte da un tubercolo car- 
tilagineo-ligamentoso simile ad un mezzo grano 
d’ orzo in alto , bifido in basso, detto da me 
Arpioni , e gli arpioni sono tre per caduno 
orificio arterioso. 

VI. Benché non sia costante la situazione 
degli arpioni , perchè l’ampiezza delle valvule 
semilunari non è sempre uguale , sono per 1’ or¬ 
dinario tuttavia uno anteriore, e due diretani, 
uno a destra, e l’altro a sinistra. 

VII. Nel mezzo dell’ orlo del lembo libero 
d’ogni valvula semilunare agli orificii arteriosi 
del cuore vi è sempre un tubercolo quasi car¬ 
tilaginoso , triangolare, stato meglio descritto 
dall’ Aranzio , prima che da nissun altro ana¬ 
tomico , onde a giusto titolo ne porta il nome. 



iBl CA P I T O LO SESTO 

Vili. I tubercoli dell* Aranzio sono più di¬ 
stinti nelle valvule dell’ aorta , che in quelle dell’ 
arteria pulmonaria, ma in ricompensa 

IX. I tubercoli dell’ arteria pulmonaria non 
vanno soggetti a cangiamenti, a difformità cosi 
strane , come quelli dell’ aorta . 

X. Anche le valvule semilunari sono soggette 
in tutte le parti loro a difformità, a difetti nu¬ 
merosi , ed importanti , massime a concrezioni 
calcaree , ossose , a diversità d’estensione , e di 
numero , ad immobilità assoluta , a smagliamen- 
ti ora delle sole fibre carnose, ora di tutta la 
loro sostanza . 



SEZIONE IV. 


OSSERVAZIONI SULLE VALVULE TRICUSPIDALI 
NEI VENTRICOLI STESSI DEL CUORE. 

I. I multiplici tendini procedenti dai muscoli 
papillari, e dalle colonnette del cuore umano a 
misura , che si allungano nei ventricoli, si di¬ 
ramano , s’ intrecciano a guisa di rete, e final¬ 
mente disfacendosi a foggia di plessi, si allar¬ 
gano a zampa d’ oca confondendosi tutti insie¬ 
me per formare un anello aponeurotico sempre 
più robusto, quanto più si accosta alla base del 
cuore, dove si pianta d’intorno agli orificj au- 
rìculari, nell’ orlo dei medesimi confinante con 
i ventricoli, e nella vicina parte della radice 
delle arterie, aorta, e pulmonaria. 



ANGEJ 0 TOM 1 A 183 

li. Tutta la faccia auriculare degli anelli apo¬ 
neurosi descritti è coperta d’ un tenuissimo epi¬ 
telio dipendente da quello , che tappezza il cavo 
delle orecchiette, F altra faccia lo ha comune 
con quello, che tappezza i ventricoli deteuorè» 
e la cavità delle arterie 

III. La valvula auricuiare destra è molto più 
debole , più corta , e più stretta della sinistra, 
la quale fa d’intorno al foro auriculare un lar¬ 
go , lungo, e robusto lembo frastagliato, ordina¬ 
riamente in nissun luogo meno alto di quattro 
linee, se prendesi ad esaminare il cuore d’ uno 
adulto di bella corporatura . 

A RT ICO LO /. 

Del vari plani aponeurotlci , che formano gli anelli 
valvulosi degli orificj aurlculari del cuore. 

Q uesto lembo , che è una continuazione 
dei tendini procedenti ( come abbia¬ 
mo già detto ) dai musculi papillari, non è già 
semplice, ed uniforme, che anzi vari tendini 
gettandosi F uno dietro all’ altro in una stessa 
parte , e distendendosi a foggia di tele aponeu- 
rotiche : tutte queste si uniscono dopo uno piu 
o meno breve tragitto in alto, e formano un 
piano solo assai più robusto. 

V. Ve ne ha in certi luoghi quattro strati, e 
i più lunghi di questi sono verso la parete del 
cuore, di modo che il piano della valvula cor¬ 
rispondente alla imboccatura dell’ orecchietta è 



184 capitolo ses to 
molto liscio, ed uguale, tuttoché il corpo, che 
corrisponde al pariete del ventricolo ne sia fi¬ 
lamentoso , e frappato . 

VI. La stessa disposizione si vede sulla val- 
vula auriculare destra , e le espansioni aponeu- 
ròtiche a zampa d’oca restano ivi pur anco per 
un tratto notabile distinte dal vero lembo val- 
vulare del piano , la superficie del quale è con¬ 
tinua con quella della canta dell’ orecchietta. 



ARTICOLO IL 


11 numero , e la disposizione dei musculi 
papillari nei ventricoli del cuore, 

VII.Commetto le notizie , che potrei dare deh 
la disposizione delle fibre carnose del cuore , e 
delle orecchiette, e dei vizi , ai quali ho tro¬ 
vato questa sostanza in viscere tanto mirabile 
soggetta, per affrettarmi di favellare dei muscu¬ 
li papillari, il numero dei quali ne* ventricoli 
del cuore umano cangia notabilmente nei diver¬ 
si soggetti, e a segno, che ho veduto questa 
varietà passare dai due ai dieci nel ventricolo 
destro, dai due ai cinque soltanto nel sinistro . 

Vili. Anzi mentre eh’ io notomizzava a que¬ 
sto proposito , e per darne positiva notizia al 
signor Giuseppe Verna Dott. di Medicina, il 
cuore strasordinariamente picciolo d’ un adulto 
morto d’idropisia ,*e di cangrena delle intestina, 
vi ho trovato un solo musculo papillare nel 
.ventricolo destro, il quale musculo gettava tre 



ANGEJOTOM 1 A I$5 

papille carnose, donde avevano origine setran- 
tadue tendinucci tra principali, e subalterni , i 
quali con le loro espansioni aponeurotiche pro¬ 
ducevano F anello valvuloso della orecchietta 
destra . 

IX. Nel ventricolo sinistro aveva sette mus- 
culi papillari, tre de’ quali avevano confusa in 
un medesimo sito F origine, e tra tutti produ¬ 
cevano cento vent’ otto tendinucci tra principa¬ 
li, e subalterni. 

X. Non tutti i tendini subalterni finiscono in 
un plesso distinto per contribuire a formare gli 
anelli valvulosi ne’ pezzi di tela aponeurotica col¬ 
locati a strati, perciocché fu sol uno il cuore 
negli anelli valvulosi del quale io abbia in tutto 
numerato trentadue pezzi di tela aponeurotica 
distinti , e nei molti altri cuori notomizzati da 
me, d’ ordinario non ne contai piu di ventiquat¬ 
tro , di venti, di diciotto, e fu pure uno solo 
il cuore d’un adulto a • questo fine esaminato, 
dove ne vidi soltanto sedici . 

XI. Molti tendini dopo d’ essersi diramati van¬ 
no tondi, e robusti a finire seccamente nel lem¬ 
bo inferiore degli anelli , ed alcuni intreccian¬ 
dosi bizzarramente con le diramazioni d’ altri 
tendini formano reti, e maglie irregolari. 

XII. Sovente dai muscoli papillari partono al¬ 
cuni tendini, che in vece di portarsi all’anello 
valvulare si immergono nella sostanza del cuore 
medesimo , cioè nei parieti carnosi dei ventricoli. 



i $6 CAPITOLO sesto 



ARTICOLO III. 


-1 vi%ì i che T Autore ha incontrato negli 
anelli valvulos't . 

XIII. N on ho mai trovato cuore mancante d* 
anello valvuloso ad alcuno degli orificj acicu¬ 
lari , ma ho incontrato anelli di cosi poca al¬ 
tezza , che appena potevano chiudere la metà 
dell’ orifìcio, il lembo libero non essendo altro, 
che maglie , e reti incapaci di porre argine alla 
caduta del sangue dalle orecchiette nei ventrico¬ 
li, quando la contrazione dì questi, e 1* obbli- 
terazione della loro cavità sufficientemente non 
vi si avesse potuto opporre. 

XIV. Non ho mai veduto anello valvuloso 
perfettamente calcareo, ed immobile ; vidi però 
il pezzo d’anello pendente dall’ aorta nel ven¬ 
tricolo sinistro a guisa d* un cemento triangolare 
irregolarissimo pendere dall’ origine dell* arteria 
medesima per alcune radici pure cementose , dif- 
formanti quella porzione d’arteria, e con le sue 
punte irregolari, coperte d’una sottile membra¬ 
na , dare attacco a’ tendini delti due musculi pa¬ 
pillari più grossi. 

XV. Questo pezzo di sostanza calcarea duris¬ 
simo è largo un pollice, ed alto linee io -f- I 
: t , spesso nel mezzo linee 8, e viene assot¬ 
tigliandosi verso le estremità di sua lunghezza 
a segno di non avervi più mezza linea *. 



* Vedi Opusc. interess. Torinesi 1777. voi. 
IV . P ag . 86. 



ANGEJOTOM j a 187 

XVI. Ho pure veduto due ossi irregolarmen¬ 
te semilunari formatisi nel cerchio d’amendue 
gli orificj auriculari *, contenuti nella sostanza 
medesima degli anelli, altronde naturali : uno era 
sottilissimo, alto nel mezzo poco meno di quat¬ 
tro linee, avea la figura dell’ osso joide,conle 
corna sottilissime, piatte , ed acute, distanti di¬ 
ciotto linee ; il seno erane profondo linee 7., e 
F altro assai più sottile , meno concavo , e meno 
largo, avea le estremità distanti linee io. 

XVII. Ho pure conservato lungo tempo tut¬ 
to lo spazio della base del cuore, onde sono 
sostenute le orecchiette *2 , e i tronchi arterio¬ 
si , affatto ossoso , ma per la sottigliezza delle 
sue parti ancora flessibile, e dotato di qualche 
elasticità . 


* Luigi Vi&el nella Storia del Conestabile Del¬ 
le Dighiere Tom. il. pag. 3861 387 .dice, che essen¬ 
done. stato il cadavero sparato dal Qfio Cerusico 
Ognissanti Zoluotto alla presenta de' suoi 
Medici Villanova ) e Tardy , e di più di 
trend altre persone, quando venne ad estrarne il 
cuore dal torace , sentì nel maneggiarlo qualche 
cosa di duro, e di acuto , che gli pungeva Uma¬ 
ni, e ne trovò la patte superiore, cioè la base , 
attorniata , come da una corona , da un osso spi¬ 
noso . 

*i Vedi Opusc. interess. Torin. #777. voi. 
IV. pag . 86". 




l88 CAPITOLO SESTO 


ARTICOLO IV. 

Dei vi%i , cui va soggetta la sostanza medesima 
del cuore . 

XVIII. Ilo già notato, che il cuore medesi¬ 
mo nel suo proprio tessuto carnoso non va sem¬ 
pre esente da’ viziosi adunamenti di sostanza 
calcarea , posciacchè ne ho recato 1* esempio d* 
un soldato, sul cuore del quale io aveva poco 
tempo fa scoperto questo vizio : ora trovo fra 
le osservazioni state raccolte da me nello spe¬ 
dale di s. Giovanni di Torino l’anno 1771. 
quella d’un paralitico, nel petto del quale il 
pericardio era pure aderente alla superficie tutta 
del cuore per filetti, che parevano tendinosi. 

XIX. Aveva nella parte più carnosa, presso 
alla base del ventricolo sinistro , una durezza , 
che futnmi impossibile di recidere. Per cono¬ 
scere che c<g^ fosse scavai tutt’all’intorno mol¬ 
to profondamente nelle fibre carnose ( giacché 
quindi era vano sperare di staccare il pericardio 
senza lacerarlo , e reciderlo, tanto forte era P 
aderenza, che intorno a questo corpo il peri¬ 
cardio avea contratta con le fibre carnose del 
cuor istesso ) e vidi, che era un calcolo largo 
mezz’oncia, disuguale *, duro, fatto di moi- 

* Vedi Opusc. interess. di Torino ann. 1777. 
voi. ir . pag. 86. 




ANGEJOTt>MlA 1 8 $ 

tissime lamine somiglianti al marmo di vario co¬ 
lore , sendovi lamine grigie, altre biancastre , 
altre del colore della madreperla , tutte livide , 
forbite , e brillanti. Aveva pur anco questo cal¬ 
colo nella sua faccia interna un picciuolo roton¬ 
do, che serviva come di collo ad un bottone. 
ossoso , biancastro interiormente, macchiato di 
rosso all’ esterno , grosso, e tondo come un 
pisello , tutto immerso nella sostanza suddetta 
del cuore. 

XX. Verso il setto-medio vicino alla punta 
del ventricolo stesso incontrai due altri incro¬ 
stamenti squamosi, e lucidi, ma assai più sot¬ 
tili , più piccioli, e più stretti, conseguente¬ 
mente fissi nella carne del cuore meno profon¬ 
damente , dove lasciarono due fossette superfi¬ 
ciali , vedendosi ivi mancante , e rotta la so¬ 
stanza carnosa, come era mancante nel sito 
stesso quella del pericardio , che non contene¬ 
va stilla d’umore. 

XXI. Quattro altre volte ho ritrovato il pe¬ 
ricardio aderente per filamenti robusti al cuore, 
e privo d’ ogni sierosità . * 

*i Non solamente presso gli Scrittori di esser- 
vaiioni moderni si leggono esempi di cuori co¬ 
perti di filamenti simili agli accennati da me , 
fra i quali non e da tacersi ^RVEO , ma ezian¬ 
dio presso gli Storici antichi , quali sono PLi¬ 
ti IO , e PLUTARCO , ne abbiamo indiij in quei 
casi , nei quali parlano de ’ cuori pelosi , percioc¬ 
ché in Leonida re di Sparta , quegli , che fu 
ucciso alle Termopile , in ERMOGENE , ed in 
A RISTO mene MeSSENIO e stato trovato peloso 
questo viscero. 




I CfO 


CAPITOLO SESTO 


ARTICOLO V. 

Osservazione delP ossificazione di tutto il cuore 
in un’ anitra selvatica. 

XXIL C^^ueste ossificazioni, e questi cemen¬ 
ti però sono un nulla rispetto a’ vizj , che ho 
avuto occasione di notare nel cuore tanto de¬ 
gli uominiquanto degli animali ; e per tutti 
quelli, che potrei addurre, sono sicuro , che 
basterà descrivere lo stato di questa viscera im¬ 
portantissima in un’ anitra selvaggia , stata uc¬ 
cisa sotto gli occhi miei sul fiume Bormia vi¬ 
cino a Terzo in Monferrato dal fu sg. Prasca 
banchiere del sale in Aqui. *i 

XXIII. Questo cuore pendeva nel mezzo 
della parte superiore del torace, immediatamen¬ 
te dietro allo sterno, avvolto nel suo asciutto, 
e trasparente pericardio , quasi un pollice infe¬ 
riormente a quell’ organo ossoso, che in tali 
uccelli sta affisso alla parte anteriore della lun¬ 
ga trachea, immediatamente prima, che ne se¬ 
gua la biforcazione, stato nei già citati Opuscoli 
da me minutamente descritto . 


*i Come fu già pubblicato negli Opuscoli in-? 
teressanti di Torino 1777* voi. IF. e F. y dove 
in alcune lettere al già lodato sig. Dottore MA¬ 
RINO di Savigliano favellai di questo , e di altre 
cose del pari straordinarie state da me osservate . 




ANGEJOTOMIA /91 

XXIV. Avendolo svelto dal sito accennato 
con le sue appendici per esaminarlo attentamen¬ 
te , giacché presentava alle dita la durezza dei 
gusci delle lumache , lo trovai conico in basso, 
lungo diciassette linee , largo alla "base ovale, 
alquanto compressa, lin. <3. e più; alla punta 
ottusa avea linee 5. di diametro, e il diametro 
traverso della base non arrivava alle lin. 16 

XXV. Le orecchiette durissime anch’ esse, 
erano intonacate di sangue al di dentro, e qui 
le avvaloravano diverse colonnette rossìgne pur 
anco inflessibili, che ingombravano 1* adito di 
vari seni poco profondi. 

XXVI. Le valyule tricuspidali (per nominar¬ 
le come il volgo de’ Notomisti ) da un lembo 
ossoso discendevano ligamentose , con le briglie 
loro finissime ( simili però in flessibilità, e in 
durezza ai tendini delle gambe dei pollici) fino 
alla punta di certe elevazioncelle carnose in pun¬ 
ta , ossose alla base , confuse con il pariete os¬ 
soso de’ ventricoli, le quali teneano il luogo 
de’ muscoli papillari. Non erano piu che due a 
sinistra , e una a destra. 

XXVII. L’arteria pulmonaria, che si trovava 
posteriormente, era diretta da sinistra a destra, 
soda sulla base del cuore, diveniva flessibile, 
ed elastica a misura, che se ne scostava per 
portarsi al pulmone. 

XXVIII. L’aorta ass^i più solida, e più ca¬ 
pace , appena elevatasi dalla base del cuore, su¬ 
bito si diramava in tre tronchi, il destro dei 
quali mi sono assicurato, che quantunque fosse 
il più stretto, era pero 1* aorta discendente: de¬ 
gli altri due uguali in diametro ; il destro era 



I92 CAPITOLO SESTO 
la succlavia destra, il sinistro la succlavia si¬ 
nistra . 

XXIX. Così appena divisa nei tronchi men¬ 
zionati l’aorta, tutto avea 1’ordinaria consisten¬ 
za, e la consueta flessibilità, che riempì d’ammi¬ 
razione i chiarissimi Dottori Bolzoni , Bruno, 
e Ratti d’Aqui, l’illustrissimo sig. Cavaliere, e 
Commendatore Tizzone di Crescentino, Go¬ 
vernatore della medesima Città, i signori Av¬ 
vocato Paolo Chiabrera, Ferdinando Da- 
gna , Gioanni Perone , i Canonici Perone, 
e Cassino , il sig. Ratti Direttore delle Regie 
Gabelle, e cento altri, che lo ebbero varie volte 
intiero nelle mani. 

XXX. Era mio pensiere conservar un orga¬ 
no così' straordinariamente preternaturale intiero, 
ma non avrei potuto appagare nè la curiosità 
del Dottore Marino , al quale subito ne diedi 
notizia, nè quella di parecchi dotti uomini, nè 
la mia in risguardo all* interno del medesimo 
cuore, ed avendolo tagliato in traverso sei li¬ 
nee distante dalla punta , con quanta destrezza 
mi fu possibile, non ho potuto farlo sì, che per 
la fragilità testacea ( simile a quella dei gusci 
dell’ uova , anzi delle chiocciole ) non si sia 
tutto irreparabilmente sfrantumato : ciò non 
ostante osservai, che il tramezzo dei ventricoli 
aveva la stessa durezza delle pareti, che avea 
nel suo corso tale obbliquità da rendere il ven¬ 
tricolo, donde nasce l’aorta, quattro volte piu 
grande, e un terzo piu lungo dell’ altro. La 
faccia del tramezzo corrispondente al minore 
ventricolo era molto piu liscia, e non erano 
molli, nè carnosi quei tubercoletti papillari, dei 



ANGEJOTOMIA 195 

quali ho fatto menzione qui addietro , come di 
punti fissi inferiori ai tendinucci, che espanden¬ 
dosi formano 1* anello valvuloso all* orificio au-* 
riculare. 

, XXXI. Le picciole ma eleganti valvule semi- 
lunari avevano ancora qualche cosa di flessibi¬ 
le, e non potevano arrivare con l’altezza dei 
lembi liberi nell’ aorta a quelle due stigmare, le 
quali erano per avventura i segni degli orifizj 
delle arterie coronarie ; di queste più non re¬ 
stava sul cuore alcuna minima traccia, tutto es¬ 
sendosi nel condensamento confuso. 

XXXII. Quel cuore appena estratto dal corpo 
dell’ anitra, era di colore rosso oscuro per lo 
molto sangue, che conteneva : lavato però di¬ 
verse fiate con acqua tiepida , divenne cenero¬ 
gnolo fosco, il che dà indizio della sottigliezza 
delle pareti , perocché erano trasparenti ; erano 
più sottili le orecchiette, come il traporre tutto 
1 ’ organo intiero ben lavato tra la fiamma d’una 
candela , e l’occhio, evidentemente dimostrava . 
La diafaneità pero delle orecchiette non toglie¬ 
va loro un certo colóre rosso, che appunto 
serviva ad indicarne i limiti. Meno diafano poi 
era il tronco delle arterie, le quali avevano un 
colore bianco per lato, quasi simile a quello 
del guscio d’uovo. 

XXXIIL L’induramento di tutte queste parti 
erasi fatto così segnalatamente a spese della 
spessezza ordinaria delle medesime, eh’ io non 
ho potuto astenermi da sospettare , che in quell* 
anitra il vizio sia stato congenito, perciocché 
gl’ inossamenti delle arterie , e delle valvule tanto 
semilunari , quanto auriculari da me osservati , 
Parte 11 . n 


194 CAPITOLO SESTO 
c che furono accidentali , e morbosi, sono 
sempre stati trovati irregolari, difformi, berno- 
coluti, e con aumento di volume. 



COROLLARI. 


I. ì -i e valvule auriculari del cuore sono il 
complesso d’ altrettante picciole aponeurosi quanti 
sono i tendini, che partono dai musculi papil¬ 
lari dei ventricoli del cuore , e dagli allungamenti 
di alcune colonnette carnose degli stessi ventricoli. 

II. Non si formano dal complesso di queste 
aponeurosi valvule distinte, delle quali più so¬ 
vente se ne trovino tre nel ventricolo destro , 
e due nel ventricolo sinistro. 

III. Si forma bensì un anello aponeurotico 
per ogni orifizio auriculare nei ventricoli sud¬ 
detti , appeso all* apertura inferiore delle orec¬ 
chiette , frastagliato, frappato, e ondeggiante 
nei ventricoli, quanto gli viene permesso dai ten¬ 
dini , donde trae origine. 

IV. Una porzione considerabile del lembo 
fisso, o superiore di caduno di questi anelli 
aponeurotici si trova affissa ad una porzione pu¬ 
re considerabile della periferia dell’origine delle 
arterie aorta, e pulmonaria, cioè alla radice 
loro immersa nel cuore. 

V. S’incontrano qualche volta condensamenti 
calcarei nelle aponeurosi, tanto nella loro unio¬ 
ne con le orecchiette, quanto nel loro attacco 
all’origine delle arterie . 

VI. Gli anelli valvulosi si trovano smagliati 
anche nei siti, dove la tessitura loro suol es- 


ANGEJOTOMIA >9$ 

sere più densa, e più uniformemente ripiena.' 

VII. I tendini, dai quali queste valvule di¬ 
pendono , si trovano talvolta ossosi, elastici, 
simili a quelli delle gambe dei nostri galli, e 
di quelli d’india. 

Vili. Plinio favella dell’ inverminamento del 
cuore come d’una malattia ; Senac ha trovato 
ossificato uno dei ventricoli del cuore umano, 
cioè il posteriore, o sinistro ; Allero lo trovò 
tutto consunto, eccettuatane 1* orecchietta destra: 
De-haen non seppe ravvisarne vestigio in un 
soggetto, che aveva la cavità del torace piena 
d’una carnosità inestricabile ; ed io trovai af¬ 
fatto ossoso , ed inflessibile il cuore d’ un’ ani* 
tra selvaggia. 

IX. Dunque il cuore non è sempre, e non è 
sempre il solo organo determinante la circoda¬ 
zione del sangue. 



SEZIONE V. 


Osservazioni intorno al giuoco di tutte 

LE PARTI DESCRITTE , SE SONO NATURALI, 
E SANE , PER MANTENERE LA CIRCOLAZIONE 
DEL SANGUE UNA VOLTA INCAMMINATASI 
NEGLI ANIMALI A SANGUE CALDO. 

I. onsiderando attentamente la disposizione, 
la struttura, il numero, e gli attacchi dei mu- 
sculi papillari, dei tendini loro, e delle frap¬ 
pate aponeurosi, che ne deriyano , si trae lu¬ 
me non disprezzabile intorno al modo mecca¬ 
nico , onde si mantiene la circolazione del san- 


l 9 S CAPITOLO SES TO 
gue, per quanto si aspetta alla parte, che vi 
ha il cuore. A tal fine basta meditare sul rav¬ 
vivamento degli annegati, nei quali può essere 
intieramente sospesa la circolazione, mentre che 
nè il sangue , nè gli organi a tale funzione de¬ 
stinati , non hanno ancora altro vizio , eccetto 
un principio di condensamento il primo, e gii 
ultimi un difetto d’irritabilità. 

II. Partendo noi da questo principio, e tutto 
il secreto di ravvivare gli annegati consistendo 
nel restituire al sangue la fluidità , e l’irritabi¬ 
lità agli organi, e particolarmente al cuore, quan¬ 
do siano messi in opera i mezzi a tal fine stati 
da valentissimi pratici inventati, dobbiamo cre¬ 
dere posta in movimento la massa del sangue 
contenuta nelle vene cave, e spinta* nell’ orec¬ 
chietta destra del cuore. 

III. Questa orecchietta allóra ne viene dila¬ 
tata , e le sue pareti irritate dalla presenza del 
nuovo sangue si contraggono in maniera, che 
le valvule appese al foro , cui mediante questa 
orecchietta comunica con il ventricolo destro , 
ne sono tratte in alto , e distratti, o stiracchia¬ 
ti, e tesi i musculi papillari, che si elevano 
dalla sostanza delle pareti di questo ventricolo 
Irritabilissime. 

IV. E’stato notato , che sovente dai muscoli 
papillari partono alcuni tendini, i quali s’im¬ 
mergono nella sostanza del cuore medesimo, 
cioè nei parieti carnosi dei ventricoli. Questa 
immersione non è ella un nuovo stimolo alla 
irritabilità del cuore ? 

V. I musculi papillari nascono da vari punti 
delle pareti dei ventricoli : stiracchiato uno di 


A N G E J O T O M I A 1 1)? 

questi musculi, perchè viene tratto in alto l’anello 
valvuloso, ecco stimolalo il punto , d’onde il 
musculo nasce : ma questo musculo getta i suoi 
tendini in varie parti del cuore , ed ecco altret¬ 
tanti stimoli aggiunti al mentovato, sicché piu 
viva.riesce la contrazione del cuore. 

VI. Nell’ atto , che il sangue deli’ orecchietta 
si vota nel ventricolo, e con l’urto, con il 
peso, con le intrinseche proprie qualità lo sti¬ 
mola , le fibre musculari del medesimo verranno 
messe in movimento dalla distrazione dei mu¬ 
sculi papillari. 

VII. Inoltre è difficilissimo , che muovasi 
l’orecchietta destra del cuore senzachè venga 
pure mossa la sinistra , non tanto, perchè vi si 
introduce nello stesso tempo il sangue delle vé¬ 
ne pulmonarie (posto, che a prò’ degli anne¬ 
gati si fanno eziandio giuocare sui pulmoni i 
mezzi irritanti anche al vulgo noti) quanto per¬ 
chè sono in maniera così stretta insieme con¬ 
gegnate , ed unite , nè separate salvo dal comune 
tramezzo membranoso, e flessibilissimo, che mo¬ 
vendosi una, l’altra non può non risentirsene; 
quindi è, che per le medesime cagioni dovrà 
essere irritato , ed obbligato a contraersi eziandio 
il ventricolo sinistro. 

Vili. Consecutivamente a tale irritazione co¬ 
mune, contraendosi amendue i ventricoli, ne 
verrà spinto il sangue verso la base del cuore; 
dove non potendo rientrare nelle orecchiette , 
perchè gli anelli valvulosi vi si oppongono, 
sarà costretto d’imboccare gli orificii arteriosi. 

IX. Penetrato il sangue nelle arterie, nè po¬ 
tendo scorrer oltre, impedito dalla resistenza 


I$2 CAPITOLO SESTO 
delle onde precedenti, dal proprio peso, dalla 
gravitazione dell’ ambiente , e dalla innata con¬ 
trattilità , e peso del corpo medesimo , che debb’ 
esserne irrigato, non può scorrere (dissi) finché 
una novella contrazione dei ventricoli non ve ne 
spinge a tergo un* alfr’ onda. 

X. Anzi acciocché contraendosi le arterie il 
sangue non ripiombi nei ventricoli, mentre che 
il cuore torna in diastole , è noto il giuoco delle 
valvule semilunari, le fibre musculari delle quali 
contraendosi possono concorrere a votarne i seni 
del primo sangue, e prepararle in tal guisa a ri¬ 
cevere , e a sostenere l’onda novella. 

XI. Per impedire al sangue già penetrato nelle 
arterie il ripiombare nei ventricoli, e per secon¬ 
dare il giuoco delle valvule semilunari, non sem¬ 
bra egli contribuire assai l’appiattimento del prin¬ 
cipio delle arterie pulmonaria , ed aorta ? Questo 
appiattimento è prodotto dalla stiratura della 
porzione principale d’amendue gli anelli val- 
vulosi, che abbiamo osservato pendere da buona 
parte della periferia di questi orificii arteriosi. 

XII. Se il cuore si allunga , e si allarga per 
ricevere il sangue trasmessogli dalle orecchiette, 
e come non verranno stiracchiati i musculi pa¬ 
pillari , e per conseguenza le aponeurosi, che 
dai loro tendini dipendono ? 

XIII. Da tale stiracchiamento gli orificii arte¬ 
riosi , e il principio stesso delle arterie pulmo¬ 
naria , ed aorta verrà appiattito per un tratto 
notabile, ed il lembo libero delle valvule sig 
moidèe messo a più forte scambievole contatto 
nell’asse delle arterie menzionate, onde quel 
«angue non solo ne sarà molto sostenuto , ma 


A N GEJOT O MI A 109 

altresì spinto per le arterie più lunge dal cuore. 

XIV. Rianimata per tali stiracchiature l’irri¬ 
tabilità del cuore , eccolo di nuovo contratto ; 
ecco spinto nuovo sangue dai ventricoli nelle 
arterie, ed ecco agli orificii dell’aorta, e della 
pulmonaria restituita la rotondità , mentre , che 
i lembi liberi delle valvule semilunari vengono 
eziandio, per la diastole degli orifici arteriosi , 
riapprossimati ai parieti delle arterie. 

XV. Quello , che abbiamo detto del tronco 
delle arterie, dire lo dobbiamo altresì degli ori¬ 
ficii euriculari, che vengono ristretti, e com¬ 
pressi nell’atto, che il cuore si avvicina alla 
maggiore sua diastole per la tensione, e lo sti¬ 
racchiamento di tutti due gli anéllLvalvulosi , la 
qual cosa dee proccurare la piu attiva contra¬ 
zione delle orecchiette, infinattantoché ( giun¬ 
cando la contrazione del cuore irrigato) le vai* 
vule auricularie vengano spinte contro gli orificii 
delle orecchiette, e restituita a queste la libertà 
di rilassarsi, e di essere riempite. 

XVI Nè vi è da temere ( eppure ne ha te¬ 
muto T incomparabile notomista, e Fisiologista 
ALLERO * ) che qualora i musculi papillari non 
si contraessero nella sistole del cuore , le val¬ 
vule auricularie fossero per essere spinte dal san¬ 
gue tropp* oltre nella cavità dell’ orecchiette ; 
perciocché in più di venti cuori da me stati a 
quest’oggetto esaminati ho notato, che tutti i 


* rrDe Fab. et usu partium corp. hum. T&m. 2. 
pag. 250., e per meglio individuare il sito §.4. 
se%. 4. lib. 4. 



200 CAPITOLO SESTO 
parietx dei ventricoli si dovrebbono accostare 
troppo più di quello, che mai sia per essere 
possibile agli orifici! auriculari, affinchè fosse per 
accadere un tale rovesciamento. 

XVII. Con un cuore tra le mani , dando certi 
tagli ai ventricoli, e alle orecchiette' si può 
dimostrare, che, lungi dal poter essere spinte 
nelle orecchiette, queste valvule appena si ac¬ 
costano tanto con i frastagliati loro lembi da 
toccarsi nella sistole del cuore, poiché sono 
Imbrigliate dai tendini comuni ad esse, e ai 
musculi papillari. 

XVIII. Per questa cagione lasciano verso le 
orecchiette nel ventricolo stesso una cavità si¬ 
mile a quella d’un imbuto, mentre con le fac¬ 
ete opposte formano un cono membranoso con¬ 
vesso , cui mediante il sangue dei ventricoli 
sdrucciola più facilmente verso gli onficii arte¬ 
riosi. 

XIX. Non arrivando mai adunque le valvule 
auricularie a far un piano orizzontale con l’orlo 
degli orificii del medesimo nome, onde servire 
di piano pavimento alla cavità delle orecchiette 
per tenervi sospeso il sangue venoso, tanto 
meno potranno esse valvule rovesciarsi , o per 
meglio dire sollevarsi nella sistole del cuore fino 
in quelle cavità, eziandio che dalle pareti del 
cuore medesimo non partissero briglie tendinose 
per impiantarsi ad ogni altezza della faccia delle 
valvule loro corrispondente: eppure queste briglie 
si trovano quasi in ogni cuore, sebben&Jo non 
ho notizia, che siano state da veruno anatomico 
mentovate. 

XX. Concluderemo intanto 



ANGEJ0T0M1A *01’ 

i. Che dalle alternative stiracchiature sofferte 
dai ventricoli nell’empiersi le orecchiette, enei 
contraersene le pareti in tutti i punti, viene rav¬ 
vivata l’irritabilità dei ventricoli per mezzo delle 
valvole auricularie , e dei musculi papillari, ond* 
esse dipendono. 

x. Che dall’ empiersi i ventricoli, e dal di¬ 
latarsene i pareti viene animata l’irritabilità delle 
orecchiette, e probabilmente prodotto quell’ ap¬ 
piattimento del principio delle arterie pulmonaria, 
ed aorta , che abbiamo indicato , come n’ è pro¬ 
mossa la sincrona contrazione per mezzo dei mu¬ 
scoli papillari, dei loro tendini, e delle valvule 
auricularie , che dalle espansioni plessiformi, e 
retiformi dei medesimi hanno origine. 

3. Finalmente che questi movimenti alterna¬ 
tivi debbono durare quanto dura la fluidità dei 
liquidi , la elasticità , la flessibilità, e la irrita¬ 
bilità degli organi, che li debbono contenere, 
e spingere, cioè quanto dura negli animali la 
vita. 

Tali $ono le conghietlure, cui danno luogo 
le precedenti osservazioni sullo stato naturale 
dei vasi principali destinati alla circolazione del 
sangue. In un altro discorso ripiglieremo l’esa¬ 
me delle mostruosità , e dei vizi essenziali in 
questa operetta da me nei medesimi vasi, ed 
organi descritti, per giudicare se sia necessario 
un vapore espansile, un voto nei vasi, o nei 
ventricoli del cuore , oppure altre consimili ca¬ 
gioni per incamminare la circolazione, e per 
mantenerla; e daremo una idea dell’uso parti¬ 
colare, che hanno le caverne, le colonne car¬ 
nose , i tendini, e le multiplici aponeurosi tanto 



201 CAPITOLO SESTO 
del cuore, quanto delle orecchiette per sommi¬ 
nistrare al sangue i caratteri necessari, affinchè, 
scorrendo per le arterie , serva alle secrezioni 
dopo d’averne favorita 1* astimilazione del ve¬ 
noso con il chilo , e la linfa, che si impegna¬ 
no nel torrente della circolazione mediante il 
canale toracico. 


Torino-Cittadella li 1 6» ottobre n 8 j. 



?V 


aoj 

ESEMPIO 


PER LE OSSERVAZIONI CLINICHE 



C A PI T O LO y IL 


DEL MEZZO INSOLITO, DEL QUALE SI SERVI® 
LA NATURA PER EVACUARE LA MATERIA 
DI UN TUMORE FOLLICOLATO. 

Età , sesso , e temperamento delC infermo. 

C^Tiuseppe M. sessegenario, piuttosto flemmas¬ 
tico per riflessione, e per abito , che per tem¬ 
peramento , avea gioito di salute così buona 
nella virilità , come può desiderarsi in un tem¬ 
peramento misto di sanguigno, e d’ipocondriaco. 

Tenore di vita antecedente , malattie , cui 
era soggetto , e rimedj , onde 
le curava . 

Parco, e regolato nel vitto, solito ad eser¬ 
citarsi nella Città, ed alla campagna , era egli 
da parecchi anni soggetto ( cominciando 1* in¬ 
verno ) ad infreddature , e costipazioncelle , che 
egli dissipava ora mediante il semplice riposo , 
ed un poco di sudore provocato con l’uso del 
tè, ed ora con una cavata di sangue, e due, 
o tre giorni di quiete. 



104 


CAPITOLO SETTIMO 


Passione , che lo predispose alla grave 
malattìa , che descriveremo. 

L’anno 1769. innamoratosi violentemente di 
una vedova giovine , dalla quale si trovò villa¬ 
namente ingannato, mentre che gli pareva di 
avere sode ragioni per pretenderne corrispon¬ 
denza , si prese tanto a cuore 1* infedeltà della 
suddetta, che a poco a poco s’immerse iti pro¬ 
fondissima maninconia. 

Effetti della passione amorosa malcorrisposta. 

Perseverò quattro mesi nello stato più de¬ 
plorabile senza mai volere confidare a veruna 
persona la passione, che lo tòrmentava, e tan¬ 
to meno i motivi della sua tristezza, di modo 
chè si ridusse ad una languidezza, ad una pro¬ 
strazione di forze cosi desolante, accompagna¬ 
ta da svogliatezza , da inappetenza, è da fasti¬ 
dio per ogni divertimento così ostinati, che sem¬ 
pre concentrato in se stesso , fisso nelle tristi, 
ed inquiete sue meditazioni, abborriva tutto quel¬ 
lo , che ne lo poteva distrarre, avendo abban¬ 
donata la maggior parte dei soliti esercizj, non 
amando più salvo 1* oscurità, la solitudine, il 
silenzio, spiando occultamente la condotta della 
donna ingrata , e non potendo più inghiottire 
cibo, senza soffrire nausee, ed indigestioni. 

Una così repentina mutazione totale dì tenore 
di vita non impedì, che vèrso il termine dell’ 
anno medesimo fosse sorpreso dal solito in- 
freddamento egli , che reso non curante , ed in- 


OSSERVAZIONI CLINICHE 2,05 
sensìbile a tutto ciò, che non avea relaziona 
con l’infelice amor suo, negligentò tutti ,i mez¬ 
zi , onde le altre nate se ne era liberato. 

Altra cagione più prossima , che accelerò 
lo sviluppumento de* viziati umori , e 
vari aspetti del morbo 
non dichiarato. 

Perciò vi si aggiunse una febbricciatola, che 
serbò qualche tempo il tipo di terzana sempli¬ 
ce , e dopo d’essersi fatta doppia, degenerò; in 
continua , ma tale, che 1* infermo stesso non 
se ne credeva aggravato. 

Calore . 

Il calore continuo però, che ne consumava 
le viscere, e ne occupava tutto l’abito del cor¬ 
po , indicava pur troppo la presenza d’una feb¬ 
bre tanto più da temersi, quanto meno dall’in¬ 
fermo sentita , massime una, o due ore dopo 
che gli si era fatto prendere qualche leggieris¬ 
simo cibo , ed alla sera, che tutto il corpo ne 
pareva infocato , e piu di tutto la palina delle 
mani , dove 1* ardore mordace cresceva all* 
estremo. 

Polso. 

Il polso d’ordinario picciolo, e frequente, si 
rinforzava, e divenia risoluto, vibrante nelle 
ore delle esacerbazioni accennate . 



CAPITOLO SETTIMO 


tO 6 

Stato di tutto il corpo alt esterno. 

Tutto il corpo era fiacco, languido ; la pelle 
ruvida, secca; le gote pallide, incavate, che 
s’infuocavàno molto sulla pomella dopo il pa¬ 
sto , ed alla sera ; gli occhi foschi, nelle orbi¬ 
te nascosti, sovente lagrimosi ; il naso affilato , 
lucente ; la fronte callosa, terrestre ; le labbra 
secche, livide, sottili; la lingua fecciosa, adu¬ 
sta; l’alito fetente; il collo palpitante; il petto 
scarnato; gli ipocondri tumidi, e dolorosi. 

Stato della respirazione , e delle forze vitali 
in generale. 

La respirazione fu però sempre agevole, co¬ 
moda ogni situazione del corpo nel letto, cioè 
stava con pari facilità sui fianchi, come supino; 
non ebbe mai dolori di testa notabili, nè confu¬ 
sioni , che dalla sua maninconia non dipendessero. 

Qualità, delle urine , e delle evacuazioni 
intestinali . 

Lé urine liscivano assai copiose, e colorite, 
con sedimento confuso , ed aveano la superficie 
carica di stille come d’ olio. 

Sopravvennero anche diarrèe biliose, oliose, 
prima accompagnate da tenesmo, e premiti mo¬ 
lesti , poi le materie liquide, porracee, fetenti 
uscirono cinque, sei volte in 34. ore senza re¬ 
care molestia per molte settimane , onde fu il¬ 
languidito 1* infermo , ed estenuato a segno, che 


OSSERVAZIONI CLINICHE lOJ 
ai io. di febbrajo non potea più reggersi due 
minuti sulle gambe edematose , principalmente 
la destra. 

Morbo cerusico aggiunta al principale* 

Da quel giorno cominciò a lagnarsi di uno 
stiramento doloroso ali* anguinaia destra, ove 
già da dieci anni era cresciuto un tumore fol¬ 
licolato , un dito circa al di sopra, ed all’ester¬ 
no lato dell’anello del musculo obbliquo. D’al¬ 
lora crebbe ràpidamente ad eguagliar mezzo il 
pugno, e divenne incomodo, e doloroso. 

Rimedj esterni. 

Vi si applicarono cataplasmi emollienti , poi 
empiastri della medesima natura; si unse coll* 
olio di ruta, e d’aneto per discioglierne l’umo¬ 
re , che già era in movimento , ed agli empia¬ 
stri di achilon , e di meliioto si aggiùnse il sa- 
pon di Venezia, il che vi procurò in poco tem¬ 
po un’ equivoca fluttuazione della materia. 

Me i%o inaspettato , di cui si servi natura 
per evacuare la ‘materia di questo tumore. 

Mentre che pensavamo in che guisa facilitare 
l’evacuazione di questa , vidimo, che il tumo¬ 
re sensibilmente diminuiva , intanto che per- 
l’uretra, senza incomodare l’infermo, colava ab¬ 
bondantemente un umore verdastro, poi tanè,; 
poi quasi nero, glutinoso , e seguace. Allora ab¬ 
biamo sospesa ogni operazione, potendo qual- 



10$ CAPITOLO SETTIMO 

sivoglia tentativo sturbare la natura, che gli aveva 
aperta sì breve, e sì comoda strada; perciò ci 
siamo contentati di continuare l’uso deisovrad-» 
detti rimedj esterni in fin a tanto che il volu¬ 
minoso tumore si ridusse alla sola maggiore 
spessezza, e callosità degli integumenti nel sito 
dove in pochi giorni si era a tanta altezza ele¬ 
vato . 

Stato del morbo . 

Le diarrèe, gli ardori universali, la fissazio¬ 
ne, e la maninconia perseveravano , ed erano 
gettati i pochi rimedj, che suo mal grado si 
faceano prendere all’ infermo ( consistenti in de¬ 
cozione d’ edera terrestre, poche dramme di 
estratto amaro, qualche leggiere subacido a pia¬ 
cimento , con alcune oncie di brodo di pollo 
medicato colla china carnosa) se interessato co- 
m’io era in quella cura, a forza d’interroga¬ 
zioni , e d’ esami, non avessi per buona sorte 
scoperto che cosa gli rodeva il cuore. 

Rimedio indicato da una scoperta efficace. 

Pieno allora di dolci lusinghe, facendo ca¬ 
der il discorso o coll’infermo, o coi famigliar! 
su quello , che di toccare mi premeva , giunsi a 
guadagnarla intieramente sul morale, e colla 
cautela di non lasciar apparire la menoma avi¬ 
dità di toccare quei tasti, intorno a cui sempre 
con maggiore forza io insisteva* 


OSSERVAZIONI CLINICHE 20 $ 

Cangiamento di buono indizio. 

Avendomene acquistata la confidenza , lo ri¬ 
dussi a tale stato di tranquillità, e di rassegna¬ 
zione , che se prima abborriva i medicamenti , 
ed il cibo , allora avidamente egli stesso ne 
chiedette al dotto suo medico , e di taciturno, 
e mutolo in poco tempo divenne verboso, c 
faceto. 

Rimedj , e\Regime. 

All’ uso discreto di si leggiere medicina spi¬ 
rituale s’aggiunsero a richiesta dell’infermo quat¬ 
tro ò sei bottiglie d’acqua fontana semplice, 
e fredda , al giorno ; dieci oncie di decozione 
di china carnosa nel brodo di coscia la sera , 
e qualche tuorlo H’ uovo nei brodi lunghi ; gli 
si accordarono due biscottini, e poche goccio- 
le di squisito vino vecchio mattina , e sera. 

Declinazione del morbo * 

Un tale regime si tenne sino ai 18. di marzo 
del 1770., in cui cessata la diarrèa, e l’uni¬ 
co scarico essendosi trovato di materie ben li- 
gate , e poco fetenti, i brodi si cangiarono in 
pan-triti, ed ai 30. l’infermo prese qualche 
cucchiaro di tenera polenta di melliga, cibo, 
che non volle più lasciare per tutto aprile, ag¬ 
giungendovi poco pane biscotto, ed ale di poi- 
lastrini . 


Parte 11 . 



110 


CAPITOLO SETTIMO 


Termine. 

L’ efficacia delle copiose bibite di acqua pu¬ 
ra fredda , e di tanto semplici rimedj, ma piu 
dei discorsi , e delle riflessioni analoghe allo 
stato presente dell’ infermo, fu tale, che ai 
principio d’aprile, dopo resosi giallo, assai flui¬ 
do, e leggiere, terminato avea lo spurgo dell* 
uretra: non c’era più diarrèa; la pelle sejrtivasi 
morbida, ed al mattino fresca , ed utnidetta ; 
la faccia aveva riacquistato il colore naturale, la 
fronte , e gli occhi tutta la serenità, e ’l pristi¬ 
no brio; tutte le membra s’incarnarono, s’in¬ 
vigorirono di modo, che il dodicesimo dello 
stesso mese lo passò lietamente fuori del letto. 

La convalescenza fu breve, e la guarigione 
perfetta, essendogli rimasto solamente il folli¬ 
colo molle, ed appassito, che non gli recò 
fin ora mai piu veruno incomodo. 

Poniamo il caso ora, che un Principiante volesse 
scrivere le riflessioni , che la storia precedente 
suggerire potrebbe, o io m’inganno, o scrive¬ 
rebbe come segue. 

Riflessioni. 

L’età del soggetto, il temperamento, la ma¬ 
niera sua di vivere passata sì diversa da quella 
del tempo del morbo , e che di poco lo pre¬ 
cedette , e la lunga impressione del violento pa¬ 
tema d’animo, avvalorata dal riverbero conti¬ 
nuo di sue tristi riflessioni, tutto concorrere do¬ 
veva a corromperne gli umori. Aggiuntovi poi 



OSSERVAZIONI CLINICHE 21 X 
l’assalto consueto dell’ infreddamento , e negletto, 
il vizio dovette crescere in modo, che o la na¬ 
tura ne fosse oppressa, o da qualche pàrte pro¬ 
curasse lo sgorgo dell’infetta materia, che fo¬ 
mentava la febbre lenta, che lo consumava. Si 
trovarono più deboli le intestina , e quel luogo 
dov’era il tumore follicolato , perciò le materie 
vi si determinarono ; intanto il deplorabile stato 
dell* infermo avendolo costretto ad ammettere 
le visite d’un Medico illuminato, ei bene co¬ 
nobbe quanto poco gli rimanea da sperare, la 
tabe sendosi già manifestata con segni troppo cer¬ 
ti , e la diarrèa colliquativa in un uomo d’età sì 
avanzata j, procedente da passione inveterata 
così violenta, resasi indomabile , minacciando la 
morte. Con tutto ciò,„ coli’ uso dei rimedj alte¬ 
ranti procurò di compiereT indicazione, d’im¬ 
pedire lo sconcerto maggiore delle viscere, che 
la colluvie dei putridi umori potea produrre : col 
brodo medicato si oppose alla debolezza uni¬ 
versale già tanto avanzata, e allo scomponimento 
degli elementi del sangue ; con i subacidi facilitò 
1 ’ espulsione delle parti biliose corrotte, ne im¬ 
pedì la ulteriore corruttela , calmò il ribollimen¬ 
to degli umori , ed al totale rilassamento degli 
organi destinati alle funzioni naturali si oppose. 

Dall’osservare, che il tumore antico acqui¬ 
stava maggiore volume , si è capito i ridondanti 
viziosi umori dalla forza della natura venire cac¬ 
ciati in parti, d’ onde piu facile riuscisse sgra¬ 
vamela ; perciò agevolato se n’ è il raccogli¬ 
mento con gli amollitivi; e f scoprendo , che lo¬ 
ro aveva aperta la strada per l’uretra, si è so* 



Ili CAPITOLO SETTIMO 

prasseduto all’operazione* che per evacuarli sa¬ 
rebbe stata necessaria; 3 

Conosciuto intanto , che la cagione più forte 
era spirituale, ed ottenuto di calmarne l’impres¬ 
sione , tolta quésta i rimedj acquistarono mag¬ 
gior efficacia, ed aggiuntasi una quantità mag¬ 
giore di bevande, che per lo freddo corrobo¬ 
ravano il ventricolo , e le intestina, per lana- 
tura loro lavavano le prime strade , e da tutte 
le immondezze le ripulivano, ^ penetrando nei 
vasi ne minoravano la tensione, e ? 1 calore, 
mentre scioglievano i coaguli, e più scorrevoli 
ne rendevano gli umori, si videro a poco a 
poco ristabilite le funzioni, rinacque l’appetito, 
si rammorbidì tutto il còrpo, movendosi la già 
suppressa traspirazione * se ne calmò l’ardore, 
e richiamossi il so-ggetro alla primiera salute, 
senza dovere punto alterare il sistema abbracciato 
di cura. 

Conseguente pratiche. 

I. Dunque è indubitabile, che le malattie pe¬ 
riodiche, cui uomo è abituato, quantunque leg¬ 
gieri , non vanno mai neglette , tanto più nei 
vecchi. 

i. Che il secondare gli sforzi, che la natura 
fa per liberare il corpo dagli umori peccanti, è 
salutare . 

3. Che i movimenti della stessa natura non 
sì debbono disturbare con intempestive opera¬ 
zioni ; tanto menò poi se la debolezza dell’ in¬ 
fermo le potesse rendere pericolose. 


OSSERVAZIONI CLINICHE 2/3 

4. Che le passióni dell’animo di lunga du¬ 
rata dispongono gli umori alla corruzione, e il 
corpo alla -tabe. 

5. Che, queste vinte, i morbi anche gravis¬ 
simi piu facilmente si domano. 

6. Che l’acqua semplice, pura, fredda è ta¬ 
lora il migliore rimedio contro le debolezze delle 
prime strade , ove con gli opportuni ajuti si 
sieno emendati nell’universale gli umori alterati. 

7. Che le importune deiezioni gd’alvo, ri¬ 
chiamandosi la traspirazione e ’l sudore , a po¬ 
co a poco salutarmente si vincono. 

8 . Che le materie degli ascessi ( generalmen¬ 
te parlando) o si rimettano in circolo , o per 
la cellulosa verso le aperture naturali del cor¬ 
po si dirigano , possono arrivarvi poco o nul¬ 
la diverse in colore, ed in consistenza da quel¬ 
lo , che erano dentro l’ascesso; onde 

c). Non tutto ciò, che circola con i nostri 
umori sempre con essi perfettamente si assimila. 






114 


ESEMPI 

delle osservazioni terapeutiche 

•g. . T-..--^. 'a- 

CAPITOLO Vili. 

SULL* USO BE’RIMEDI TERMALI D’ AQUI PER 
GLI ERNIOSI , E DELLE SOSTANZE , CHE NE 
POSSONO FARE UTILMENTE LE VECI. 
Squarcio di lettera al Ch.sig.GlAMBATlSTA 
pRATOLONGO Lettore di Notomìa nello 
Spedale Panimatone di Genova . 

J^L quelle R. Terme io mi sono con replicate 
sperienze assicurato , che dai sali di quelle acque 
minerali si possono trarre utilità considerabili 
dagli erniosi, eziandio quando 1* intestino fuo¬ 
ruscito si trova incarcerato. 

Non ignoro, che per 1 ^ medesima pericolo¬ 
sissima malattia, è stato lodato 1* uso del sale 
d’Epsom , e sono lontano dal disapprovarlo ; 
giudico però necessario , che il mondo , e par¬ 
ticolarmente i Compatriotti miei sappiano P at¬ 
tività di quello d’Aqui, al quale io non dubi¬ 
to punto, che sia per andare del pari quello di 
Vinadio , di Valdieri, e delle altre acque ter¬ 
mali , che scaturiscono nella Patria, non essen¬ 
do mai resi troppo comuni i mezzi di curare 
una malattia cosi grave , e precipitosa. 

Per venire all* uso, eh’ io ebbi costume di 
farne, io satollava di quel sale il vino rosso 
austero, e ne dava all* infermo, che si trovava 
già minacciato di cangrena , e di morte per lo 
strangolamento dell’ intestino fatto dall*^ anello 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 2lf 
del muscùli dell’ abdomine, ne dava (dissi) due 
onde ; prescriveva rigorosissima astinenza da 
ogni cibo, e da ogni bevanda , e a capo di due 
ore io ripeteva la stessa dose del medesimo vi¬ 
no medicato, intanto, faceva- imporre clisteri di 
acqua tiepida , o di brodo lungo satollo del sale 
comune, o del sale d’Inghilterra quando non 
poteva avere quello di Canale, che.ho sempre 
trovato piu attivo in questo frangente. Talvol¬ 
ta ho mescolato con l’acqua il Vino medicato. 

Il vino medicato proccura un raggrinzamen¬ 
to nelle tuniche del ventricolo , e delle inte¬ 
stina superiori alla porzione strangolata, capa¬ 
ce di fate , che questa venga ritirata piu facil¬ 
mente nella cavità dell’abdomine ; i lavativi 
d’acqua salata, o mista con il. vino pure sala¬ 
to, increspano gl’intestini grossi, e anche dalla 
parte inferiore proccurano il ritutamento dalla 
porzione fuoruscita. 

La rigorosissima astinenza da ogni altra sorte 
di cibo , e di bevanda è indispensabile, i. per¬ 
chè non vi sia nulla , che rintuzzando l’azione 
del sale , si opponga ali’ increspamento delle 
due estremità del canale opposte a quella por¬ 
zione r che trovasi strangolata: 2* per evitare 
quanto 1 è possibile quella pressione, che fanno 
a tergo contro la porzione dell’intestino incar¬ 
cerata tutte quelle bevande rinfrescanti, am mol¬ 
liti ve , a que* liquori cordiali, che pur troppo 
sovente, e in troppa dose si sogliono far in¬ 
ghiottire agl* infermi;, non ostante il ribrezzo 
eh’ essi profano , 1 vomiti, che producono, 
e l’enorme tumefazione del ventre , che cagio¬ 
nano : 3. finalmente per, non dare luogo alla 



1,6 CAPITOLO OTTAVO 
dilatazione dell’ intestino superiore , sul margine 
dell’ anello strangolante , che ho veduto più di 
una volta con orrore a superare in diametro il 
mezzo piede, gli otto, e i dieci pollici: dila¬ 
tazione , peso , e volume, che non può a me¬ 
no di opporre un ostacolo quasi invincibile alla 
ricomposizione 4 dell’ intestino , e a contenersi il 
medesimo ricomposto nell’abdomine senza una 
fasciatura tormentosa, anche dopo fatta 1’ ope¬ 
razione per la bubonoce/e. 

Non ometteva' la taxis discreta con la mano 
leggiere , nè le unture con gli olii carminativi, 
e non disprezzava le fomentazioni con gli omenti 
freschi, bagnati nelle decozioni carminative ; 
ma quando io era stato costretto a maneggiare 
più volte , e per un tempo notabile il tumore 
senza frutto , allora soleva fare applicare il ca¬ 
taplasma comunemente detto di millefiori , e 
quando non poteva trovare lo sterco di bue , 
o di vacca recente , io ne facea bollire il vec¬ 
chio nel vino , e con il pane , o la farina di 
segala lo riformava per farne l’applicazione sull’ 
anguinaja , e sullo scroto. 

Con questi semplici rimedi, anche più , e 
più volte ripetuti secondo l’urgenza , ottenni in 
più di una occasione di fare cessare i vomiti di 
materie porracee, e fecali, il singhiozzo, e il 
rutto ; anzi alcuni degli ammalati dopo d’avere 
sperimentato il vantaggio più inaspettato dalla 
prima dose del vino con d sale , non sì tosto 
si sentivano a crescere la nausea , i tormini, e 
a nascere il vomito , che immediatamente chie¬ 
devano altra dose dello stesso medicamento , e 
que’funesti sintomi tornavano a svanire. 



OSSERVAZIONI CLINICHE 2 17 

Quindi si ricava nel sale delle Terme Aquesi 
( e sarà probabilmente lo stesso in quello delle 
altre nostre Terme ) regnare una forza tonica 
non equivoca ; si ricava pure motivo d’ enco¬ 
miare Domenico Anel famoso oculista della 
fu Madama Reale Di Savoja, il quale ha 
saputo farne uso nelle debolezze del sacco la¬ 
crimale , schizzettandovene dentro, e curando 
in tal guisa molte altre malattie di quel sacco, 
trovate da altri Cerusici ostinatissime. Veda V. S. 
chiarissima a questo proposito la lettera d’ANE- 
Lio medesimo al celebratissimo archiatro Lan¬ 
cisi alla pag. 59, dell’opera, che ha per titolo 
= Suite de la nouvelle métkode de guerir les fi~ 
stules lacrimales = ec. ec. 



11 $ 

ESEMPI 


DELLE OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 



CAPITOLO IX. 


OSSERVAZIONI ANALITICHE FATTE SULLE ACQUE 
TERMALI AQUESI. 

Il Ch m0 sig. Gip. Antonio Scovoli Consi¬ 
gliere di S. M. J. R. A. , degnissimo Profes¬ 
sore dì Chimica , e di Botanica nella ifi. 1. 
Università di Pavia 

utilissimo suo volgarizzamento del famoso 
Dizionario dì Chimica dell’ 111 . sig. MacqueR . 
che egli ha corredato di tante note ripiene di 
così belle, ed interessanti scoperte, cotesto va¬ 
loroso Filosofo ha fatto menzione delle mie osser¬ 
vazioni alle R. Terme Aquesi alla pag. 214. del pri¬ 
mo tomo nella nota **** nella seguente maniera. 

,, Trovansi nelle acque minerali eziandio so- 
,, stanze estrattive , la terra dello spato pesan- 
„ te, la calce, la magnesia unita all’acido ni- 
,, troso. Bf.RGMANN 1 . c. (vale a dire opu - 
„ scula Chem. Phys.) Ma ciò, che più mi sor- 
„ prese , fu il leggere , che le Terme d’ Aqui 
3 , analizzate ultimamente dal sig. Vincenzo 
„ Malacarne Chirurgo collegato, e Profes- 
», sore di Chirurgia nella medesima città, dopo 
3, la distillazione , o molta concentrazione, ab- 
j, biano lasciato un polviglio squamoso , bigio- 
», fosco, il quale imbianchiva 1* oro a cagione 
j, del mercurio , che esso conteneva. Da ottanta 
3, libbre d’acqua minerale dice 1 * esperto Chi- 
rurgo, e valente Anatomico d’aver ricavato 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 21$ 

„ ventidue grani di mercurio : e ripetuto la 
„ terza volta 1* esperimento, ci assicura d’ aver 
,, avuto un simile risultato **. 

Duoimi di non avere copia delle lettere, che 
ho avuto 1* onore di indirizzare su questo pro¬ 
posito a cotesto valorosissimo Professore di chi¬ 
mica , e di storia naturale, perchè mi convin¬ 
cerei s’ io non abbia per inavvertenza espresso 
la cosa tanto chiaramente quanto avrei dovuto 
per indicargli * che il polviglio squamoso bigio- 
fosco, dal quale fu ripetutamente imbiancato 1* 
oro, non si trovava in fondo alla distillazione, 
e nè tampoco nella molta concentrazione delle 
acque termali Aquesi, ma bensì rimaneva sul 
filtro, per lo quale io soleva fare, che passas¬ 
sero le acque discendenti dal capitello di molte 
cucurbite di vetro , eh* io teneva esposte al sole, 
sul bagno di sabbia , ripiene deli’ acqua termale 
istessa . Sovvienmi, eh’ io appendeva una caraf¬ 
fa al rostro di que’ capitelli, e che a misura, 
che tali caraffe contenevano una quantità d’ acqua 
elevatasi nei capitelli per lo calore del sole ac¬ 
cresciuto da quello della sabbia, onde erano so¬ 
stenute le cucurbite , io la facea passare sempre 
per lo stesso filtro , sul quale fu poscia trovato 
il polviglio , che imbiancò 1’ oro . 

Ritrovo fra le mie carte la memoria seguente. 

,, Mentre ch’io lavorava intorno alle acque- 
„ nostre nel 1777. avea cura particolare di tut- 
„ ti i filtri : fra gli altri ne conservai alcuni , 
„ per li quali erano passate centoventi libbre d* 
,, acqua termale delle sorgenti della R. fabbri- 
„ ca de’ bagni, e a diverse riprese mentre, che 
,, se ne compiva 1* evaporazione, che però non 
» ho potuto compiere all’ ingrosso senza ricor- 



220. CAPITOLO NONO 
„ rere in ultimo all’ azione del fuoco. Mi con- 
„ tentai di notare 1* aumento del peso dai filtri 
„ secchi acquistato, e di segnare quelli, per li 
„ quali erano passate le acque sollevatesi per 
,, la sola azione del sole , affine di non confón- 
,, derli con quelli, che aveano servito alle ac- 
,, que state tocche dal fuoco : così li lasciai 
„ tutti pendente 1’ inverno nel laboratorio bene 
„ accartocciati. Nei primi giorni della prima ba- 
,, gnatura del 1778. facendo io passare in rivi- 
,, sta i filtri medesimi , fra i quali i primi con- 
„ tenevano un polviglio secchissimo del colore 
„ della cenere umida, fregai la carta , accioc- 
„ chè il polviglio, e le Iaminette friabili, che 
„ vi erano dentro si distaccassero, e si riunis- 
„ sero in fondo allo scartoccio . Era meco 1 * 
,, ebreo Giuseppe Rosa di Livorno ( bagnavasi, 
„ e prendeva la doccia al capo per la sordità ) 
,, e restammo attoniti amendue al vedere nel 

mezzo di quella finissima polve fosca a roto- 
„ lare certe pure fosche pallottoline , agitando 
„ le quali ci parea di ravvisarvi qualche cosa di 
,, lucido . Separandole dal filtro , e ripulendole, 
„ trovammo , che erano globetti d’ argento vi- 
„ vo Non si estende oltre tale memoria.- 

Ritrovo pure a tergo d’una lettera del lodato 
signor SCOPOLI data Pavia li 27 . marzo 1779 » 
le seguenti parole 

» I. Per ubbidire ai veneratissimi, e deside- 
„ ratissimi cenni di V. S. 111 . eccole nella 
» carta piu grande qui annessa i due terzi di 
» quella sostanza, che dallo svaporamento di 
» pili di dugento libbre d’acqua termale nostra, 
» sulla carta medesima ( nel filtrarle, e rifiltrar- 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 221 
» le ) si è depositata , toltone via tutto 1* ar- 
» gento vivo , che per gli strofinamenti ripetu* 

» ti della carta suddetta ( cui molta di quella 
» sostanza era aderente ) si è precipitato. 

» 2. In altra cartolina assai più picciola tro- 
» vera vari pezzi di sale tali, quali dalle acque 
» nostre concentrate si ricavano. Quel sale pe- 
» rò, che nelle acque concentrate dopo le fi£- 
» trazioni (N. i.) rimane in fondo alla cucur- 
» bita , è sommamente piu bianco * più minu- 
,, to , e più brillante . Aspetto , che sia ben sec- 
» co, e poi gliene invierò quello , che delle ul- 
,, fune prove me ne rimane , essendo già fuo- 
» ri delle mie mani quello delle prove antece- 
» denti . 

» 3. Ove il facchino , del quale mi valsi per 
» trasmettere a V. S. 111 . la mia lettera, tor- 
» ni in Aqui , avrà dal medesimo ben sigillata 
» una cassetta delle acque nostre . 

» 4. In risposta alle domande 3. 4. e 5., on- 
» de V. S 111 . mi onora, le trascrivo ap- 
» puntino quello, che soglio fare intorno alle 
» acque nostre per cavarne la sostanza, che le 
mando. Ho molte cucurbite collocate sulla 
„ sabbia in luogo esposto all’aria, ed al sole, 
„ dal quale sito non le rimuovo mai. Attinta 
,, l’acqua dalle sorgenti termali, dov’ è molto 
„ limpida ( ved. il Iran, dille Terme A quest 9 
,, dalia pàg.27 alla 32) ne filtro quanta è necessaria 
„ per empiere tutte le cucurbite, facendola pas*- 
„ sare per un filtro solo, onde avere quanto più 
posso di polviglio in minore spazio. Fil- 
„ tratala , ed empiutene le cucurbite , adatto lo- 
ro i propri capitelli senza altra cautela, sai»* 



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CAPITOLO NONO 
vo di adattare al rostro di ogni capitello una 
caraffa, della quale chiudo la bocca con un 
pezzo di carta da giuoco infilato nella pun¬ 
ta del rostro, acciocché non vi cada pol¬ 
vere, nè vi si caccino insetti. A misura che 
l’acqua discende dai capitelli nelle caraffe io 
la vo facendo ripassare per lo filtro medesi¬ 
mo , e la lascio svaporare dalla cucurbita, 
che ho per tal fine riserbata, e sempre ai 
rostri riadatto le caraffe. 

„ 5. Diminuitasi la massa delle acque nelle 
cucurbite coperte , la superficie se ne adorna 
di pellicole giallette ora più, ora meno den¬ 
se , che hanno la faccia opposta a quella, 
che tocca 1* acqua, ghermita d’ uncinetti ir¬ 
regolari ; levo via con una spatula d’avorio 
tutte le pellicole, e le conservo a parte. 
Quando poi ve ne ha molti rottami, che ca¬ 
dono al fondo , e 1’ acqua s* intorbida, agito 
tutte le cucurbite , la filtro per la solita pri¬ 
ma carta, e mettendo una cucurbita di più 
in opera , le rimetto al proprio sito affine di 
non minorarne la superficie, e di renderne 
meno lenta la distillazione , come accadereb- 
be se operassi al contrario . 

„ 6 . La prima acqua , che si raccoglie nelle 
caraffe, da principio è dolce,diviene poi len¬ 
tamente stiticuzza. Si fanno sentire acidette 
quelle, che si elevano dalle cucurbite ridot¬ 
te a mezz’ acqua; indi sempre più restano 
eminentemente salse. 

„ 7. Ho provato a lasciare svaporare su piat¬ 
telli di porcellana 1* acqua delle caraffe^ e ne 
ho ricavati ancora molti cubi di sale bian- 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE IZJ 
5 , diissimo, dispersi in una melinetta bianca- 
,, gialliccia, attorniata da lunghi finissimi aghi 
,, pure gialletti , disposti a raggi d’intorno a 
,, varie isolette di tale melmetta. Non ne ho 
,, ragguagliato la quantità . 
v ,, 8. I capitelli a poco a poco s’invernicano 
,, d’una lanuggine giallagnola-rossigna, austera al 

,, giudizio della lingua ; le acque irriganti i ca- 
,, pitelli rapiscono , e traggono nelle caraffe mol- 
,, to di tale sostanza , che resta col tempo più 
„ rossigna, e più fissa nel capitello. Io ne se- 
„ paro i rottami da quello , che rimane sul tìl- 
„ tro , e gettandoli sui carboni accesi rie sento 
,, odore di zolfo, e ci vedo un non so che d’ 
„ untuoso assai nero dopo la deflagrazione. Non 
,, ho nemmeno ragguagliato il peso di questa 
„ lanuggine a quello delle acque. 

,, 9. Ridotte le acque ad una libbra circa per ogni 
cucurbita, sebbene tutte abbiano sofferto mol- 
„ tissime filtrazioni, le passo di nuovo per lo 
,, filtro suddetto, che è già carico di polve 
„ bigia-fosca ; le torno a filtrare secondo le occor- 
„ renze ; indi ne permetto la cristallizzazione es- 
„ ponendole al freddo tutte in un • vaso . 

„ 10. Lascio seccare il polviglio nel filtro ac- 
„ cartpcciato , indi lo strofino, e si vedono a 
„ poco a poco ad unirsi in fondo piccioli glo- 
„ betti foschi, indi più brillanti, e più grossi , 
„ eh’ io raccolgo a parte. 

„ 11. Quindi ella ricava ( in risposta alla quin- 
„ ta sua dimanda ) che il residuo delle svapo- 
razioni è salino , e spero, che vorrà degnar- 
,, si di svilupparne la natura, quand’ io le ne 
n avrò trasmesso la quantità > che me ne verrà 



114 CAPITOLO NONO 
„ dalle ultime prove oramai sul terminare , e di 
,, comunicarmene il suo parere , come graziosa- 
„ mente me ne lusinga . 

,, li. In risguardo alla 6 . domanda sull’odo- 
,, re, e sui sedimenti delle acque nostre tanto 
„ al fonte , quanto nei laghetti, la supplico di 
„ appagarsene dando un’ occhiata alle pag. 27. 
,, 28. 40. ec. del citato trattateli . 

„ 13. Il fuoco è nimicissimo del raccogliersi 
„ col polviglio il mercurio sui filtro , del che non 
„ so capire la ragione, salvo che troppo pre- 
,, sto voli via quel poco, che ve n’ ha, o si 
,, combini in guisa piu tenace con le sostanze 
„ medesime . Non ne so nulla , se non che quan- 
„ te volte riscaldai la sabbia col fuoco per ab- 
„ breviare la distillazione , altrettante fui delu- 
„ so nello strofinare il filtro. Divisissimo nelle 
„ acque nostre il mercurio , e ridotto quasi in 
,, aura mercuriale, non potrebb’ egli abbisogna- 
„ re d’un riposo lunghissimo in vasi chiusi per 
,, liberarsi dai ceppi, onde supporre si potreb- 
„ be in quest’ acque universalizzato, prima di 
,, potersi rendere visibile a globetti, o nell’im- 
3, biancamento dell’ oro ?... Ma che cosa va- 
,, gliono le mie sciocche congetture? Perdoni. 

,, 14. Neppure alla 111 .ma S. V. è ancora no- 
„ to il mercurio delle acque Napoletane , che 
„ dicesi osservato dal sig. Nicola. Andria ? Io 
,, ne aspetto il libro con ansietà per la via di 
,, Genova , ma finora indarno . Quando voglia 
,, o trascritto il passo dell’A nonimo , cioè del 
3, Vitali, su certe prerogative delle acque ter- 
„ mali Aquesi sul mercurio esposte nel trattato 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 115 
ji Delle acque del Masino , o il trattato mede» 
„ simo, un suo cenno mi servirà di regola. 

,, Continua in me vivissimo il , desiderio del 
„ di lei giudizio intorno a coteste coserelle, che 
„ qui le racchiudo , e di potermi dimostrare con 
,, i fatti , quale sarò inalterabilmente, cioè tut- 
„ to gratitudine, venerazione, e rispetto ec. 
„ Dalle R. Terme Aquesi li 2. Aprile 1779. 

So , che fu concepita a un di presso nei ter¬ 
mini suddetti la lettera , che ho spedita al Ch. 
signore Scopoli ; so che non furono diversi i 
sensi d’alcune lettere scritte al lodato Dott. Ma¬ 
rino di Savigliano al medesimo proposto; eie 
sperienze furono da me ripetute con diligenza, 
e con esito non differente ;i filtri passarono in¬ 
tatti per le mani di vari speziali, del Vicepro¬ 
tomedico Ratti , del Dott. Bruno d’ Aqui , e 
.1* imbiancamento dell’ oro tenne dietro al frega- 
mento lattone con il polviglio , che vi era ri¬ 
masto . 

Non sono dunque sorprendenti le utili saliva¬ 
zioni , le risoluzioni de’ tumori venerei , de’ scro¬ 
folosi , e de* linfatici d’ altro genere, e i sollie¬ 
vi, che gli antichi, ed io medesimo ho vedu¬ 
to a prodursi a quelle R. Terme dagl’ infetti di 
labe venerea antica , però con le condizioni da 
me accennate nel Trattalo delle Terme Aquesi 
alle pag. iz8. e 143. 


Parte //. 


P 


ESEMPIO 

delle osservazioni terapeutiche 

CAPITOLO X. 

OSSERVAZIONE 

D' una strana foggia di strangolamento 
delle intestina cagionato dalla callosità , e 
dalle preternaturali aderente dell* omento , 
communicata al Ch. sig. Dott. Testa 
Medico e Cerusico Ferrarese in una 
adunanza di Letterati Torinesi . 

u n Torinese d’ anni trénta , melancolico dì 
temperamenti era già stato da parecchi anni ad- 
dietro soggetto a sincopi consecutivamente à lun¬ 
ghe , e gravi afflizioni di spirito, e adognileg- 
gier eccesso in risguardo alla dièta era inquieta¬ 
to da flatulenze, e gli gonfiavano i vasi emor¬ 
roidali, talvolta con ispUrgo di sangue. 

Negli ultimi quattordici mesi del suo vivere 
si aggiunsero ai mali indicati frequentissime co¬ 
liche , e Calori molesti nelle viscere dopo il pa¬ 
sto, ed una continua stiticità , -quando nel mese 
di novembre del fu sorpreso da una co¬ 

lica assai più violenta , per la quale il eh. sign. 
Dott. Bellardi Priore attuale del Collegio di 
Medicina della R. nostra Università il trattò con 
tutte le regole della più sana pratica, ed aven¬ 
dogli procurato il vomito ( come quegli , che 


OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 11J 
conosceva il bisogno dell’ infermo , del quale 
era medico ordinario ) vennero evacuati alimen¬ 
ti ancora indigesti, e ne ottenne sollievo. 

Fu però brevO la calma , e se ne dovette ri¬ 
pigliare dal lodato Medico la cura più volte sen¬ 
za vantaggio notabile, perciò si fecero molti 
consulti, e si prescrissero dai prudenti Dottori 
consultati diversi medicamenti, e tutti det pari 
indarno, poiché sebbene le coliche non fossero 
tutte egualmente tormentose, tuttavia la parte 
superiore dell’ abdomine diventò, e si mantenne 
poscia morbosamente sensibile, e f infermo da 
quell’tepoca incominciò a non 'potere più senza 
dolore , e senza molesta ansietà tenere dritto il 
dorso, nè reggersi in piedi, e mentre che se¬ 
deva era quasi sempre costretto di starsene in¬ 
curvato per evitare la molestia , che soffriva nel¬ 
la situazione contraria . 

Annodatosi dei regime , e dei medicamenti fin 
allora adoperati, si lasciò lusingare dalla speran¬ 
za di trovare presso gli empirici quel sollievo * 
e quella sanità , che aveva cercato indarno pres¬ 
so i metodici , e dopo l’uso, e 1’ abuso di mol¬ 
te pillole, lattovari e decozioni, trovò chi ebbe 
la crudele temerità di fargli prender la soluzione del 
solimato, della quale consumò tre bottiglie, e 
fin dai primi giorni ne ebbe ardori più tormen¬ 
tosi al cardia, distensioni, e doglie acerbissime 
all’ epigastro . 

Passato qualche tempo s’incominciò a lagnare 
di stirature violente da un fianco all’ altro, le 
quali erano dall’ infermo indicate come più do¬ 
lorose ed acute dal centro dell’ipocondrio de¬ 
stro all’ ultima falsa costola del lato manco, e a 


ItS C API POLO DECIMO 
tutta quella regione lombare : sintomi , che non 
cessarono più fin eh’ egli ebbe vita . 

Essendogli stata consigliata la mutazione dell’ 
aria , e il bagno d’ acqua dolce, se ne valse un 
tempo notabile, ma senza prò : onde al fine 
dell’ autunno ritornò a Torino, e si affidò alla 
cura del chiarissimo sign. Dottore Lanieri Pro¬ 
fessore di Medicina nella Regia Università, il 
quale non vi ebbe migliore ventura, come di 
veruna utilità non gli riescirono le mie visite , 
le quali incominciarono alla metà del mese di no¬ 
vembre del rj 8 \. , e durarono fino al di lui de¬ 
cesso accaduto li 16. di dicembre. 

Alle primiere visite, che io gli feci, notai 
essere egli offeso da timpanitide assai più distin¬ 
ta nella parte superiore dell’ abdomine dall’ um- 
bilico in su, ed altro vizio non vi seppi tro¬ 
vare , salvo una durezza profonda elastica nella 
regione epicolica destra , premendo nel qual si¬ 
to l’infermo provava un dolore più vivo, ed 
Una tormentosa stiratura, che interessava non 
solamente l’epigastro , ma pur anco il diafram¬ 
ma corrispòndentemente alla cartilagine ensifor¬ 
me , e allo sterno , e stendeasi per grande spazio 
nell’ ipocondrio sinistro , cagionandogli una spe¬ 
cie di riso sardonico. 

Grandissima era 1’ estenuazione, e la magrez¬ 
za dell’ infermo privo d’appetito , molestato da 
sete continua ,, e da una sensazione incomoda , 
inquietante , perpetua nel basso ventre, che egli 
attribuiva alla stitichezza sua ordinaria, paren¬ 
dogli , che se avesse potuto scaricare spesso, 
ed abbondantemente le sue intestina , egli sareb¬ 
be allora intieramente guarito . E questa sua opi- 


OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE ^9 

nione era fondata sull’ osservare, che ad ogni 
scarico ( e questi solevano essere di materie fi¬ 
gurate , quasi nere ) ad ogni esplosione di flati 
per P ano, egli per qualche ora si sentiva cosi 
ricreato, che si lusingava d’ essere quanto pri¬ 
ma per riacquistare la sanità. 

Ma allo smaltirsi di que’ cibi, che potea pren¬ 
dere ( massime se erano caldi ) all* avvicinarsi 
la sera , tornava a gonfiarsene il ventre , si ren- 
deano più gravi le stirature agli ipocondrj , e a 
traverso della regione umbilicale , svaniva ogni 
lusinga, ricominciavano l’inquietudine, e la an¬ 
sietà seguite da disperazione , e da smanie pro¬ 
porzionate agli spasimi atroci , che soffriva , ed 
ai più crudeli, che paventava di dovere soffrire. 

Pero nei primi giorni, eh’ io lo vidi, il tu¬ 
multo interiore non era accompagnato da alte¬ 
razioni di polso proporzionate ali’ entusiasmo , 
ond’ egli esaggerava i suoi tormenti, la lingua 
era pulita , umida , le labbra floride , e P occhio 
vivo. 

Raddoppiammo le diligenze nostre il Medico, 
ed io per conoscere , e potere con qualche fon¬ 
damento conghietturare quali visceri dell’ abdo- 
mine fossero offési, e di quale carattere potesse 
esserne 1* offesa , eppure appena ci fu permesso 
dubitare di qualche scirrosità nel pancreate , o 
nelle glandule meseraiche al medesimo vicine , 
e di qualche antico vizio della picciola estremi¬ 
tà del ventricolo ; nè avendosi potuto prudente¬ 
mente stabilire nulla di positivo intorno al me¬ 
todo da tenersi nella cura , si ebbe soltanto ris¬ 
guardo alla timpanitide , e alla stitichezza , adat¬ 
tandosi dal Medico i rimedi interni alle indica- 


130 CAPITOLO DECIMO 

zioni da queste due malattie presentate , e pre¬ 
scrivendosene altri a tenore delle apparenze, che 
il male ignoto andava vestendo. 

Annojatosi T infermo per l’inefficacia dei me¬ 
dicamenti , che gli si andavano suggerendo , rac- 
comandossi di nuovo all* assistenza del chiarissi¬ 
mo signor Dottore BELLARDi suo primo Medi¬ 
co appunto nel tempo, che incominciavano i 
reni a negare il passaggio alla solita quantità 
delle orine, e a prepararsi l’idropisia, ordina¬ 
ria conseguenza delle timpanitidi ostinate : non 
volle pero essere abbandonato dal sign. Dottore 
LàNERi , nè da me , onde tuttettre d’ accordo 
ci adoprammo per allontanare , quanto possibi¬ 
le ci fosse , il progresso di questa nuova ma¬ 
lattia , che prevedevamo dovere rendere più pre¬ 
sto fatali le altre, meditando sullo stato morbo¬ 
so delle viscere , 1’atrocità dei dolori delle qua¬ 
li, e particolarmente gli strangolamenti, e le 
stirature insoffribili a traverso dell’ abdomine 
qualche ora dopo preso il cibo, cagionava negli 
animi nostri maraviglia , orrore , e pietà . 

Non si neglesse veruno dei medicamenti ca¬ 
paci di richiamare le orine, che d’allora in poi 
furono sempre scarse, torbide , e bene spesso 
puzzolenti ; ma i millepiedi, la squilla , le tin¬ 
ture antimoniali, i siroppi creduti specifici, co¬ 
me quello del Pecchio , quello di colchico ec., 
e parecchie altre preparazioni considerate in co¬ 
si pericolosi frangenti, come ancore sacre, non 
impedirono lo spargimento, ed il ristagno delle 
acque nel basso ventre, le quali a suo tempo 
vennero da me estratte con il trequarti. 


OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 23 1 

Queste appena furono evacuate , che tornarono i 
reni al lavorio, di maniera che in ventiquattc* 
ore dopo 1* operazione della paracentesi si eb¬ 
bero per la via dell’uretra dieci libbre d’urina 
quasi naturale, e 1’ infermo si trovò sollevato 
nel respiro, e nel peso del corpo, ma conti¬ 
nuo a lagnarsi della strozzatura all’ abdomine in 
traverso, assicurando , che soffriva come se 
avesse una corda tesa dall’ uno all* altro fianco, 
ed un uomo forte torcendola gliela stringesse 
dispietatamente agli ipocondri, e alle vertebre 
lombari lacerandogli tutte le intestina é Allora 
era agitato da smania inesprimibile , e non trae¬ 
va sollievo eccetto dai farsi premere con i pu¬ 
gni da qualche persona robusta il dorso, ed \ 
lombi, oppure dal farsi comprimere con tutto 
il corpo nelle medesime parti da uno , che gli 
si coricasse a traverso dell’uno dei fianchi. 

Da tali compressioni all’ infelice parea , che 
gli venisse allargato il petto, ed il ventre ; in 
; fatti ne erano determinate verso 1’ ano le fla¬ 
tulenze , ed a misura che queste si espellivano. 
unitamente a mucosità acri, e mordaci, egli 
provava sollievo , ed il ventre diminuiva di vo¬ 
lume , e di tensione. 

L’inappetenza era grandissima tanto per 
cattiva qualità de’ sughi salivari , i quali erano 
glutinosi, e tenaci, e de 1 gastrici, quanto per 
1 ’ orrore , onde 1’ anima era percossa : dal pre¬ 
vedere gli spasimi, ai quali tutto 1’ abdomine 
-andava esposto, ma particolarmente la regione 
epigastrica , dopo che si aveva inghiottito quasi¬ 
ché leggiere pantrito ,0 brodosa panatella in dose 
maggiore di mezza chicchera, perciocché ii>>- 



2)2 CAPITOLO DECIMO 
mediatamente insorgeva un molesto senso di ca¬ 
lore , di bruciore, di tensione al ventiicolo , 
ed agli ipocondri, e cresceva a segno, che il 
meschino credeva a momenti di crepare : gli si 
ingolfavano mucosità glutinose , e nauseose alla 
faringe, ed all’esofago, per distaccare le quali, 
e sgombrarne il palato , sono inesprimibili gli 
sforzi, e gli urli, che era costretto di fare an¬ 
che involontariamente. 

Non erano ancora passate quarantotto ore dalla 
paracentesi, quando si vide nuovamente 1’ abdo- 
mine cresciuto a tumore sì grande , e l’infermo 
lagnossi di cosi atroci dolori di tutto il ventre, 
massime agli ipocondri, ed ai reni ( la funzione 
dei quali a quell’ pra si era già di bel nuovo 
disordinata ) che fummo sul punto di persua¬ 
derci per la rottura dei vasi linfatici essersi fatto 
un nuovo spandimento piu grave del primo , e 
la rapidità del medesimo supposto ci avrebbe 
fatta ravvisare , come imminente la morte; e tanto 
piu perchè trovammo da un freddo marmoreo 
occupate le gambe , e i piedi, sui quali comin¬ 
ciava ad elevarsi un edema dì pessimo augurio, 
perchè accompagnato da dolori atrocissimi nel 
sito, dove questo si estendeva/ l’infelice sen- 
tivasi tanto spossato , e languido , che non sa- 
pea darsi a credere d* avere ancora qualche mo¬ 
mento da vivere, e i polsi (uniti ad una faccia 
veramente ipocratica ) erano cosi deboli, e va¬ 
cillanti , che nulla piu. Eppure segni , e sinto¬ 
mi cosi' funesti a poco a poco diminuirono ; al 
favore delle pressioni ripetute ogni momento 
sui fianchi dell’infermo dagli ipocondri alla pel¬ 
vi , uscirono per 1* ano ventosità, e mucosità 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE Ì33 
copiose, e *al terzo giorno il ventre dall’ um- 
bilico al pube si ammollì, e si calmarono i do¬ 
lori in proporzione dell’ aumento , che prende¬ 
vano 1’ edema , e i tormenti delle gambe. 

L* accennato ammollimento delle regioni su¬ 
periori dell’ abdomine però non diede luogo ad 
evacuazioni piu frequenti, nè piu abbondanti 
dal retto ; anzi questo intestino si rese molto 
più disubbidiente alla sciringa, mentre ributtò 
costantemente d’ allora in poi ogni specie di la¬ 
vativo nell’ atto medesimo , che ‘ venivane im¬ 
posto alcuno ; sicché passarono quattro , e cin¬ 
que giorni fra una dejezione d’alvo , e 1’ altra, 
non ostante le conserve solutive , la gialappa , 
e gli altri purganti , che si credettero dai due 
attenti Medici opportuni. 

Crebbero a mole mostruosa le gambe, e le 
coscie , e si resero più intensi i dolori, quando 
l’infermo, cui erano state dai famigliar! decan¬ 
tate come specifico per la sua malattia le aper¬ 
ture capaci di farne sgorgare le acque, ottenne 
dai Medici a forza d’importunità, e di smanie, 
che mi proponessero di farle. 

Ben conoscevamo tutti il poco vantaggio, 
che dovevamo sperare da tali operazioni nello 
stato deplorabile, in cui era il nostro infermo; 
pure se non avessimo aderito alle premurosissi¬ 
me sue istanze, ed egli sarebbe morto arrab¬ 
biato, e la nostra prudenza avrebbe avuto la 
taccia d’ostinazione., e di caparbietà crudele; 
sicché con la punta della lancetta feci due su¬ 
perficiali incisioni alla pelle sulla parte interna 
delle gambe , una per gamba , alquanto più alto 
del malleolo, all’ intervallo , che vi ha corris- 



2 3 4 CAPITOLO DECIMO 
pondente tra la corda d’ Achille , e^gli altri mu- 
sculi, per quanto 1* anatomia insegna in casi si¬ 
mili di gonfiezza enorme edematosa. 

L’ acqua usci a poco a poco, abbondantissima, 
di maniera che le coscie diminuirono conside- 
rabilmente di volume , e le gambe si ammolli¬ 
rono, ma si resero più acuti, ed acerbi i do¬ 
lori nell’ intima loro massa , dolori, che incru¬ 
delirono poi a dismisura, allora che nacquero 
alcune macchie risipolatose prima sulla gamba 
destra, indi sulla sinistra : si andarono estenden¬ 
do sensibilmente , ed acquistarono un colore li¬ 
vido , indizio dei progressi della cangrena, la 
quale in sette giorni trasse l’infermo all* ultimo 
respiro. 

Mentre che si appressava questo terribile punto, 
persuaso V infelice , che da’ Professori assistenti 
alla cura sua non era stata abbastanza conosciuta 
la natura della medesima, egli stesso mi racco¬ 
mandò piu , e più volte di spararne il cadave¬ 
re , dopo che Iddio ne avesse chiamata 1 * ani¬ 
ma a Se , affine ( dicea quel vero amico degli 
uomini ) ,, che scoperti i disordini della sua 

macchina tormentata si potesse piu agevol- 
,, mente determinare in casi consimili, a quali 
„ mezzi appigliarsi per correggerli, perciocché 
„ gli sembrava, che se io avessi fatto un taglio 
,, tre dita a destra dell* umbilico , dov* egli sen- 
„ riva maggiore lo stiramento , ed avessi cer- 
„ cato fra le budelle , io avrei trovato il lac- 
„ ciò , che le strangolava, e se avessi tagliato 
9, quella corda, egli senza dubbio ne sarebbe 
9 , guarito 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 235 
Questo pareva a tutti un partito dettato all* 
infermo dalla disperazione, e dalla atrocità dei 
dolori, che soffriva ; eppure si vedrà, che non 
era suggerimento affatto ridicolo, ed irragione¬ 
vole , e non dubito punto , che un Cerusico ot¬ 
timo anatomico , il quale avesse osato secondare 
le compatibili istanze del nostro infermo, non 
é impossibile , che lo avesse guerito. Non in¬ 
contrammo veruna difficoltà presso i parenti 
del defunto ; sicché dopo il dovuto intervallo 
di tempo , alla presenza dei due lodati Profes¬ 
sori di Medicina Bellardi , e Laneri , di vari 
praticanti, e d’altre persone, cominciai ad eva¬ 
cuare con i trequarti le acque della nuova asci¬ 
le, e tosto dopo feci l’apertura dell’abdomine, 
eh’ io avrei voluto esaminare, facendo tenere 
dritto il cadavero , come se fosse stato in piedi, 
per meglio riconoscerne i vizi nel sito naturale 
( cosa , che si dovrebbe pur fare sovente, e in 
tutte le varie spezie d’osservazioni, per trarne 
più esatte cognizioni ) ma la casa, e la qualità 
degli astanti non mi permisero di farlo. 

Apparvero in molti luoghi livide, cangrenose 
;le intestina , massime parecchie circonvoluzioni 
del digiuno, dell’ ileo , e quasi tutto 1’ arco del 
colon turgido per molta aria nei gozzi del me¬ 
desimo rinchiusa. 

Cercavamo indarno l’omento, quando vo¬ 
lendo separare le ùne dalle altre le circonvolu¬ 
zioni superiori delle intestina, ci avvidimo , che 
erano coperte, e colligate da questa doppia 
membrana , maravigliosamente attenuata nella 
stessa maniera, che gli anfratti della sostanza 
corticale del cervello sono insieme colligati, e 



* 3 <S CAPITOLO DÈCIMO 
coperti dalla trasparente lamipa esteriore della 
pia-meninge. Fui costretto dunque di cercarne il 
lembo inferiore a traverso della regione unibili- 
cale, ed ivi nel profondo fra que’ visceri nas¬ 
costo lo trovai divenuto spesso come un car¬ 
tone , quasi scirroso , d* un rosso livido , ridotto 
a foggia d’un orio largo un dito circa , teso in 
maniera sorprendente, come la corda d’un arco 
dalla faccia concava del fegato , e dai perito¬ 
nèo, che si attacca all’ipocondrio destro, obli¬ 
quamente per lo centro della regione umbilicale 
fino a quella porzione del peritonèo , che cuo- 
pre il rene sinistro, e alla milza, dove quel 
nastro quasi cartilaginoso si allargava alla fog¬ 
gia d’ una cinghia simile alla palma della mano, 
irregolare nella sua spessezza. 

Conseguentemente tutto l’abdomine era di¬ 
viso in due parti da quel nastro : nella supe¬ 
riore si vedeva pieno di vento l’arco del co¬ 
lon , e parecchi circonvoluzioni del digiuno, 
dell’ ileo, porzione del fegato, e della milza 
indurita, ed un mucchio di sostanza indiscerni¬ 
bilmente confusa, scirrosa, che interessava il 
ventricolo , il duodeno , la cistifellea , ed il pan¬ 
create , come vedremo. 

Lo stesso nastro comprimendo in guisa par¬ 
ticolare la prima curvatura dell’ S romano del 
colon , e 1’ uretere sinistro gli strangolava a se¬ 
gno , che trovammo impicciolita , corrugata , e 
cangrenosa la porzione strangolata del colon, 
istrasordinariamente dilatata, e pièna d’urina la 
pelvi di quel rene. 

U picciol omento era vizioso anch’ esso, e 
confuso , come un nastro piramidale, la di cui 



1 OSSERVAZIONI TFRAPEVTlCNE 237 
base situata inferiormente interessava parte della 
cistifellea , la faccia inferiore del sinistro lobo 
del fegato , il ligamento falciforme , e tutta la 
picciola curvatura del ventricolo fino al cardia. 
La punta di tale piramide era attaccata al dia¬ 
framma precisamente dietro alla cartrlagine ensi¬ 
forme , e con si grande tenacità, che per esa¬ 
minare ogni cosa coti la possibile diligenza , fui 
costretto di recidere un pezzo dello stesso dia¬ 
framma , largo quanto uno scudo da tre lire, 
eh’ io trovai duro come cuojo, e spesso nel 
centro mezzo pollice. 

Tutto questo nastro perpendicolare aveva una 
durezza scirrosa , ed era difformato da’tubercoli 
pure scirrosi. 

Ho nominata già due volte la cistifellea, non 
già perchè cercandola in questo cadavero noi 
la abbiamo saputa ravvisare , perciocché ivi dalla 
faccia concava del fegato al rene sinistro , ed 
alla milza (eccettuate alcune circonvoluzioni del 
digiuno , dell’ ileo , e l’arco del colon , che tutte 
gozzi, e macchie livide , cangrenose , erano state 
da me tratte in basso ) tutto era un mucchio 
ineguale, inestricabile di sostanza cenerognola 
irrigata da vasi sanguigni turgidi , dov’ era com¬ 
presa , come già mentovai, la cistifellea , il fondo 
del sommamente impicciolito ventricolo, ed il 
pancreate. 

Volli separare 1 ’accennato mucchio dalle parti 
vicine, ed al primo colpo di scalpello dato ra¬ 
sente la faccia concava dal fegato sprizzo fuori 
del medesimo viscero un’ onda di fiele intensa¬ 
mente giallo-verde, denso, d’un sapore emi¬ 
nentemente salso, ed acre, che occupava un 


Ì38 CAPITOLO DECIMO 

ampio seno formatosi nel canal epatico, e nella 
sostanza epatica vicina. 

Di questo seno, che avea le pareti callose, 
non ho pensato di misurare la capacità. 

Continuando quella separazione estrassi dal 
ventre tutto il mucchio, ed esaminandolo atten¬ 
tamente vidi, che comprendeva 1* arteria celiaca 
dilatata oltre il suo calibro consueto, sì nel 
tronco, e sì nei tre principali suoi rami ; il pan- 
create impicciolito , e tanto difforme, e duro , 
che non era più conoscibile , perchè sembrava 
un pezzo bislungo , e piatto di cemento ; il ven¬ 
tricolo , del quale non rimanea più di sano al¬ 
tro , che quattro dita in quadratura della faccia 
anteriore, la quale cedeva pur anco in Spes¬ 
sezza all’ intestino ileo, era interiormente tutto 
infiammato con i vasi centuplicati, pieni di san¬ 
gue cremesino ; avea il fondo tutto bitorzoli 
scirrosi, cartilaginosi, pallidi, confuso con il 
pancreate , e stranamente ristretto. 

La cistifellea confusa nel mucchio era un cor¬ 
po duro, grosso quanto il dito pollice, tutt# 
bernocoli, biancastro, bislungo, nel quale si 
scorgeva un voto a guisa di fessura. 

Nella parte posteriore del mucchio separato 
dal corpo trovammo un pezzo di canale mem¬ 
branoso elastico, irregolarmente nodoso , con 
il quale comunicavano per piccioli orificii callosi 
sei altri canaletti della stessa natura, i quali vi 
si aprivano a differenti altezze ; non seppi a qual 
organo credere, che questi si appartenessero 
eccetto al canale toracico , o alla cisterna chilare 
medesima, posta la capacità del canale principa* 
le, che conteneva agevolmente il mio dito mi- 



OSSERVAZIONI TERAPEVTlGHE 

gnolo ; in tal caso i sei altri saranno stati vasi 
linfatici. 

Non è cosa novella per me il trovare di 
calibro assai maggiore dell’ ordinario questi 
vasi negli idropici , e fui tentato non poche 
volte di sospettare darsi molte idropisie pro¬ 
dotte dalla dilatazione morbosa della cisterna 
chilare , e del banale toracico, per la quale per¬ 
dono alquanto della loro facoltà assorbente , e 
tale dilatazione riconosce per cagione la pres¬ 
sione di qualche tumore, o di qualche viscerà 
scirrosa, perchè non era contento del sospetto, 
che nasceva in me, potersi dilatare questi vasi, 
perchè ricevono maggiore quantità d’ umore ne¬ 
gli idropici di quella, che debbono ricevere nello 
stato naturale. 

Ritorniamo adesso alla descrizione delle par¬ 
ti , che dopo la separazione del mucchio fin’ 
ora esaminato ci si presentarono all’occhio. 

L’omento indurito , incordato , e scirroso pas¬ 
sava sulla porzione destra del ’cólon , quattro dità 
circa superiormente all’intestino cieco ; indi su 
sette circonvoluzioni del digiuno, e dell’ ileo 
finalmente sulla prima piegatura della porzione 
discendente del icolon istesso , cioè ' dell’ S roma¬ 
no, ed in ognuno de’luoghi accennati si vede¬ 
vano quelle porzioni delle intestina angustiate, 
incallitele livide per un tratto alquanto mag¬ 
giore della larghezza del nastro epiploico stran¬ 
golante. 

L’intestino cieco era gonfio, nero, pieno di 
escrementi assai duri, ed aveva moltissime gìan- 
dule scirrose in quella parte, che forma Pap¬ 
pendice vermiforme. 



140 CAPITOLO DECIMO 

Innumerabili macchie fosche, e nere si vede¬ 
vano sparse su tutto il canal intestinale tanto 
al dissopra , quanto al dissotto della strangola- 
tura, e ve n’erano porzioni lunghe quattro, sei 
pollici, affatto cangrenose, e contenevano gru¬ 
mi di feci nere, non pochi lumbrìci rossi, co¬ 
me la feccia del vino , e grande copia d’ aria. 

Non sembra egli probabile, che tutte queste 
cangrene , e forse anche la stessa idropisia non 
avrebbero avuto luogo in questo soggetto ; o al¬ 
meno ( quando Y ascite non si fosse potuta evi¬ 
tare ) questa sarebbe accaduta lunghissimo tempo 
più tardi per le scirrosità delle viscere , che pro¬ 
babilmente presero aumento dacché l’epiploo 
s* incallì, contrasse le descritte morbose ade¬ 
renze, e si tese con tanta forza; non è egli 
probabile, dissi, che non sarebbero nate, se 
un ferro benefico avesse reciso quel nastro sul 
principio , vale a dire, quando l’infermo co¬ 
minciò a lagnarsi dello strozzamento , a segnare 
il sito preciso dove i suoi tormenti avevano 
il foco loro , e a trarre sollievo dalle forti com¬ 
pressioni degli ipocondri, e dei fianchi ? 

L’infermo avrebbe potuto sopravvivere lungo 
tempo a tale operazione fatta nel sito, che l’in¬ 
fermo indicava , e desiderava , che gli venisse 
aperto , essendo verissimo , che innumerabili uo¬ 
mini sopravvissero lustri, e lustri a ferite assai 
più ampie di quella, che ivi si avrebbe dovuto 
fare, e a ferite lacerate, contuse, con perdita 
di sostanza, con offesa delle interiora , irrego¬ 
lari , e sconce , cioè inesprimibilmente piu gra* 
vi, più pericolose , e complicate di quella , eh* 
io avrei potuto fare, e che dopo d’avere veduto 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE Z^I 

il disordine di queste viscere , capisco , che avrei 
dovuto fare nella maniera seguente. 

Collocato T infermo supino sulla destra sponda 
del letto , con il petto * e le coscie mediocre¬ 
mente elevati, e situatomi io alia destra del 
medesimo , avrei fatto una piega traversale degli 
integumenti, un angolo della quale terminasse 
al lato destro della regione umbilicale, che 
avrei consegnato ad un assistente ; l’altro an¬ 
golo confinasse con la penultima vera costa , e 
questo l’avrei fermato io stesso con la mano 
sinistra. . 

Armata la mia destra d’uno scalpello convesso 
ben tagliente, avrei fatta una incisione verticale 
sul centro di tale piega fino nella cavità deli’àb- 
domine , la quale incisione avrei prolungata , con 
l’ajuto della, tenta scanalata, in alto , ed in 
basso per lo tratto di due pollici, o poco piu. 

Con l’indice della sinistra introdotto nella ca¬ 
vità , a seconda deli’ omento medesimo, dall* 
alto al basso, sarei arrivato a toccare la cin¬ 
ghia strangolatrice fra le circonvoluzioni delle 
intestina, e servendomi dello stesso dito , come 
d’un uncino, ne avrei cacciato la punta fra il 
margine inferiore della cinghia, e le parti stran¬ 
golate , affine di guidarvi a seconda il gam- 
mautte curvo a punta ottusa, e a lama tutta 
coperta di taffetà dal manico fino a mezzo pol¬ 
lice distante dalla punta ottusa. 

Conoscendo d’avere guidato contro l’indice 
della sinistra mano la punta dell’ instrumento 
fino sotto 1’ orlo inferiore della cinghia , ne avrei 
rivolto il tagliente contro la parte sollevata della 
medesima, rasente il dito , il quale mi avrebbe 
Parte II. q 



24 ^ CAPITOLÒ DECIMO 

ajutato a reciderla tutta a poco a poco , traendo 
il ferro in alto verso la punta del dito, la quale 
si sarebbe venuta innoltrando fra l’omento , e 
le interiora, finché si fosse ottenuto il totale 
sbrigliamento, cioè fosse stata recisa tutta la 
porzione incallita strangolante dell’ omento, e 
questo mi sarebbe stato indicato dallsr libertà , 
che il dito avrebbe avuto di scorrere tra le due 
fimbrie dell’ omento , e le porzioni laterali del 
medesimo. Allora avrei rivolto a destra, o a 
sinistra il tagliente del ferro , sempre, tenendolo 
contro quel dito, e gli avrei estratti amendue 
insieme dalla cavità. 

Succhiato convenevolmente il sangue sparsosi 
pendente 1* operazione fra i labbri della ferita , 
le circostanze mi avrebbero suggerita , o dissuasa 
la operazione della Gastrorafia, per eseguire la 
quale (ove fosse stata indicata) avrei sempre 
apparecchiati gli aghi, i reffi, e tutte le altre 
cose necessarie prima d’intraprendere la Gastro¬ 
tomìa , e per lo rimanente della cura avrei ado¬ 
perate quelle diligenze , e avuti quei riguardi, 
che F urgenza mi avrebbe presentati. 

In tale guisa non sarebbe stata prolungata la 
■vita dell’ infermo ? e fors’ anche non sarebbe egli 
stato guerito ? se le pressioni sui fianchi, ond* 
era diminuita la strozzatura degli intestini fatta 
dall’omento , proccurava l’evacuazione altrimenti 
stentatissima delle feerie, e dei fiati, rendea 
molle il ventre, e donava la vita a quell’ infe¬ 
lice , quali buoni effetti non avrebb’ egli prodotto 
la cauta recisione del laccio, cagione di tanti 
tormenti, che pure dovevano crescere fino alla 
morte ? 



OSSERVAZIONI TERAPEUTICHE 24J 

E* però tempo ormai di terminare 1? descri- 
zione dello stato degli altri visceri in queir ab- 
domine contenuti. 

Era rimarcabile il peritonèo , perchè avea tutta 
la superficie interna ghermita di corpicciitoli piat¬ 
ti , grossi come lenticchie, e come grani di mi* 
glio , duretti, di color cinerizio oscuro, che 
sembravano altrettante pustule mature di vacuo¬ 
lo : non penetravano nella cellulosa, e com* 
pressi fra le dita, ne gemeva una sierosità al gusto 
piu acre, e salsa di quella, ond’era stato nell* 
ascite ripieno quel sacco. Si trovavano que* cor- 
picciuoli in maggior numero , e più foschi negli 
ipocondri, e nei fianchi, dove la cinghia dell* 
omento avea più tenaci aderenze. 

I reni erano sani. Le pelvi, e gli ureteri gonfi 
per molta urina , massime il sinistro visibilmente 
fornito di fibre longitudinali ; quelle parevano 
radiate su questa pelvi , ed erano sempre piùt 
rare , quante più prossime al rene. 

La vescica urinaria ricchissima di fibre car¬ 
nose a vari piani , e provveduta di due musculi 
penniformi eleganti , e robusti più , ch’io non 
ho mai veduti sopra vescica, aveva tutta ca¬ 
vernosa la parete sua interna quasi come i ven¬ 
tricoli del cuore, e conteneva poca torbidissima 
urina, l’acrimonia della quale avevà infiammato 
notabilmente il collo di quest’ organo, e fattane 
gonfiare sopra modo 1* ugola. 

Non accumulerò ragioni per provare , che una 
parte di que’tanti disordini, che rendono sin¬ 
golare la presente osservazione, sia stata pro¬ 
dotta dall’ abuso della soluzione del solimato , 
giacché 1. Lo stato del ventricolo può darne 


244 CAPITOLO DECIMO 

qualche sospetto, z. Le cardialgìe, ed i vomiti, 
che s’invigorirono dopo l’abuso di quella, deb¬ 
bono accrescerlo. 3. Gli strozzamenti, che pure 
ne ebbero principio, e le morbose aderenze, 
le difformi confusioni di tante viscere , e mem¬ 
brane insieme, non lasciano più dubbio veruno, 
che quella distruggitrice penetrantissima sostanza 
non abbia trapellato , irritato, infiammato, e 
conglutinato le parti, che ne sono state tocche, 
ed irrigate. 

Nelle altre cavità non abbiamo veduta cosa 
degna d’ osservazione , eccettuato nel cuore assai 
picciolo in proporzione di quello, che suole.es- 
seie negli uomini della statura, ed età del.no¬ 
stro defunto; .favellando io però : d’alcune co- 
serelle anatomiche in tal cuore osservate nel 
sunto di Osservazioni intorno agli organi desti¬ 
nati alla circolazione del sangue , la quale ope¬ 
retta fa pure un capitolo di questo volume, 
giudico inutile ripeterle in questo luogo. 



2 4 )' 

ESEMPIO 


DELLE OSSERVAZIOM CADAVERICHE 



CAPITOLO XI. 


ERNIA ANTICA D* OMENTO MICIDIALE 
PER UNA STRANA CAGIONE 

Letta in una adunanza, di Letterati Piemontesi^ 
e comunicata al Ch sig. Doti. GlQ. LUIGI 
Targioni eruditiss. Medico Fiorentino. 

M ori nel mese d’ottobre dell’ anno 1766*. 
in questa città un uomo di circa treni’anni, che 
da quattro giorni prima era stato sorpreso da 
una febbre gagliarda con sopore, nausea, vo¬ 
miti , gonfiezza strasordinaria , e dolore acerbo 
di tutto il basso ventre, cresciuto a dismisura iti 
una sola notte , e quasi diviso obbliquamente in 
due parti destra, e sinistra . 

Non si ha mai potuto sapere dall’ infermo nè 
la cagione , nè il principio di così grave malat¬ 
tia , perdi’ egli sembrava stupido ; vedutosi pe¬ 
rò il tumore enorme di tutto il ventre, osser¬ 
vate le nausee, e i vomiti, e bene esaminati i 
polsi, la lingua, e tutte le cose capaci di dare 
nei casi ambigui, ed oscuri qualche lume, si 
prescrissero i salassi, i clisteri , le fomentazioni 
amnllitive e carminanti sull’abdomine , ma tutto 
indarno ; i clisteri non penetravano oltre al ret¬ 
to, e quel poco di liquore , che questo intesti- 



2 46 CAPITOLO UNDECIMO 
410 potea contenere , tosto veniva evacuato sen¬ 
za avere sofferta alterazione ; i salassi infiacchi¬ 
vano . l’infermo , le fomentazioni rendevano più 
elevata la pancia . 

Si ebbe da chi ne aveva la cura tosto ricor¬ 
so all’ emetico , indi ai purganti, i quali ecci¬ 
tarono maggiore tensione , ed il vomito si rese 
più ostinato, perfino di materie fetidissime del 
colore del caffè; principiarono i deliqui, le con¬ 
vulsioni , e tutto fini con la morte . 

Sparandone io il cadavero osservai un tumo¬ 
re ernioso alla sommità della coscia sinistra ; 
divisi gl’ integumenti sull’ ernia apparì sotto dell’ 
arco crurale un sacco calloso lungo più di due 
pollici, rotondo , grosso come una noce, fatto 
dal peritonèo allentatosi , allungatosi, è da tale 
addensamento della cellulosa, che allo scroscia¬ 
re dello scalpello , ed alla resistenza , che incon¬ 
trava tagliando , pareami di recidere un pezzo 
di pergamena , o di sodissimo ligamento. 

Quel sacco avea i parieti spessi più di mez¬ 
za linea, e nel suo fondo era intieramente di¬ 
staccato , mentre che la bocca avea forti ade¬ 
renze con il margine inferiore dell’arco crurale. 
Apertolo , non ne gocciolò umore di niuna sor¬ 
te ; e dilatatolo fino all’arco, vidimo che con¬ 
teneva un pezzo d’omento bislungo , grosso qua¬ 
si come una noce, di colore rosso , simile alla 
feccia del vino, duro, e strangolato a quella 
parte , che corrispondeva alla bocca del sacco , 
cioè il rovesciamento indentro delle fibre apo- 
neurotico-ligamentose, che concorrono a for¬ 
mare il ligamento de! Falloppia , stringeva , e 
strozzava in alto non solamente la porzione 



OSSERVAZIONI CADAVERICHE l 4 j 
fuoruscita dell’ omento , ma eziandio la porzio¬ 
ne rallentata , e discesa del peritonèo, di modo 
che amendue in quel sito erano assai più piccio- 
le di quello, che fossero al di sotto dell’arco. 

Avendo reciso l’ arco, dal canto esterno, cioè 
alla sua estremità piu lontana dal pube , ne sgor¬ 
gò molta marcia puzzolente , ancora tiepida. Al¬ 
lora mi rivolsi ad aprire nel modo solito l’ab* 
domine, e trovammo tutta la faccia interna del 
peritonèo tinta d’un rosso oscuro per la infiam¬ 
mazione , ond’ era stata attaccata , anzi qua e là lo 
vidimo invernicato di materie gialle glutinose , e 
coperto di lembi assai notabili di cotenna infiam¬ 
matoria . 

L’ omento crasi ristretto per lo stiracchiamen¬ 
to sofferto , e ridotto a guisa d’ una fascia lar¬ 
ga circa tre pollici , spessa in molti luoghi un 
dito in traverso, contenea nella suà pregna cel¬ 
lulosa innumerabili vasi turgidi , molti de’ quali 
erano varicosi , e tanto pieni di sangue fosco, 
che pareano insieme con la cellulosa suddetta 
stati violentemente insertati . 

Una tale fascia dividea la cavità dell’ abdo- 
mivie in due parti, e le intestina obbliquamente 
compresse dal ventricolo all’ anguinaia sinistra 
quanto più ne erano strangolate , tanto più tumi¬ 
de , gonfie , ed infiammate si vedevano sollevar¬ 
si ai lati della medesima . 

Il ventricolo stesso era tratto anche violen¬ 
temente in basso , ed aveva infiammata la gran¬ 
de curvatura , sulla quale erano turgidi i vasi 
gastro-epiploici del pari, che sull’ omento me¬ 
desimo : era pieno d’ aria , e parea, che le tu- 



248 CAPITOLO V N D E CIMO 
niche si fossero raddoppiate , perchè la loro 
spessezza era mostruosa. 

V omento era attaccato eoa grande tenacità 
alla superfìcie anteriore delle intestina , e nascon¬ 
deva fralle circonvoluzioni loro molta puzza te¬ 
nace , anzi per tutto il tratto , onde queste era,* 
no state compresse dalla fascia , le intestina era¬ 
no coperte d’ una cotenna rossigna, coriacea, che 
malagevolmente si distaccava a lembi dalla su¬ 
perficie delle medesime quà infiammate , là can- 
grenose. 

Prodigiósa quantità di puzza trovammo in fon¬ 
do alla pelvi , e fu degno d’ osservazione , che 
se ne fosse determinata una gran parte all’ an¬ 
guinaia destra , e che ivi ( al favore di certe 
aderenze contratte dalle intestina con il perito¬ 
nèo ) per la sua acrimonia avesse già infiamma¬ 
to piu che in nissun altro luogo il peritonèo 
medesimo ; onde è lecito sospettare, che ( se 
l’infiammazione delle viscere non fosse stata co¬ 
sì presto mortale ) questa si sarebbe con il tem¬ 
po aperto quindi il varco elevando quell’ingui¬ 
ne in tumore per isgombrarne la cavità del ven¬ 
tre . 

il colon tumido e teso avea le sue cellule al 
doppio maggiori del solito con le valvule sì con¬ 
tratte , e ristrette , che di tratto in tratto sem¬ 
brava ne annichilassero il canale. Era pieno di 
materie coriacee , che parca vi fossero state cac¬ 
ciate a gran forza. Lo spaccai per la sua lun¬ 
ghezza , e vi trovammo copia incredibile di vi¬ 
nacce , e vinacciuoli insieme così strettamente 
ammucchiate , ed esiccate , che pareva uscissero 
di sotto un torchio . 



OSSERVAZIONI CADAVERICHE 249 

Anche il cieco ne era pieno , e vari pollici 
della cavità dell’ileo, cosa, che mi fece sov¬ 
venire dei casi consimili notati dai chiarissimi 
KalsCHMIDT, e De-Haen (Rat. medendi Tom. 
II. cap. 5. ) di materie fecali, che riempivano 
ancora varj piedi parigini del mentovato inte¬ 
stino. 

La pienezza maggiore, e il più sodo ammuc¬ 
chiamento però di tali materie trovatasi nelle 
piegature a foggia di S. del colon, che vi avea 
due gozzi amendue grossi come la testa di un 
fanciullo , divisi da uno degli accennati strozza¬ 
menti. 

L’ultimo gozzo prima di communicare con 
l’intestino retto offeriva un’angustia, uno stran¬ 
golamento invincibile fatto da una valvula con¬ 
nivente morbosa , distesa a foggia del fondo di 
un sacco , per sostenere un mucchio di vinac¬ 
ce conico , che pareva un pezzo di cemento 
per la tenacità, e la sodezza j onde queste, e 
innumerabili vinacciuoli da un muco glutinoso 
indurito erano state insieme incollate. 

Non vi erano altre feci, e T intestino retto 
era affatto voto, d’ampiezza, e di struttura na¬ 
turale. 

Alla vista di tante vinacce, . e vinacciuoli, 
eonghietturai, che ( data da qualsivoglia tempo 
ì’ ernia dell’ omento , nè mai ricomposta , giac¬ 
ché il ricomponimento dell’ epiplocele riesce tan¬ 
to difficile , quantunque i Maestri dell’ arte vi 
mettano essi stessi la mano ) incallitosi o poco, 
o assai P arco crurale, ne sia sfato strozzato 
V omento . Consecutivamente avendo P ernioso 
fatto un abuso cosi enorme del frutto della vite , 

ÌÌ 



I50 CAPITOLO UN DECIMO 
fie saranno state cagionate flatulenze proporzio¬ 
nate alla fermentazione dal sugo , dalla cortee* 
eia degli acini, e dai vinacciuoli, promossa. 
Ne sarà stato dilatato il ventricolo, e distese 
le intestina, onde costretto 1’ omento a descri¬ 
vere una curva straordinaria, la porzione di 
questa grassosa vascularissima membrana incar¬ 
cerata nel sacco ernioso avrà stiracchiate le tu¬ 
niche del ventricolo, alla maggiore curvatura 
del quale si trova per innumerabili vasi affisso^ 
e questi si saranno per 1* irritazione dal ventri» 
colo sofferta, empiuti di sovverchio. Questa 
pletora avrà prodotta grave infiammazione, la 
quale si sarà accresciuta per li vomiti compagni 
indivisibili degli stiracchiamenti del ventricolo , e 
solite conseguenze delle nausee risvegliate dall* 
abuso dell’ uva , e quindi saranno procedute la 
spessezza morbosa , 1* accartocciamento , e la 
cangrena dell’ omento, l’infiammazione del ven¬ 
tricolo , e delle intestina compresse, e le sup¬ 
purazioni qua , e là manifestatesi nel sacco del 
peritonèo . 

Se si fosse scoperta l’ernia fino dal primo in¬ 
sorgere degli accidenti, e se si fosse o reciso 
l’arco crurale , o tagliata la porzione dell’ omen¬ 
to incarcerata , onde chiesto avesse potuto va¬ 
gare liberamente per lo sacco del peritonèo, 
non ne sarebbe forse scampato l’infermo? 

Se fosse già stata nota la proprietà dello spi¬ 
rito del sale armoniaco allungato nell’ acqua per 
estinguere la fermentazione vinosa ( per espri¬ 
mermi in termini ad un giovine Cerusico intel¬ 
ligibili ) e se ne fosse fatta inghiottire a queir 
infelice una quantità proporzionata al bisogno , 



OSSERVAZIONI CADAVERICHE tjt 
non si sarebbe egli per avventura potuto gua¬ 
rire , eziandio senza venire a tale operazione ? 

Le feci vinose nel colon indurite, e la quan-» 
tità esorbitante dei vinacciuoli radunatasi nel 
cieco, e nell’ ileo , lasciano sospettare, che 
l’uno, e l’altro dei mezzi accennati sarebbe 
stato indarno messo in uso, se 1’ aumento , o 
F eccésso dell’ infiammazione ( che non sarebbe 
insorta , o almeno cosi' rapidi non avrebbe fatto i 
suoi micidiali progressi ) non fossero stati la prin¬ 
cipale cagione dell’ accennata esicca^ione, e dei 
disordini, che ho trovato nelle cellule, e nelle 
valvule conniventi , o pieghe delle membrane 
interiori del colon. 



*s* . 

E SE MP IO li. 

DELLE OSSERVAZIONI CADAVERICHE 

4 ^ -■- - 

CAPITOLO XII. 

DEGLI EFFETTI PRODOTTI DA SOSTANZA 
CORROSIVA INGHIOTTITA 0 
DA UN GIOVINE 

Letta in una. Radunanza di Letterati in Torino t 
e presentata alP IIP .” 10 sig . Marchese 

F.....; di B.. r 

JEssendo ignoto a quale sostanza debbasi at¬ 
tribuire la morte d’un uomo robusto d’ età di 
anni trentasei ', bello di corpo , ed avvenente di 
aspetto, il quale in poche ore terminò la sua vita 
il primo giorno di maggio dell’anno 17S3., ho 
avuto P onore d’ essere richiesto io di spararne 
il cadavero , acciocché , mercè P attento esame 
delle viscere di quell’infelice , scuoprire si potes¬ 
se P indole del veleno , che si rapidamente lo 
uccise, ed i guasti, che si avea ragione di cre¬ 
dere stati sofferti dalle interiora , per le quali 
supponevasi quella ignota sostanza avere trascor¬ 
so , e penetrato * ; perciocché egli è certo (per 

* Sì leggerà in un ’ altra operetta la serie degli 
accidenti che furono sofferti dal valente Cerusico 
di Saluto sig. Giorello per avere ingo¬ 
iato sette grani dì pietra infernale , e i rimedj , 
fui mediante venne guarito dalla impressione dì 
tale veleno. 






OSSERVAZIONI CADAVERICHE 153 

averlo quel giovine sventurato confessato egli 
medesimo ad alcuni poco tempo prima del suo 
decesso) che egli ne aveva adoperato interna¬ 
mente, ed aveva preveduto il destino, che gli 
soprastava, perchè sentiva nelle sue viscere la fu¬ 
nesta azione del veleno poche ore prima inghiotti¬ 
to ; perciò verso il mezzo giorno recatosi alla sua 
stanza, dopo d’avere accennato ad un suo ami¬ 
co , che poco gli rimanea più da vivere, si 
gettò sul letto, e ad onta di quei rimedj, che 
la prudenza de’ Medici giudicò adattati alia pre¬ 
mura del~ caso , fra gli spasimi, e le convul¬ 
sioni più spaventose mori. 

Aveva egli nelle ultime ore eli sua vita de¬ 
siderato qualche emetico , e gli fu accordato, 
ma indarno : applaudì alla proposizione di sa¬ 
lassarlo , e veramente dal salasso ebbe qualche 
breve calma.: soffrì sete inestinguibile, e in quan¬ 
to alla cognizione, o sia all’uso dei sensi, e 
della mente non fu mai perfettamente libero ; 
la loquela fu sempre tronca, ed interrotta ; gli 
occhi erano quasi sempre socchiusi, fuorché nell’ 
impeto delle convulsioni , e allora il petto gli 
si innarcava mostruosamente ai precordj , ed il 
ventre all’ epigastro , ed agl’ ipocondri. Nelle 
agitazioni delle braccia , e delle gambe gli scro¬ 
sciavano in modo strano le giunture, e le estre¬ 
mità inferiori erano in sul principio dolorose a 
segno, che ad ogni minimo toccamento delle 
medesime il moribondo elevava strida altissime: 
Diminuì la morbosa sensibilità di queste intanto, 
che si esaltò all’ eccesso quella delle braccia , 
e del petto, la quale perseverò fino all’ ultimo 
anelito, che fu preceduto da un attacco fierissimo di 



454 CAPITOLO DUODECIMO 
convulsione , per il quale se ne rannicchiarono 
le estremità inferiori. 

Tal è stata la serie de* sintomi accaduti nel 
breve tempo , che quell’ infelice sopravvisse al 
suo decubito, e tale io la ricavai dalla bocca 
di varie persone state spettatrici di sì orribile 
tragedia . Passiamo ora alla descrizione dello 
stato , nel quale io trovai le viscere dei defunto. 

Passato l’intervallo giustamente segnato dalle 
leggi tra il punto della morte, e F esame del 
cadavero , anzi ore venti nove, io con l’assi¬ 
stenza del sig. Mo Chirurgo Torinese mi accinsi 
a spararlo, notando , che intorno al torace, ed 
al colio si principiavano a manifestare macchie 
livide considerabili in lunghezza , ed in larghez¬ 
za , che la faccia ne era fosca , massime d’in¬ 
torno agli occhi, elabocga piena di bava gialla. 

Immaginavami di trovare indizj di veleno in 
alcuna delle viscere dell* abdomine, massime nel 
ventricolo , e nelle intestina , ma mi vidi ingan¬ 
nato, perciocché non mi sovviene d’ avere aper¬ 
to abdomine giammai, e trovate le intestina, 
il ventricolo , il fegato , la milza , i reni , gli 
ureteri , e la vescica urinaria così bene condi¬ 
zionate ; la sola cistifellea era scolorita, e quasi 
vuota. 

Aperto il ventricolo per assicurarci dello stato 
di sue pareti interne, vidimo, che conteneva 
poca melmetta chimacea non punto fetida , parte 
della quale gettata sulla carta azzurra non ne mu¬ 
tò il colore , nè lo mutarono pezzi notabili del 
ventrìcolo stesso, e degli intestini spaccati, ed 
incollativi con le parieti interiori, le quali era- 



OSSEE. VAZIONI CADA VERICHE a 5 $ 

no sane al di dentro , e naturali, come dimoi 
stravasi al di fuori. 

Prima di aprirne il torace volli assicurarmi 
dello stato dell’ esofago , e della trachea nel col¬ 
lo : a tal fine spaccai prima questa, e la vidi 
notabilmente infiammata fin oltre ai ventricoli 
della laringe, che erano pieni di schiuma Uli¬ 
ginosa. Lo stesso feci all’esofago, nell’interio¬ 
re del quale non ravvisai vizio di sorte veru¬ 
na per quel tratto, che scorre dalla faringe alla 
forchetta dello sterno , oltre alla quale avendo 
io penetrato ini basso con lo scalpello nel de¬ 
stro sacco della pleura, ne sgorgò con sibilo 
prima olio , ed acqua, indi liquame sanguino¬ 
lento , che esalavano un odore animale misto 
d’ un non so che di volatile spiritoso , ed acre 
a segno, che gli occhi miei trovandosene of¬ 
fesi mi si empierono di lagrime. 

Incominciai allora a sospettare, che in que¬ 
sto cadavere avrei trovato quello, che Boe- 
RHAA.VE ci racconta in una delle storie di ma¬ 
lattie rare , ed orribili, che vanno a stampa 
eongiunte con le sue lnstìtu^ioni di medicina , 
cioè 1* esofago rotto. Per assicurarmene separai 
lo sterno con le cartilagini dalle coste , sciolte 
le quali , dalle aderenze carnose, onde sono li- 
gate insieme, tagliai gli angoli loro secondo il 
solito ; intanto sollevato il pulmone destro, vidi 
la cavità di quel lato piena d’olio, di liquame 
sanguinolento, e d’altre sostanze confuse insie¬ 
me , tutto il lobo posteriore di quel visccro in¬ 
timamente sfacellato , e corroso a segno che 
senza preparazione si distinguevano i vuoti, e 



15 € CAPITOLO DUODECIMO 
i segmenti cartilaginosi delle mezzane diramazio¬ 
ni dei bronchi. 

Votato il succidume , che empieva questa ca¬ 
vità, si scuoprì la rottura dell’esofago dirim¬ 
petto all’intervallo, che v’ha fra la testa della 
terza, e quella della quarta costa vera ; gli orli 
di tale apertura laceri, ed irregolari davano adi¬ 
to, all’ indice , a seconda del quale spaccai quel 
canale fino al diaframma , e ne trovammo ul¬ 
ceroso , ed infiammato il pariete , sempre meno 
però , quanto piu scostavami dalla screpolatura 
mentovata. 

Ne incollai un pezzo sulla carta turchina, molta 
della quale io avea immersa nel liquore trovato 
nella cavità del torace, e questa prese un co¬ 
lore rossigno sudiccio. 

V’ incollai pure un pezzo del pul mone sfacella- 
to , e macero , ma non vi produsse mutazione 
di colore . 

Esaminammo il pulmone sinistro , alla faccia 
posteriore del quale notammo essersi comunicato 
lo .sfacelo fino al terzo inferiore delta sua lun¬ 
ghezza. 

Da questo lato la pleura era alquanto infiam¬ 
mata, p,eró intiera , in vece che a destra la cor¬ 
rosione si era innoltrata fino alla quarta parte 
posteriore della faccia interna delle coste, ed 
avea compresa con la vena azigos i nervi del 
parovago , e dell’ intercostale di quel lato, 
dalla corrosione dei quali io credo potersi ripe¬ 
tere le atroci convulsioni, che 1*infermo soffri, 
e finalmente dall’empiema, per la rottura dell* 
accennata vena, la pronta morte. 



OSSERVAZIONI CADAVERICHE 
: Il pericardio era affatto senz’ acqua, e il cuo¬ 
re di grossezza meno che prèdiocre. 

La faccia superiore del diaframma dalla parte 
destra, vicino alle vertebre, era pur anco offe¬ 
sa , tutta fimbrie-, e di colore fosco adusto. 

Non prolungammo di più l’esame, perchè io 
provava nelle dita delle mani ( e particolarmen¬ 
te della sinistra , che era stata più lungo tempo 
immersa nel liquame di quella cavità ancora fer¬ 
mentante) un calore, un-senso d’impegno, e 
di rigidezza, che mi cagionò qualche timore non 
affatto irragionevole, perciocché non ne ho an¬ 
cora libero l’esercizio , nè squisita la sensitività, nè 
naturale il colore, benché sieno passate venti- 
quattr’ ore dal termine di tale esame. 

E’ dunque indubitabile , che l’infausto acci¬ 
dente descritto è stato cagionato da qualche so¬ 
stanza corrosiva inghiottita dallo sventurato gio¬ 
vine , posto che egli stesso lo confessò, e che 
io ne ho veduti nel torace del di lui cadavero 
gli effetti orribili sugli organi , al contatto dei 
quali si portò : che tale sostanza non avendo 
potuto discendere nel ventricolo, perchè vi si 
oppose per avventura la forte contrazione del 
cardia, e lo spasmo della porzione superiore 
dell’ esofago , che ne era stata irritata , corro¬ 
se , e. ruppe 1’ esofago stesso , dove ne trovò 
più deboli i pareti. 

Indubitabile è altresì, che nissuno medicamen¬ 
to avrebbe potuto liberare quell’ infelice dalla 
morte, posto che l’esofago era stato probabil¬ 
mente corroso prima , che gli spasimi, e le con¬ 
vulsioni abbiano principiato. 



CAPITOLO DUODECIMO 
Quindi conchiuderemo, che non saranno mai 
abbastanza rigorose, ed esatte le cautele , che 
pure si sogliono adoperare da tutti i prudenti, 
nel tenersi lontani dall’uso non solo interno, 
ma eziandio esteriore di tutte le preparazioni 
chimiche corrosive, e di tutte le sostanze ve¬ 
lenose, quando non vengono amministrate da 
mano veramente perita , e discreta. 

Torino li 3. Maggio 1783. 


V. M. 



IL FINE. 




.■? . IC O 

o 

IMPRIMATUR 

Fr» Vino. Maria CarraS Ord. Praed. 
S. Th. M. Vie. Gen. S. Officii Taurini. 

V. Bellardi Med. Fac. Prior Se Praeses 

V. Se ne permette la Jìampa 

Garretti di Ferrere per la Gran 
Cancelleria. 



ERRORI 


PARTE I. 

x Pag. Un. errori correzioni 

6 9 6 X XII 

ii 8 27 II III 

E così a capo degli articoli seguenti fino alla 

,18 6 X XI 


PARTE II. 


37 

6 

egli è . 

è. egli 

102 

24 

sessioni 

sezioni 

103 

5 

SESSIONE 

SEZIONE 

11 9 

19 

insieme con 

e con 

103 

8 

séssegenario 

sessagenario 

2 i8 

6 

Il Ch. 

Al Ch. 

225 

M 

dagl’ infetti 

negl* infetti 

226 

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comunicata 

240 

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che l’infermo 

eh’ egli stesso